Tarigghia

 

Ogni città ha i monumenti che si merita e i simboli che si sceglie: “segni” architettonici e icone scultoree alle quali affidiamo l’arduo compito di rappresentarci. Una sorta di autodiagnosi collettiva e visuale per raccontare agli altri chi siamo e per spiegare a noi stessi il modo in cui ci percepiamo.

Ecco quindi il Nettuno desnudo, allegoria della forza morale della città che doma le avversità, la statua della Madonnina del porto, immagine votiva che veglia su di noi e ci protegge, e infine – vera icona postmoderna della messinesità 2.0 – l’immensa tarigghia di Piazza Cairoli, un colossale barbecue di metallo che troneggia come un altare pagano sul salotto buono della città.

Costruita nei primi anni del Millennio, in segno di buon auspicio, è la testimonianza più autentica della nostra passione viscerale per rustute, schiticchi, abbuffate pantagrueliche e baccanali alimentari: riti profani e consolatori che si tramandano di generazione in generazione e che scandiscono le nostre giornate d’ozio e le festività comandate.

La sua versione in miniatura, la tarigghia domestica (che ogni messinese degno di tal nome custodisce e venera come una reliquia sacra), è un oggetto dalla forma squadrata e dalle linee semplici che acquisisce valore e rispetto con il passare del tempo, proprio come un buon vino d’annata: più è utilizzata e più il cibo è gustoso, più è annerita e rruggiata e maggiore è la sua resa, con il grasso dello scorso Natale incrostato sui bordi che cola sulla carne e i resti carbonizzati di quell’indimenticabile rrustuta dell’86 che danno al castrato quel sapore inconfondibile di selvaggina ruspante. 

Per una resa eccellente è fondamentale anche il corretto utilizzo: la quantità esatta di carbonella, le dosi precise di carne da disporre sulla graticola e soprattutto l’intensità del soffio, con movimenti ritmici del polso da cadenzare con armonica sapienza.

Parente più prossimo della tarigghia di Piazza Cairoli è la Tour Eiffel: ad accomunarla al monumento parigino, oltre alla struttura metallica, anche le immotivate critiche ricevute dai tanti cittadini incapaci di cogliere la sua potenza immaginifica: per comprendere la sua funzione taumaturgica e propiziatoria basterebbe infatti posizionarsi al centro della piazza e immaginarla invasa dalle fiamme, con porzioni ciclopiche di stigghiole e gargantueschi caddozzi di salsiccia messi a rosolare in segno di sacrificio verso i volubili dei del cielo.

Ai quali, per una ragione o l’altra, noi messinesi non siamo mai andati particolarmente a genio. 

 

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pippolipari
pippolipari
29 Giugno 2017 20:42

Minchia compare troppu togu!!!

Cetta
Cetta
30 Giugno 2017 6:19

Divertente e sagace come sempre.Rido come una scema mentre leggo, ogni volta.

MarioMinutoli
MarioMinutoli
3 Giugno 2021 2:29

Togo fa” parte dellO slang Italiano ,tutti si attribuiscono il merito dell invenzione della parola ma in realta” la parola a radici molto piu” profonde e antiche TOGO e” una citta”-nazione Africana che ha dato il suo bel da fare a tutti nonostante la sua piccolezza ecco del perche” TOGO.

Gene
Gene
10 Aprile 2023 16:58

Taione è “italiano correggiuto” infatti si chiama “ddaiuni” ovvero “digiuno” ovvero parte dell’ intestino tenue del vitello, di preciso il secondo tratto, caratterizzato dalla presenza di un liquido acre denominato chilo, che va a caratterizzare il suo particolare sapore che lo contraddistingue. La stessa parte che si usa per la pajata romana.

Aldo Di Blasi
Aldo Di Blasi
10 Marzo 2024 23:16
Reply to  Gene

Finalmente una definizione corretta!!!! Bravo!