MESSINA. La penuria d’acqua a Messina non è mai finita (anzi, nell’ultima settimana è tornata, in alcune zone, a mordere quasi ai livelli di agosto), ma il sindaco Federico Basile, pur non minimizzando il problema e i disagi, parla di “normalizzazione” della crisi: il che è una cattivissima notizia, perchè vuol dire che l’emergenza è strutturale, non contingente, e che le soluzioni (soluzioni definitive, non provvisorie) non sono dietro l’angolo.
E non potrebbero esserlo, perchè a parte la siccità che da un anno attanaglia la Sicilia (e che le piogge delle ultime tre settimane non riusciranno ad attenuare, se non supportate da un autunno che dovrà essere piovosissimo per ripristinare le risorse idriche sotterranee, in questo momento fortemente compromesse), i problemi di Messina vanno ascritti principalmente alla carente distribuzione e inesistente razionalizzazione delle reti (quella di Messina perde il 53% di acqua, metà della quale si disperde, e l’altra metà non viene “conturata” perchè va a finire in allacci abusivi).
“La crisi idrica non è conclusa, si sta andando a normalizzare anche grazie agli interventi che abbiamo messo in campo”, ha spiegato il sindaco: oltre alla zonizzazione con erogazione differenziata a giorni alterni per poter garantire il minimo necessario di portata e pressione (sospesa a inizio settembre), il comune di Messina ha messo in rete l’acqua di nuovi pozzi per circa 80 litri al secondo, e chiuso il bypass di Taormina (con conseguenze positive pari a zero, a riprova del fatto che il problema era politico e non rilevava ai fini dell’approvvigionamento idrico). Tutti interventi messi in campo partire da luglio inoltrato, a crisi idrica ormai conclamata. Di contro, il livello della falda della sorgente da cui preleva l’acqua l’acquedotto cittadino, il Fiumefreddo, ha subito un abbassamento di quasi due metri rispetto alla massima portata, per cui Messina ha oggi il 23% di acqua in meno di quanto ne avrebbe normalmente in estate (circa mille litri al secondo), e su questo l’amministrazione non ha alcun potere di intervento. Sulle tempistiche, invece, qualche responsabilità Palazzo Zanca ce l’ha, considerando che già a gennaio Basile spiegava che dal rubinetto scendeva il 30% in meno di acqua. E niente faceva immaginare che la situazione potesse migliorare. Anzi.
“Il nostro lavoro è dare supporto alla popolazione. La scelta di chiudere il Coc è stata determinata dalla normalizzazione della crisi: da 273 chiamate al giorno a luglio, oggi siamo a 95. Durante la fase emergenziale, con le due zone di distribuzione, sono stati fatti passi avanti nel venire incontro ai bisogni della popolazione”, ha spiegato Basile, che ha ribadito come a soffrire ancora oggi dei disagi di mancata erogazione siano poco più di 2000 abitanti, l’1% della popolazione, 2200 abitanti, stando alla richiesta di interventi: quelli che abitano nelle zone “disgraziate” (soprattutto rione Ogliastri, San Licandro, quartiere Lombardo, Faro, Mortelle, San Saba, ma anche Montepiselli, Noviziato Casazza, parte del viale regina Margherita) che da sempre lamentano penuria d’acqua, anche in periodi in cui di acqua ce n’è in abbondanza. “Ma anche se fosse solo un abitante sarebbe comunque un disagio che dobbiamo affrontare ed eliminare”, ha specificato Basile, che ha concluso la sua convocazione in consiglio comunale, per relazionare del problema, affermando che “i lavori del Pnnr sono stati anticipati”. Di che lavori parla?
Il comune di Messina ha ottenuto un finanziamento da 24 milioni di euro per il rifacimento della rete terziaria di distribuzione, quella cioè che da sotto strade e marciapiedi conduce alle abitazioni e ai condominii, e che è responsabile della copiose perdite. Oltre allo stato pietoso di conservazione, la rete sconta uno sviluppo schizofrenico: la mancanza di un piano regolatore, negli anni dell’espansione cittadina su riviera e villaggi collinari, ha fatto si che rete di distribuzione e sottoservizi fossero realizzati in maniera non organica rispetto alla rete primaria e secondaria (quindi acquedotto e serbatoi, col risultato che non sono in grado di soddisfare la richiesta idrica di chi è tanto sventurato da abitarci). E questo è un problema che avrà bisogno di alcuni anni perchè sia risolto in maniera definitiva. Anni e cantieri aperti in tutta la città.
In relazione ai lavori, “siamo partiti dal quartiere Lombardo, ci stiamo spostando in zona centro e nord, abbiamo mappato le zone più critiche e accelerato gli interventi, anche con prese di carico. Siamo perfettamente nei tempi stabiliti”, ha spiegato la presidentessa dell’Amam Loredana Bonasera, in maniera un po’ troppo ottimistica.
Una magra consolazione per chi, e non sono pochi, la mattina si sveglia sacramentando perchè dai rubinetti non esce acqua, o ne esce talmente poca e per così poco tempo che per riempire i serbatoi è necessario l’intervento delle autobotti, che da questa settimana sono prenotabili solo tramite i due numeri dell’Amam, un fisso e un call center, e non più dal Coc. L’avvio non è stato dei più confortanti: diversi cittadini lamentano lunghissime attese senza che nessuno risponda, e grosse difficoltà nel prenotare gli interventi: quello che a fine luglio era successo nei primi giorni di gestione da parte del Coc, che poi via via, entrando a regime, aveva raggiunto una certa efficienza. Da qualche giorno, dopo un avvio di settembre promettente, si è tornati indietro.
Stolti! Ma come si fa a pensare che questa sia una cosa passeggera? Lo capite che siamo nel mezzo di un cambio epocale che quando sarà finito buona parte della Sicilia non sarà più la stessa? Ancora non abbiamo visto niente se non la punta dell’iceberg, tra qualche anno vi voglio, giusto 2 o 3…