MESSINA. Taormina non ruba l’acqua a Messina, Messina non ne cede (lo faceva fino a pochi mesi fa) a Taormina, la crisi idrica non c’entra niente con la triangolazione Siciliacque, Amam, comune di Taormina: il casus belli dell’estate è stato risolto: in realtà lo sarebbe stato già da tempo, ma nella torrida e asciuttissima bella stagione messinese, sembrava essere diventato il nodo focale della crisi idrica che attanaglia la città (che è strutturale, non contingente), e come tale è stato trattato, infuocando la posta, dalla politica. Che ha dimostrato ancora una volta di non avere capito molto della questione.

La questione è che Messina con Siciliacqua (che gestisce l’acquedotto Alcantara dal quale Messina non si serve) non ha alcun rapporto, l’Amam ha dato alla società mista (25% Regione Siciliana, 75% privati, in testa Italgas, oggi, e ieri i francesi di Veolia) una “servitù di passaggio” all’interno delle sue condotte (“vettoriamento” è il termine tecnico) per veicolare acqua a Taormina (60 litri al secondo, mentre la portata dell’acquedotto Fiumefreddo, gestito da Amam e che serve la città di Messina ha una portata massima teorica di 1400 al secondo), riprendendosela da un bypass all’altezza di Furci siculo. Secondo Cateno De Luca, sindaco di Taormina, i litri sono adesso 15 al secondo, prelevati a Taormina e restituiti al serbatoio Amam alle ex case Gescal (“Anzi, il misuratore dà 12 litri prelevati e 27 restituiti”, ha rimarcato ieri in una estemporanea conferenza stampa insieme al sindaco di Messina Federico Basile, misuratore alla mano).

Caso chiuso. Che non sarebbe stato nemmeno da aprire, dato che tutta la faccenda non c’entra nulla con la crisi idrica messinese: i 60 litri al secondo che, secondo la polemica del mese, sarebbero eventualmente stati dati a Taormina rappresenterebbero meno del 5% dell’acqua che arriva a Messina (e i 5 litri al secondo che Messina regalava fino a quest’inverno erano lo 0,5%).

E’ quello il nodo, l’acqua che arriva a Messina: 1400 litri al secondo di portata massima teorica (durante la stagione delle piogge, a bacini idrici pieni), che si riduce a mille litri al secondo in estate. In questa, di estate, all’appello di litri al secondo ne mancano 400: in soldoni, c’è oltre il 30% di acqua in meno dai rubinetti. E si vede.

A questo si aggiunge il problema della dispersione idrica, che a Messina presenta una percentuale di perdite totali pari al 53%, una percentuale molto alta (la seconda in Sicilia dopo Siracusa, che di acqua ne perde addirittura oltre il 67%): questo non vuol dire che metà dell’acqua si perde tra Fiumefreddo e Messina: le perdite nella rete ammontano “solo” al 26,7% si disperde, mentre altrettanta viene sfruttata da allacci abusivi e “volumi non conturati”. Una questione nota da tempo e che tuttora si trascina, lungi dall’essere risolta.

Questo dell’acqua persa è il primo dei problemi, e il più complesso da risolvere. Ci sono 21 milioni di euro di finanziamenti Pnrr per un progetto di rifacimento totale della rete “terziaria”, quella che cioè dalle strade arriva ai rubinetti, il vero casino della distribuzione idrica: non solo la rete è un colabrodo (quasi tutto il 26,7% di dispersione avviene in città, non dalla condotta che parte da Fiumefreddo), ma è anche totalmente priva di razionalità, essendosi sviluppata caoticamente di pari passo all’evoluzione urbanistica sclerotica della città. E infatti ci sono, a regime di erogazione “normale” (quindi non in estate) zone che hanno acqua 24 ore al giorno, e zone che ne hanno, quando va bene, cinque ore, e quando va male (come quest’estate, in cui almeno c’è il “consorso di colpa” della siccità regionale, mentre lo scorso anno la situazione era più o meno uguale, inspiegabilmente, dati i bacini straripanti d’acqua) le ore si riducono a due, con pressioni e portate ridicole che non arrivano oltre il terzo piano. E così il piano di distribuzione dell’Amam (qui quello di giugno, già ridimensionato rispetto al solito a causa della crisi idrica che stava per iniziare) è più che altro un libro dei sogni molto ottimistico, con una città divisa in due: da un lato gli sfortunati dei quartieri storicamente più disgraziati (quartiere Lombardo, Montepiselli, rione Ogliastri, San Licandro, Faro) che già normalmente hanno acqua dal rubinetto per poche ore, e per quattro mesi all’anno la vedono col lumicino (quando la vedono), dall’altra i privilegiati, in massima parte gli abitanti delle zone servite dall’acquedotto della Santissima e chi abita in complessi collinari dotati di pozzi, che sopperiscono all’erogazione ridotta con un flusso di acqua costante h 24.

Il problema è che rifare la rete cittadina vorrebbe dire, letteralmente, sventrare interamente la città, e farne un cantiere a cielo aperto per anni, con strade e marciapiedi da bucare e lavorarci sotto. Ovviamente, per tutto il periodo dei lavori, l’erogazione sarebbe drasticamente ridotta, perchè non si può lavorare sulle condotte in pressione con l’acqua che ci scorre dentro.

E quindi? La soluzione trovata dall’amministrazione e dall’Amam (a inizio agosto) è stata quella di razionare l’acqua, dividendo le aree “problematiche” in due zone, con approvvigionamento idrico a giorni alterni. Soluzione disperata, che soprattutto nei primi giorni non è sembrata esattamente risolutiva, anzi. Insomma, si naviga a vista. C’è chi si è chiesto perchè non attuare una riduzione a chi ha acqua 24 ore al giorno, e dirottarla a chi di ore “buone” ne ha due. La risposta è, molto semplicemente, che non è possibile: l’attuale rete non lo permette, ha spiegato il direttore generale del Comune Salvo Puccio, che di Amam era stato presidente. Un altro ottimo argomento per rimodernarla al più presto, la rete.

Ovviamente, Cateno De Luca, stuzzicato, dopo essersi tolto i sassolini dalla scarpa, ha preso al balzo la palla (che chi ha voluto cavalcare politicamente l’inesistente caso dell’acqua a Taormina gli ha servito) per rimpallare le responsabilità sul governo regionale, reo di destinare fondi strutturali per il ponte sullo Stretto e di trascurare la situazione isolana: in special modo quella messinese, con progetti già in cantiere. Eppure era lo stesso De Luca, nel suo programma da candidato sindaco Cateno De Luca nel 2018 annunciava non solo acqua h24, ma anche “l’eliminazione dell’acquedotto di Fiumefreddo e la realizzazione delle fonti di approvvigionamento nel territorio urbano”.

Bene, dopo sei anni si scopre che l’acquedotto Fiumefreddo non sarà abbandonato: nella relazione ai progetti Pnrr in nessuna parte del progetto si parla di fonti alternative, o di sostituzione della condotta principale, quella da un metro di diametro, che porta l’acqua dalle alture dell’Etna fino a una serie di pozzi principali (Mangialupi, D’Arrigo, Santa Margherita, Ritiro), e anche da una serie di pozzi cosiddetti secondari con portate inferiori ai 10 litri al secondo). Allo stesso modo, non sono state nemmeno realizzate le fonti alternative di approvvigionamento urbano. che in regime di penuria d’acqua come quella dell’estate 2024 avrebbero potuto tamponare le situazioni di emergenza.

Eppure non sembra così complicata, la cosa: Webuild, colosso delle costruzioni che dovrebbe realizzare il ponte sullo Stretto, ha annunciato che in due mesi, e per 350mila euro, realizzerebbe tredici nuovi pozzi in giro per la città, come “bonus”, e al costo di 800mila euro realizzerebbe dissalatori portatili. Trecentocinquantamila euro non è una cifra proibitiva, nemmeno per un comune con le pezze al culo come Messina. E lo farebbe in sessanta giorni, il tempo che non è stato sufficiente al comune di Messina e ad Amam per trovare una soluzione che non sia il razionamento, da quando gli effetti dell’emergenza idrica si sono manifestati. E quindi? Perchè non è stato fatto prima, se è possibile farlo in questi tempi e a queste cifre? Chi è dei due che mente?

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Maria Rosa Schepis
Maria Rosa Schepis
9 Agosto 2024 22:01

Bellissimo e chiarissimo articolo, complimenti al giornalista!