MESSINA. “I turisti hanno l’obbligo di quarantena e i migranti scorrazzano per le strade”. “Tutto inutile se continuate a permettere gli sbarchi”. “E gli immigrati a briglia sciolta come niente fosse”. “Restrizioni per chi proviene da Malta, Grecia e Spagna. Campo libero invece per chi proviene dall’africa con i barconi”. Sono solo alcuni dei commenti social alla notizia sulla nuova ordinanza del Governatore Nello Musumeci, che impone l’obbligo di isolamento fiduciario (di 14 giorni), con conseguente tampone, ai siciliani che rientrano da Malta, Grecia e Spagna. Un provvedimento che non è andato giù a tanti per una presunta “disparità di trattamento” con i migranti arrivati in queste settimane sulle coste sicule, i cui positivi al coronavirus sono poco più di un terzo dei contagiati totali in Sicilia.

In realtà la situazione è ben diversa, dato che – fra test, tamponi e procedure di isolamento – i migranti sono in assoluto le persone più controllate, molto più degli autoctoni e dei tantissimi turisti arrivati a frotte sull’isola da ogni parte del mondo, per i quali non sono previsti iter specifici, fatta eccezione per la registrazione (non obbligatoria) alla piattaforma SiciliaSiCura (e la nuova ordinanza di due giorni fa). In pratica, il 100% dei migranti è sottoposto a pratiche di rilevazione del contagio alla covid-19.

Dall’inizio dell’anno, secondo i dati forniti dal ministro Luciana Lamorgese, sono giunti in Italia 14mila migranti: un numero determinato soprattutto dagli sbarchi del mese di luglio (oltre seimila unità), quando la crisi politica ed economica della Tunisia ha spinto numerose persone ad abbandonare il proprio Paese, richiedendo anche l’utilizzo di specifiche navi-quarantena per rispettare le disposizioni anti-Covid e dare man forte agli hotspot, spesso ben oltre i limiti di capienza massima (ad oggi la Gnv Azzurra ospita 603 extracomunitari, 24 dei quali positivi al Covid, più sei casi sospetti).

A disporre l’utilizzo delle navi, con un’ordinanza del 14 luglio, era stato il presidente della Regione Nello Musumeci. «I migranti che raggiungono le coste siciliane con imbarcazioni di grandi dimensioni, con mezzi di soccorso delle Ong, o di organizzazioni statali, europee e internazionali, ovvero con mezzi propri sono sottoposti a visita medica e sono posti in quarantena per un tempo non inferiore a 14 giorni a bordo della nave di arrivo, dove ciò sia consentito in sicurezza, o su ‘navi-quarantena’ all’uopo predisposte dalle Autorità del governo centrale», si legge nel documento firmato dal Governatore, che proprio ieri ha ribadito la necessità di effettuare i controlli a bordo: «Ho chiesto al ministro dell’Interno nuove navi e l’invio dell’Esercito per come aveva promesso. Non vogliamo che i migranti scendano a terra, vogliamo che rimangano a bordo delle navi-quarantena e facciano lì tutti gli accertamenti sanitari».

Qual è l’iter dei controlli? Lo stabilisce la stessa ordinanza del presidente della Regione, che oltre a istituire delle aree speciali di controllo nelle zone portuali di sbarco e vicino agli hot spot, dalle quali è fatto divieto di uscire, prevede specificatamente l’obbligo di eseguire gli accertamenti sierologici per tutti i migranti e la somministrazione del tampone per chi presenta i sintomi da infezione (gli esami, laddove possibile, sono da eseguire sulle navi). 

In mancanza di sintomi riconducibili alla Covid-19, in pratica, tutti i migranti vengono sottoposti al test sierologico al momento dello sbarco (di norma a Lampedusa e a Pozzallo), per poi essere trasferiti nei Centri straordinari di accoglienza (Cas) o negli Hotspot: centri di detenzione amministrativa (da cui non si può uscire) dove si trovano la maggior parte dei migranti arrivati in queste settimane in Sicilia (soprattutto tunisini). Se non fosse che alcuni fra questi, risultati inizialmente negativi al test sierologico, sono poi risultati positivi al tampone dopo i primi sintomi di febbre all’interno delle strutture di accoglienza (anche nell’ex caserma di Bisconte). Una circostanza che ha indotto in Ministero dell’Interno ad effettuare direttamente il test del tampone faringeo sui nuovi arrivati al momento dello sbarco. «Ho preteso che a Lampedusa si facessero i tamponi a tutti», ha spiegato qualche giorno fa la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, annunciando l’entrata in vigore del nuovo decreto immigrazione, che potrebbe arrivare a Palazzo Chigi entro Ferragosto per poi approdare in Consiglio dei Ministri a settembre. Il documento, in particolare, prevede un sistema di accoglienza identico per i richiedenti asilo e per i titolari di protezione umanitaria: una sorta di “ritorno al passato” e al sistema degli Sprar.

Perché dunque tanta paura di contagi? Ad alimentare la tensione sono state sicuramente le fughe di migranti da varie strutture dell’isola, le prese di posizione della politica (su un argomento da sempre “acchiappa like”) ma anche i dati errati forniti sul tema, come quelli contenuti ad esempio in un recente post della Lega, secondo cui l’80 per cento dei positivi al virus in Sicilia sarebbero immigrati. Una percentuale che si riferisce tuttavia solo ed esclusivamente alla giornata dell’11 agosto, quando, a fronte di 89 nuovi casi registrati, 71 sono legati ad extracomunitari sbarcati sulle coste dell’Isola (e sottoposti ad isolamento dopo i controlli). In realtà, il numero attuale dei positivi in Sicilia, secondo i dati della Protezione Civile, aggiornati a mercoledì 12 agosto, è di 562 unità (su un totale di 3603 dall’inizio della pandemia), la maggior parte dei quali determinati da siciliani venuti a contatto con turisti o di ritorno dalle vacanze all’esterno. I migranti positivi sono 216, poco più di un terzo.

Nessun focolaio (esterno alle strutture di accoglienza), ad oggi, risulta legato agli sbarchi dei migranti. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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