MESSINA. Sono trascorsi esattamente 12 mesi dal 24 giugno del 2018, giorno in cui l’allora deputato regionale Cateno De Luca divenne ufficialmente sindaco della città di Messina, prevalendo al ballottaggio su Placido Bramanti dopo una campagna elettorale agguerritissima iniziata già a gennaio. Trecentosessantacinque giorni dopo quella fatidica data, in attesa che lo stesso primo cittadino presenti la sua relazione di fine anno, annunciata questa domenica nel corso di una diretta Facebook, è tempo di tracciare un primo resoconto di quanto fatto (o non fatto) dall’Amministrazione in carica. La soluzione scelta è quella dell’abbecedàrio: ventuno lettere, dalla A alla Z, per raccontare come è cambiata la città sotto la guida di un sindaco che aveva promesso di stravolgerla.

ATM. Idee piuttosto confuse all’inizio, fra tanti proclami e la volontà (rientrata a poco a poco) di smantellare un sistema che funzionava, o che quantomeno era percepito come funzionante. Battaglia senza quartiere al tram, invenzioni fantasiose, debiti (che ci sono) mai chiariti del tutto, un nuovissimo “Shuttle” partito in modo disastroso (che pian piano si è poi rimesso “in carreggiata”, diventando piuttosto gradito ai messinesi) e continui correttivi al nuovo rivoluzionario piano trasporti, che modifica dopo modifica è divenuto sempre più simile a quello tanto demonizzato all’inizio. Ultima svolta: l’addio ufficiale alla partecipata, liquidata e sostituita da una SpaSi poteva sicuramente fare di meglio, ma soprattutto si è corso il rischio di fare molto peggio.

BLITZ. Una delle armi preferite per puntare (o sviare l’attenzione) su un tema, sono diventati più radi nel tempo, ma spesso più efficaci (vedi la chiusura della pista di atletica Cappucini). Memorabili i primissimi (uno contro i vecchietti di piazza XX Settembre, un altro contro i cinghiali, fino a quello controverso di Torre Faro, con tanto di scontro a carte bollate con Calogero Ferlisi), piuttosto autolesionisti gli ultimi, come quello di Villa Sabin: a un anno dall’insediamento i problemi dovrebbero essere noti ed avrebbero bisogno di soluzioni, non di ulteriori e chiassose denunce. Se dopo 12 mesi un luogo è ridotto a “un cesso” (cit.) la responsabilità non può essere sempre “di quelli che c’erano prima” o dei cittadini incivili, anche se urlarlo sui social fa accalappiare tanti like.

CITTA’ METROPOLITANA. Dalla memorabile sfuriata di marzo (con la “chiusura” di Palazzo dei Leoni, la lite con i dipendenti e la minaccia di “licenziamenti collettivi”) alla marcia su Palermo, fino all’eclatante e finta consegna della fascia, il tema delle ex Province in stato di dissesto è uno di quelli per cui De Luca si è speso con più vigore… e un bel po’ di teatro: ne è un esempio lo sciopero della fame, indetto la mattina di mercoledì e terminato 30 ore dopo, in seguito a una “vittoria” di cui ancora non sono chiare le dinamiche.

DIETROFRONT. Tanti, tantissimi, troppi. In appena 12 mesi è lunghissimo e variegato l’elenco delle retromarce strategiche o obbligate del primo cittadino, che ha smentito categoricamente con i fatti quanto aveva preannunciato a parole (a volte però anche in meglio, come nel caso del pianoforte, dimostrando di essere aperto al confronto e di possedere un notevole pragmatismo). Menzione d’onore per le dimissioni, annunciate a ritmo di una volta al mese nei primi quattro mesi, e tornate prepotentemente alla ribalta la scorsa settimana (ma “postdatate” a dicembre). Insieme a una strana sensazione di dejà-vu.

EUROPEE. Un tour degno dei Rolling Stones del 1971, quello di De Luca, in nome e per conto della sua assessora Dafne Musolino, la candidata. Prima un mese in giro per ciascuno dei 108 comuni, immancabilmente con foto di “schiticchi” come se non ci fosse un domani, quindi trasferte ai quattro angoli della Sicilia (e qualcuno pure della Sardegna). Il risultato non è stato brillantissimo, ma è servito a rendere palese il suo obiettivo ultimo: la candidatura alla Presidenza della Regione.

FORZA ITALIA: Una prova del fatto che De Luca sia un “animale politico” senza particolari legami: nel giro di otto mesi, gli “azzurri” di Silvio Berlusconi e del suo numero uno in Sicilia Granfranco Miccichè sono passati dall’essere i rappresentanti della Casta ed il nemico numero uno durante la campagna elettorale (per la presenza nel partito di Francantonio Genovese e per il sostegno al suo avversario Dino Bramanti) a inaspettati compagni di partito. La svolta? Il famoso “patto della pignolata“, con l’ufficialità della candidatura di Dafne Musolino sotto le insegne forziste. Alla fine, malgrado le Europee, il risultato è stato in parte ottenuto: sia Genovese (junior) che Bramanti sono volati verso altri lidi, facendo di De Luca praticamente un capocorrente cittadino.

GAFFE: Non era sindaco nemmeno da 24 ore che già Cateno De Luca aveva trovato modo di far parlare di sé, a causa di uno scherzo telefonico del quale è stato inconsapevole vittima da parte di quelli dalla Zanzara, che lo avevano convinto di aver parlato col Papa in persona, che si era congratulato con lui per l’elezione. Da citare anche il patrocinio accordato/non accordato al Gay Pride, quando ha confessato candidamente di aver firmato un documento senza averlo letto, e qualche numero un po’ troppo “allegro” smentito poi dai fatti (o da qualche giornalista un po’ più attento). Poi, vabbè, ci sono i pompini…

HUMOR: La sobrietà istituzionale non gli si addice, diciamo, ma fa parte del personaggio “sui generis”. Poi lui ci mette del suo, indulgendo in umorismo da caserma che a qualcuno dei concittadini fa prendere la testa tra le mani e balbettare contumelie all’indirizzo della volta celeste. In molti invece sembrano gradire, senza chiedersi a cosa servano i tuffi in piscina vestito, le botte di assortite di “vaffanculo”, lo sdoganamento del turpiloquio, il quasi incidente diplomatico con l’Ungheria per il miele, i biscotti di San Fratello, i punti “g”, ecc…ecc.. Una comicità non molto british: molto più simile a quella di Jerry Calà che a quella di Woody Allen, diciamo.

ISOLE PEDONALI. La strana avversione per le aree pedonalizzate, giustificata non si sa bene da cosa (in campagna elettorale ne ha annunciata però una da 8000 metri quadrati, ma al posto del tram) è bilanciata dall’approccio razionale del vicesindaco Salvatore Mondello, che delega tutte le scelte a quello che dirà il piano del traffico. Fra le tante discussioni, non si può non citare il tira e molla sull’isola natalizia in via dei Mille, organizzata in extremis dopo la proposta di istituirla solo nei weekend, e la riapertura di piazza Cairoli. E due indizi fanno una prova.

LECCORNIE: Una delle prove che De Luca è un “panzer” che non si ferma davanti a nulla sono stati i due mesi di banchetti a ogni ora del giorno in campagna elettorale, che avrebbero stroncato un qualsiasi essere umano ma non lui, a cui è bastato uno sciopero della fame di 30 ore (e qualche giorno bucolico nelle sue campagne) per rimettersi in forma. Un rapporto, quello con il cibo, che De Luca ha in comune con Matteo Salvini: focacciate alle ore più disparate, inaugurazioni di bar, pasticcerie e rosticcerie, scorpacciate di Nutella e l’ultima novità, gli inviti collettivi a cena… Tutto immancabilmente documentato su Facebook.

MUNNIZZA. Anche qui date senza capo né coda (differenziata al 30% entro marzo, e al 65% entro luglio…) per un settore in cui non solo non si è visto alcun miglioramento (malgrado l’allontanamento di Iacomelli…), ma che sconta oltre un mese di emergenza rifiuti tra ottobre e novembre scorso. Detto questo, quella dell’ambiente è una battaglia difficilissima da vincere, non importa chi ci sia a combatterla. Parecchi messinesi sono nzivati per dna, prosperano nella rogna e convivono felici con la lordia. Probabilmente nemmeno Gengis Kahn potrebbe farci qualcosa.

NCIURIE. In origine è stato Placidino. Poi l’assessore Coca Cola, Gargamella, di recente Armao Meravigliao, senza dimenticare Albano e Romina (Valentina Zafarana e Antonio De Luca) e i tanti, tantissimi, stranamente “detti” con il proprio cognome (da Gaetano detto Sciacca a Lucio detto D’Amico). Un tipo di umorismo che in terza elementare in genere si abbandona, ma che pare faccia sbellicare dalle risate tanti utenti che popolano le bacheche virtuali (e questo De Luca lo sa bene). Di quelli che se glielo fai notare si straniscono e ti apostrofano con un “e fattilla na risata”. Come se facesse ridere davvero.

OBIETTIVI. Della rivoluzione e dell’accelerazione che De Luca avrebbe voluto imporre a Messina non se ne vedono poi chissà quali tracce. È anche vero, come ha avuto modo di sostenere a più riprese, che i conti vanno fatti al termine del mandato e non sicuramente dopo un anno, anche perché la città ha un’inerzia spaventosa ed una resistenza al cambiamento francamente sconcertante. C’è da sottolineare, tuttavia, che finora tutti o quasi i nastri tagliati sono un traguardo raggiunto dalle precedenti amministrazioni. Di certo, la sindrome competitiva che lo porta a fissare scadenze quantomeno utopistiche non aiuta. Fra le cose fatte si segnalano il “Salva Messina” e il piano di riequilibrio (dei cui esiti si vedrà). Per il resto poco o nulla, considerando per di più i numerosi annunci in pompa magna, le tante promesse roboanti e un programma elettorale “scoppiettante” (vedi alla lettera V).

PARTECIPATE: Doveva cancellarle; ne abbiamo tre in più. Doveva ridurre i costi della politica; ha portato tutti i consigli d’amministrazione a tre membri (invece che al solo amministratore unico). Ha messo in liquidazione Messina Servizi e Atm, ma i commissari (della seconda) sono stati nominati nemmeno una settimana fa. Particolare interessante, all’inizio, era il rapporto di alcuni dei nuovi nominati con lo stesso primo cittadino, sia personalmente che con le sue emanazioni politiche (come Sicilia Vera) o professionali (come la Fenapi, il patronato di cui De Luca è stato il creatore).

QUESTIONI. Da intendere nel senso di “sciarre”, o meglio di “musioni”. De Luca, nel giro di appena 12 mesi, ha litigato praticamente con tutti. Dalla stampa, accusata di essere una macchina del fango al servizio di non meglio identificate lobby, ai consiglieri comunali (dopo un idillio durato mesi con quasi tutti. Praticamente quando hanno iniziato a mostrare autonomia di giudizio). Formidabile quella con Dino Bramanti, in campagna elettorale: nemmeno due ore dopo la conferenza congiunta, già iniziava a sparagli contro palle incatenate. Una, in particolare, va avanti senza esclusione di colpi: quella con il parlamentare a Cinque stelle Alessio Villarosa, accusato con veemenza (due giorni dopo le foto sorridenti) di non aver fatto nulla per il dissesto delle città metropolitane (l’ultimo scontro è di appena qualche ora fa). A finire nel mirino del Sindaco, fra i tanti “nemici”, anche parlamentari nazionali, deputati regionali, dipendenti comunali, ex sostenitori e anche tanti semplici cittadini.

RELIGIONE. In De Luca, profondamente religioso, spesso sacro e profano si incontrano e si confondono: il primo atto da sindaco è stata una corona di fiori ai piedi della Madonna, le prime righe del SalvaMessina sono una “raccomandazione” a Sant’Annibale Maria di Francia. Dove c’è una messa, una benedizione, una celebrazione o qualche santo da “mmuttare”, De Luca c’è, in prima fila, con tanto di fascia tricolore, in un’interpretazione molto elastica del principio di laicità dello Stato. Fra le tante manifestazioni religiose, anche queste documentate pedissequamente su Facebook, anche un “viaggio penitenziale” di oltre 700 m in ginocchio (e a carne viva) a Fiumedinisi e persino la benedizione personale del porto di Tremestieri dopo lo sgomberamento di una baracca sulla spiaggia. Con tanto di crocifisso e rimedi contro il malocchio.

SBARACCAMENTO. Un problema che va risolto, questa volta davvero “senza se e senza ma”, quindi a De Luca va il plauso per averlo affrontato di petto. L’enunciazione di date fantascientifiche non ha giovato, dato che a distanza di quasi un anno dalle scadenze imposte si è ancora fermi alla fase organizzativa, fra risultati ancora tutti da verificare, fondi regionali che nella strada da Palermo a Messina trovano sempre qualche inconveniente, ed emergenze che si accavallano. La strada è quella giusta, e De Luca (insieme a Marcello Scurria, presidente di Arisme) ha fatto bene ad intraprenderla (ottenendo oltretutto una certa visibilità nazionale). Ma è una strada ardua e lunga. Molto. Altro che 31 dicembre 2018…

TUTTOFARE. Da accentratore cronico quale è, De Luca non lascia moltissimo spazio ai suoi assessori. Il vicesindaco Salvatore Mondello ne rappresenta il rovescio della medaglia: pacato, riflessivo, un tecnico prestato alla politica. Chi ha avuto più risalto è stata Dafne Musolino, e retrospettivamente la sua candidatura ha chiarito il perché. Carlotta Previti si muove nell’ombra, mentre ad Alessandra Calafiore è piombato in testa il macigno dei servizi sociali e di Messina Social City, partecipata nata con mille problemi. Il resto della giunta (Pippo Scattareggia e Massimo Minutoli) fa un lavoro oscuro, senza particolari luci della ribalta, spesso limitandosi a riunioni e nastri da tagliare. Non pervenuto Enzo Trimarchi, così come le iniziative culturali, troppo spesso eclissate da sagre di tutti i tipi e sfilate di zampognari a paro.

ULTRA’. A dare manforte all’operato del sindaco c’è stata sin dall’inizio una nutrita “claque” di sostenitori accaniti, spesso disposti a difenderlo anche negando l’evidenza, fra un buongiornissimo caffè e la ricerca di qualcuno a cui addossare le colpe per ogni magagna dell’amministrazione. Sui social è un pullulare di pagine dedicate a De Luca, da quelle che lo osannano a quelle che gli segnalano qualcosa. Come prevedibile, il consenso quasi isterico dell’inizio si è raffreddato, e alcuni dei sostenitori della prima ora (vedi Roberto Cerreti, ex consigliere d’amministrazione Amam, ma non solo) sono diventati acerrimi nemici. Normale andamento della curva di gradimento di un amministratore pubblico. C’è da dire che quelli che sono rimasti continuano ad avere fede cieca e fare “casino” per cento, almeno sui social. A riempire le piazze, dopo i bagni di folla dell’inizio, De Luca sembra invece averci rinunciato.

VISIONARIETA’. Il municipio? All’ex macello o a Gravitelli alta. Al suo posto? Ovviamente un Casinò. Il Tram? Sospeso a 7 metri di altezza e lanciato a velocità supersoniche da Ganzirri a Giampilieri grazie alla supertecnologia “brevettata” dalla controversa azienda bielorussa Skyway. E in centro? Un’isola pedonale da Guinness dei primati, estesa per ben 8mila metri quadri. Non si può di certo dire che il programma elettorale del Sindaco peccasse di originalità, con punte di pura fantascienza degne di un racconto di Philip Dick. O della flotta comunale del suo predecessore. Argomenti passati totalmente in cavalleria di cui non se ne è saputo più nulla (fortunatamente).

ZIZZANIA. In campagna elettorale, e per i primi mesi, uno dei bersagli preferiti erano stati i dipendenti: troppi, fancazzisti e in attesa solo del 27 del mese. Poi, una volta diventati tutto ad un tratto un modello d’efficenza dai caratteri teutonici, visto che non se ne sente più parlare, a finire nel mirino del primo cittadino sono stati prima i sindacati di Cgil e Uil, che si sono schierati contro il “Salva Messina”, e infine i 32 consiglieri comunali, con i quali il primo cittadino ha istaurato un rapporto di odio e amore e di patruni e sutta. A lungo accusati, quasi tutti, di essere eccessivamente proni e accondiscendenti, gli esponenti del civico consesso si sono poi ribellati tutti quanti. Proprio come avevamo previsto.

 

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Messinese stanco
Messinese stanco
23 Giugno 2019 11:23

In pratica, l’unica rivoluzione compiuta da De Luca è stata farci rivalutare Accorinti col senno del poi.