ASP: Nel bene e nel male, l’azienda sanitaria provinciale è stata suo malgrado una delle principali protagoniste di questo sciagurato 2020. Costretta a fronteggiare in prima linea una pandemia mondiale senza averne né i mezzi né il personale, è finita a più riprese nell’occhio del ciclone a causa delle tante criticità emerse nel corso della prima e soprattutto della seconda ondata: dai problemi nel monitoraggio ai ritardi dei tamponi, dalle querelle sulle scuole al ritiro dei rifiuti pazienti infetti. Senza dimenticare il problema dei posti letto in terapia intensiva e le carenze nella comunicazione, che hanno contributo a creare ancora più confusione in una situazione già di per sé caotica. Due le figure cardine: il direttore generale Paolo La Paglia e il responsabile Covid Carmelo Crisicelli, il cui operato è stato molto criticato da più fronti, a partire dal sindaco Cateno De Luca. New entry è il commissario ad acta Maria Grazia Furnari, che dallo scorso 19 dicembre si occuperà solo ed esclusivamente di gestione dell’emergenza, cercando di mettere una toppa alle numerose falle riscontrate. Nella speranza che presto possa intravedersi la luce in fondo al tunnel.

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Babbio: Assembramenti, mancato rispetto delle disposizioni e comportamenti irresponsabili. Ma anche gaffe, discutibili siparietti e scontri politici inutili e fini a se stessi. Non bastasse il dramma della pandemia, Messina ha dovuto sorbirsi nel 2020 anche una dose reiterata e “tafazziana” di babbio a 360°, dimostrando ancora una volta di non saper resistere neanche nei momenti più bui alla tentazioni più “trash”, alle esagerazioni, alle polemiche sterili e alle iperboli, senza rendersi conto di come la nostra stessa autorappresentazione – costantemente sopra le righe, sguaiata e caricaturale – non faccia altro che rendere più dura e coriacea l’eterna patina di provincialismo che non riusciamo a scrollarci di dosso.

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Cateno(x): Fra i personaggi salienti del 2020 non può di certo mancare Cateno De Luca, che dopo un insolito approccio sobrio (durato giusto un paio di settimane) si è letteralmente scatenato nel corso del lockdown, prendendosi le luci della ribalta locale e nazionale e diventando uno degli ospiti più richiesti nelle trasmissioni televisivi più seguite, da Barbara d’Urso in giù. Fra post inferociti, scontri istituzionali, ordinanze a chili, battaglie personali ma anche iniziative piuttosto controverse, il sindaco di Messina è stato il protagonista indiscusso di un vero e proprio “one man show” a reti unificate. Impossibile dimenticare le infuocate dirette dal Coc della protezione civile, così come i droni, l”occupazione” dello Stretto, i messaggi diffusi dagli altoparlanti e i continui scontri con la Regione e il Governo (che gli sono valsi una denuncia per vilipendio). Per tacere degli aspetti più “ludici”: la caccia alle blatte, i leggendari “aspiracacca” e il recente e contestatissimo “Catenox”. Un anno vissuto sulla cresta dell’onda, con una parentesi “bucolica” nelle campagne del Nisi.

 

 

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Dippiciemme: Un acronimo composto da appena quattro lettere che è entrato prepotentemente a far parte della vita di tutti gli italiani, a partire dal secondo, datato 11 marzo, che di fatto ha cambiato per sempre la vita di milioni di persone: “Da domani tutta l’Italia è zona rossa. È il momento di stare lontani per tornare ad abbracciarci in futuro”, ha annunciato il premier Giuseppe Conte in diretta nazionale, dando ufficialmente il via al lockdown, alle autocertificazioni, alla chiusura di tutte le attività produttive. Da allora di Dpcm se ne sono susseguiti più di 20, con una media di due al mese. Indimenticabile quello del 26 aprile, che istituì la tanto agognata ‘Fase 2’ che permetteva di incontrarsi con i misteriosi “congiunti”. Il 16 maggio nuovo step, con l’addio alle autocertificazioni, poi l’11 giugno ecco la “Fase 3” della pazza estate, delle discoteche e della grande illusione. Il 13 ottobre rieccoci punto e daccapo con la seconda ondata e una serie di nuovi provvedimenti culminati il 3 novembre con i coprifuoco su tutto il territorio nazionale e il sistema dei “colori”. Infine le festività, mezze rosse e mezze arancioni, mentre arriva finalmente il tanto atteso vaccino.

 

 

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Esercenti: Chiudi il locale, riapre il locale. Chiudi il locale, riapri il locale. Un continuo alzare e abbassare le saracinesche che richiama alla memoria una vecchia scena di Karatè Kid (o il Giardino delle Luci, per i più giovani), a causa degli innumerevoli cambiamenti in corso d’opera legati ai sali scendi della curva del contagio. Il momento più tetro, per tutti gli esercizi commerciali cittadini, è scattato ovviamente con il lockdown di marzo, quando migliaia di padri di famiglia hanno dovuto sospendere le loro attività in attesa dei ristori promessi dal Governo. Poi, con la “fase due”, una piccola boccata d’ossigeno, prima della grande sbornia estiva e delle veementi protesti per le nuove disposizioni autunnali. Tanti i bar, i ristoranti e le aziende che in questo periodo hanno deciso di chiudere per sempre i battenti, affossati dalla crisi economica e dalle misure di contenimento del virus. Piccoli e grandi drammi individuali che hanno contribuito ad alimentare l’incertezza, la paura e lo smarrimento.

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Family Card: La nostra generazione, non avendo per fortuna vissuto guerre, tutto pensava tranne che un giorno avrebbe assistito alla versione “pandemia” della tessera del pane. Governo, Regione e Comune sono venuti in soccorso di chi, e a Messina sono stati nell’ordine di oltre ventimila (un decimo della popolazione, praticamente), ha avuto bisogno di un sostegno economico per mettere da mangiare sulla tavola. Prima i buoni spesa e i rimborsi delle utenze, poi i ristori governativi e i bonus regionali alle imprese (con tanto di clic day comicamente fallito per crash dei server), quindi le Pmi card introdotte dal comune di Messina con i 63 milioni di euro messi a disposizione per la seconda fase (una cifra molto alta). Tanto basterebbe per dare la misura dell’anno che è appena terminato, e che si studierà sui libri di scuola più o meno come il quinquennio 1939/1943.

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(5) G: Fra le tante bufale del 2020, una delle più virali riguarda il 5G e la sua presenta relazione con il diffondersi del virus. Una tesi del tutto campata in aria che per mesi ha tenuto banco sulle bacheche social di tutto il mondo. A prendere posizione, in via cautelativa, contro la nuova tecnologia (ma senza citare la correlazione con la pandemia), era stato anche il sindaco Cateno De Luca, che nel corso di una diretta del Coc della Protezione Civile, ad Aprile, aveva annunciato un provvedimento che vietava a chiunque di installare degli impianti sul territorio di Messina in attesa di riscontri scientifici aggiornati in merito alla presunta pericolosità delle onde. Un’ordinanza poi sospesa a luglio dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, secondo il quale il Comune è intervenuto in una questione sulla quale non ha competenza e legittimità, vista “l’impossibilità di adottare ordinanze contingibili e urgenti in una materia la cui competenza è riservata allo Stato”.

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(Covid) Hospital: Il simbolo di uno degli anni più tristi del secolo, con le immagini delle terapie intensive, dei respiratori e delle bare accatastate l’una sull’altra che resteranno per sempre scolpite nella nostra memoria, con in sottofondo il suono dei ventilatori polmonari e delle macchine per l’assistenza respiratoria. Un incubo da film dell’orrore diventato realtà che ci ha costretto a dire addio dall’inizio della pandemia a quasi 2500 siciliani, deceduti spesso senza il conforto di un ultimo addio e di un ultimo abbraccio, costretti dalle circostanze a fare a meno dell’affetto dei propri cari.

 

 

 

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Infermieri: Poco da dire, i veri eroi di questo anno infernale. Un esercito silenzioso che ha affrontato faccia a faccia un male invisibile e subdolo, convivendo con la paura e il dolore. Quando un giorno tutto questo finirà è a loro, innanzitutto, che dovremo dire “grazie”. Alla loro abnegazione, alla loro professionalità, alla loro umanità. Al loro coraggio.

 

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Lockdown: Forse il termine più simbolico di questo anno infame, entrato a far parte in modo indelebile dell’immaginario collettivo. Due mesi interminabili di reclusione forzata fra le mura domestiche, vissuti in un clima del tutto surreale, che un giorno saranno studiati dai nostri figli sui libri di scuola. Le strade vuote, le auto ferme, la calma irreale a mezzogiorno, l’assenza di anima viva in giro, il senso di smarrimento davanti a una situazione che non ha mai avuto eguali, il mistero del “domani”. Tante, troppe, le immagini “manifesto” di quel periodo che nessuno di noi avrebbe mai immaginato di dover affrontare. Fra tutte scegliamo la foto emblematica di Piazza San Pietro deserta, con le parole del Papa che rimbombano nel silenzio spettrale di Roma.

 

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Migranti: Per qualche settimana, in piena pandemia mondiale, con gli ospedali saturi e i contagi in crescita in tutto il mondo (con gli italiani additati loro malgrado come “untori”), il pericolo numero uno per parte della popolazione “social” sono diventati… i migranti. Una fobia determinata dagli sbarchi in aumento (a causa della situazione instabile in Tunisia), dai vari episodi di cronaca avvenuti in Sicilia (con la fuga da varie strutture di accoglienza), dalle prese di posizione della politica (su un argomento da sempre “acchiappa like”), dai dati errati forniti sul tema (a partire dalla Lega) e dal terrore dei contagi, malgrado proprio le persone sbarcate in Sicilia fossero in assoluto quelle più sicure, a fronte dei controlli imposti nei porti e sulle navi quarantena, molto più ferrei di quelli degli autoctoni o dei tantissimi turisti arrivati a frotte sull’isola da ogni parte del mondo. Che si trattasse di una paura ingiustificata e piuttosto “emotiva” lo hanno poi certificato i fatti, a fronte dei pochi focolai (comunque sempre all’interno degli hotspot, con i casi tenuti sotto controllo) e dalla totale assenza di contagi determinati dagli sbarchi. Ad intervenire sulla questione erano stati anche il Governatore Nello Musumeci, che aveva disposto la chiusura degli hotspot e dei centri di accoglienza su tutta l’Isola, e il sindaco di Messina Cateno De Luca, che con un’ordinanza aveva disposto la chiusura dell’Hotspot di Bisconte. Provvedimenti entrambi impugnati.

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Negazionisti: Fra i tanti fatti del 2020 uno in particolare merita un approfondimento: la scoperta di una congiura intergalattica, ordita da Governi, multinazionali e rettiliani, per sterminare la popolazione e modificarne il Dna. Come? Tramite un virus che in realtà non esiste, l’installazione di misteriosi microchip sottocutanei e l’avvento di un Nuovo Ordine Mondiale. Un piano diabolico che giungerà a compimento, tuttavia, solo con la diffusione di un vaccino prodotto da Bill Gates per mettere a tacere i terrapiattisti, i virologi del web e le teorie del complotto. Verità scomode, verità che ci tengono nascoste.

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Ordinanze: Dopo “ddippicciemmi“, la parola più proferita dai messinesi nel 2020 è stata di sicuro “oddinanza“. Dicesi ordinanza quel documento amministrativo per cui il primo cittadino di un comune ordina agli abitanti di mettere in atto (o astenersi) da un dato comportamento. E nell’emanare questi documenti amministrativi, il sindaco Cateno De Luca nel 2020 si è sbizzarrito: quasi 400, un centinaio in più rispetto al 2019. Spesso senza troppa fortuna, diciamo. Però dal punto di vista quantitativo l’impegno c’è stato. Non sono mancate poi le ordinanze regionali, spesso in contrasto con quelle comunali. Un balletto ininterrotto di ordini, divieti, dietrofront e “impugnative” che ha mandato letteralmente in tilt i cittadini (e i giornalisti), facendo solo tanta ingiustificata confusione.

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Pasquetta: Uno degli episodi messinesi più tragicomici del 2020 avviene in prossimità delle festività pasquali, quando per le strade della città viene diffuso da un altoparlante l’ultimo slogan del sindaco Cateno De Luca: «Iò rrustu a casa pi cazzi mei», associato per di più agli auguri di Pasqua. Manco a dirlo, scoppia un putiferio. Ad intervenire sono due avvocati messinesi, che presentano un esposto, e il garante per i minori del comune di Messina, Angelo Fabio Costantino,  che bolla il messaggio come “fuoriluogo e incomprensibile”. A prendere posizione è anche l’Arcivescovo di Messina Giovanni Accolla, che nel corso di una messa lanciò un messaggio chiaro e diretto al sindaco Cateno De Luca: «Cerchiamo tutti quanti di avere tanta attenzione per questi soggetti (anziani e bambini, nde) e per i nostri fratelli, che sono i più fragili. Vanno tutelati con la carezza e l’attenzione di cui sa usare linguaggi appropriati, non sprovveduti. In città se ne sentono parecchi, è una vergogna. È una vergogna. Dovrebbe pentirsi pubblicamente chi pubblicamente va veicolando linguaggio turpe. Non possono neanche augurare la Pasqua ai cittadini le persone che sono volgari nel loro linguaggio. Non sono seccato ma fortemente amareggiato, perché il popolo di Messina non merita questo tipo di insulti».

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Quarantena: Quando a un certo punto, nella seconda ondata, i contagi hanno iniziato a correre a tre cifre, e nonostante questo i ricoveri si sono mantenuti bassissimi, dalle nebbie del tempo è tornata in auge una parola che si credeva definitivamente archiviata almeno un secolo fa (e rispolverata solo per gli astronauti di ritorno dallo spazio). Chi s’era beccata la covid-19 ma stava “bene”, chi era stato a contatto con dei contagiati ma non lo era a sua volta, chi risultava positivo al test ma non accusava sintomi: tutti a casa, per evitare il diffondersi del contagio. Una situazione snervante per chi la quarantena la subisce, ovviamente, ma anche per i familiari, costretti o a convivre da reclusi, o ad abbandonare il tetto e trasferirsi da parenti, amici, seconde case. Con tutti i disagi del caso, compresa la gestione fallimentare della raccolta dei rifiuti speciali, che ha iniziato a funzionare con l’insediamento dell’ufficio speciale all’Asp, poco prima di Natale.

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Renault 4: Ed eccola qui, la leggendaria vettura che a un certo punto sembrava la prima causa di morte in Italia, e che per settimane ha tenuto con il fiato sospeso migliaia di italiani, terrorizzati dai passeggeri di una Renault (degli artisti di strada) che poco prima dell’entrata in vigore dell’ordinanza ministeriale che sanciva il divieto di spostamento fra i comuni, entrata in vigore il 22 marzo, ha attraversato mezza Italia per approdare in Sicilia. Una vicenda – oggetto di meme, polemiche, invettive e avvistamenti fasulli – che il sindaco De Luca ha più volte chiamato in causa nelle sue invettive contro il ministro Luciana Lamorgese e il Governo nazionale (accusato persino di voler coprire” i corrieri della droga e la criminalità organizzata”). La storia ha però numerosi risvolti poco chiari, a partire dalle incongruenze contenute in una relazione della Polizia Municipale di Messina, e da varie “falle” nelle date. A ricostruire tutte le tappa e la cronistoria dei fatti, è un articolo pubblicato da questa testata il 9 aprile, dopo il quale sul “caso” della Renault 4 è piombato improvvisamente il silenzio. Com’è finita la loro storia? Qualcuno dei ragazzi ha fatto rientro a casa, mentre tre di loro sono rimasti in Sicilia e stanno tutti bene. 

 

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Sciatori: Il Covid ha fatto il suo “ingresso” in città nel modo più eclatante e chiassoso possibile, quando sulla stampa, sui social e nei gruppi whatsapp iniziano a diffondersi le prime indiscrezioni sui messinesi (116 in totale) che prima dell’entrata in vigore delle misure restrittive imposte dal Governo erano andati a sciare a Madonna di Campiglio. Per giorni non si parla d’altro, fra le prese di posizione del sindaco Cateno De Luca (che annunciò di voler denunciare coloro i quali non si erano sottoposti all’isolamento), i chiarimenti da parte dell’Asp e la diffusione di (false) liste con i nomi dei gitanti (con relativi strascichi legali). Ad alimentare la rabbia di tanti cittadini, oltre al comportamento di chi non rispettò le prescrizioni, anche lo “status privilegiato” degli sciatori (i cui nomi non mai stati giustamente diffusi per questioni di privacy, a differenza di qualche altro caso con personaggi meno noti)

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Tamponi: Rapidi, molecolari, positivi, negativi, dal risultato in un quarto d’ora o dopo… settimane, la pandemia ha costretto tutti a fare i conti con rudimenti di microbiologia, virologia e genetica. E molta, molta pazienza. Perché quando i numeri hanno iniziato a correre, da ottobre in poi, con la seconda ondata che come una marea ha colpito in pieno una regione, la Sicilia, che la prima ondata non l’aveva praticamente mai vissuta, la macchina organizzativa a Messina è andata in tilt. E pur con tutte le giustificazioni del caso (è stato, e sarà, un problema comune a qualsiasi latitudine, e con unità di misura che arrivano a diverse centinaia di migliaia, tanti sono i tamponi somministrati dall’Asp da marzo ad oggi, i ritardi sono, e saranno, endemici), la pazienza di chi è rinchiuso in casa da tre settimane in attesa di un referto, o chi impaurito attende da una settimana di sapere se è malato o meno, è stata messa a dura prova.

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Untori: La caccia all’untore è scattata in contemporanea con il Dpcm di marzo, con migliaia di “vedette” appostate dietro ai vetri pronte a immortalare qualsiasi movimento equivoco nelle vie sotto casa, fra segnalazioni, inseguimenti con i droni, calunnie e pedinamenti a distanza di runner e vecchiette. Da un lato gli “andrà tutto bene”, gli arcobaleni e i canti collettivi sui balconi, dall’altro il tutti contro tutti determinato dalla paura e dal sospetto. Poi, con l’avvento della Primavera e l’allentamento delle restrizioni, l’improvviso cambio di rotta, con gran parte di quegli stessi “cecchini” pronti a far arrestate la sorella per aver portato il cane a passeggio che si sono riversati in piazza per protestare contro i provvedimenti del Governo, l’uso delle mascherine e le limitazioni alle libertà personali, passando da un giorno all’altro da virologi a costituzionalisti improvvisati. Il lato schizofrenico della pandemia. 

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Viviana (e Gioele): Tragedia tutta messinese, quella vissuta dalla donna e dal suo piccolo, morti in circostanze ancora da chiarire, dopo quattro mesi in cui la vicenda è stata sviscerata in ogni modo possibile, e nei quali la morbosità ha nettamente surclassato il semplice interesse, il clamore ha demolito la cronaca, ed è stata definitivamente seppellita la credibilità di grossa parte della stampa, impegnatissima a inseguire teorie senza alcun fondamento, immancabilmente smentite il giorno successivo, a dare voce ad improbabili soggetti di quelli che in queste occasioni drammatiche appaiono sempre (come medium, veggenti, testimoni inattendibili e personaggi in cerca di tre minuti di fama), e a inventare storie al confine con la fantascienza, come gli “infallibili” cani molecolari. Un continuo e costante rumore di fondo, che non aveva niente di informazione e tutto di “spettacolo”, quando sarebbe stato di gran lunga preferibile, opportuno e rispettoso della dignità dei morti, solo un decoroso silenzio.

 

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Zoom: Per molti, l’unico contatto col mondo esterno durante i due mesi di clausura di marzo e aprile. Per altri, un incubo che a ogni ora del giorno e della sera faceva presagire riunioni interminabili, la mattina con gli occhi cisposi e la sera col brontolio della pancia, già proiettata alla focaccia in forno (must in cui ogni messinese si è cimentato in quegli assurdi due mesi), con una camicia indossata per dare una parvenza di professionalità e interesse (e sotto il pigiama o la tuta). ma anche il mezzo grazie al quale la scuola non si è fermata del tutto, e che ha permesso la temutissima “didattica a distanza”. E durante le feste ha fatto sentire meno soli genitori e figli, impossibilitati a sedere allo stesso tavolo causa zone rosse, paura di contagi, rientri impossibili. Il lato positivo della tecnologia.

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