Togo
Mentre nel resto d’Italia dalla fine degli anni ’70 tutto era fico, talmente tanto da averne demandato nientemeno che a Pippo Franco la responsabilità di dedicargli una canzone, a Messina, dove ce la sentiamo sempre più lunga degli altri (catanesi esclusi, loro ce la sanno più di tutti per definizione), una cosa per cui valeva la pena di vivere era invece toga, un termine tipicamente nostrano che pian piano il mondo ci ha plagiato. Ma con vent’anni di ritardo.
Perché se fino a qualche decade fa, ad altre latitudini, il lessema designava soltanto un biscottino cilindrico ricoperto di glassa al cioccolato, in riva allo Stretto (ma anche in Sardegna e in certe regioni padane, concediamoglielo) era già utilizzato come aggettivo, sebbene confinato in un registro gergale e al più giovanilesco.
Da dove risalga il termine è un vero mistero. C’è chi ritiene derivi proprio dal biscotto della Pavesi messo sul mercato nei primi anni ’70 (una delle prime reclame puntava proprio sul concetto “Togo il dritto!”), chi lo fa risalire addirittura a un ammiraglio giapponese protagonista nella battaglia di Port Arthur nel conflitto Russo-Nipponico del 1904 e chi, infine, come il Garzanti o la Treccani, si rifugia mestamente nell’ebraico (sebbene con due diverse etimologie; tōb = “buono’” e “tov” = “bene”).
Quale che sia la sua origine (è un mistero che dona fascino e carisma, come quello di Wolverine nei fumetti), l’essere togo è un’aura che circonda qualcosa e le infonde uno stato di inarrivabilità e magnificenza che la eleva dai destini mortali consegnandola di diritto nell’iperuranio. L’essere avanti, o per restare in tema di dialetto “l’essere della pisella”. Oppure, se si è meno filosofici e più prosaici, è un qualcosa al contempo bello e al passo con i tempi, moderno, avanguardistico, ganzo, cool, o meglio ancora “sguain”: parola che è il progetto Manhattan della grammatica, l’arma finale, quella che dopo di lei Hiroshima. E poi Nagasaki. In attesa dell’invasione aliena.
Minchia compare troppu togu!!!
Divertente e sagace come sempre.Rido come una scema mentre leggo, ogni volta.
Togo fa” parte dellO slang Italiano ,tutti si attribuiscono il merito dell invenzione della parola ma in realta” la parola a radici molto piu” profonde e antiche TOGO e” una citta”-nazione Africana che ha dato il suo bel da fare a tutti nonostante la sua piccolezza ecco del perche” TOGO.
Taione è “italiano correggiuto” infatti si chiama “ddaiuni” ovvero “digiuno” ovvero parte dell’ intestino tenue del vitello, di preciso il secondo tratto, caratterizzato dalla presenza di un liquido acre denominato chilo, che va a caratterizzare il suo particolare sapore che lo contraddistingue. La stessa parte che si usa per la pajata romana.
Finalmente una definizione corretta!!!! Bravo!