MESSINA. Da quasi due mesi la città è alle prese con una crisi idrica che ha un solo precedente simile e paragonabile: quella del 2015 che ha lasciato per due settimane la città a secco. La differenza è che, nel 2015, cause, conseguenze e rimedi sono stati immediatamente chiari e noti: una frana a Calatabiano aveva tranciato in due una conduttura in una zona impervia, e per tentativi (riusciti e meno riusciti, talvolta goffi) si è tentato di porvi rimedio. Oggi, che i messinesi si svegliano ogni mattina da inizio agosto con una specie di roulette russa su chi avrà l’acqua dal rubinetto e chi non l’avrà, le spiegazioni che possano anche solo in parte motivare i rubinetti a secco un giorno si e l’altro no sono arrivate invece frammentarie, incomplete e in ritardo, con gli orari di distribuzione idrica praticamente mai rispettati da due mesi a questa parte.

E i guasti improvvisi alle reti colabrodo (mai tanti come quest’estate) e la fisiologica riduzione di erogazione della stagione “secca” non bastano a spiegare come mai, da agosto, ogni giorno sterminate zone della città non ricevano acqua, o ne ricevano in quantità, portata e pressioni insufficienti a far riempire i serbatoi. Anche perché spessissimo sono interessate zone che con i guasti non dovrebbero avere nulla a che fare. Senza considerare che di acqua quest’anno in Sicilia ce n’è in abbondanza, data l’eccezionale piovosità di maggio che ha di fatto riempito bacini e invasi in tutta l’isola, come testimonia la Regione Siciliana nel bollettino mensile che monitora le fonti d’acqua e la mappa della piovosità che registra un surplus pluviometrico i cui benefici effetti si sentono ancora oggi.

E quindi? Non si sa. Non lo sanno gli utenti, ai quali le comunicazioni dell’Amam, l’azienda che gestisce l’acquedotto messinese, assicurano la corretta erogazione idrica in zone in cui invece l’acqua non la si vede manco col binocolo. Non lo sanno i giornalisti, costretti a fidarsi della voce istituzionale dell’azienda (e del comune di Messina), per poi dover spiegare goffamente ai lettori perché in una certa area ci sono due ore di acqua (a rivoli) dai rubinetti quando secondo l’Amam la distribuzione è regolare. Non lo sanno nemmeno gli stessi addetti al servizio guasti dell’Amam (avendo perseveranza e fortuna che qualcuno risponda), che si limitano a recepire le segnalazioni e fornire vaghe spiegazioni, spesso contraddittorie l’una con l’altra.

Eppure appena cinque anni fa il programma dell’allora candidato sindaco Cateno De Luca annunciava non solo acqua h24, ma anche “l’eliminazione dell’acquedotto di Fiumefreddo e la realizzazione delle fonti di approvvigionamento nel territorio urbano”. Superfluo dire come nessuna delle condizioni si sia verificata e che l’acqua h24 ad oggi è una barzelletta, più che un miraggio. Per di più nel progetto da 21 milioni di euro finanziati col Pnrr (che nei prossimi giorni sarà oggetto di una approfondita analisi in una serie di articoli di LetteraEmme), non c’è traccia dell’abbandono del Fiumefreddo. E nell’attesa che partano i lavori (che, lo diciamo subito, saranno una modernizzazione delle condotte cittadine, e non un nuovo acquedotto, per cui Messina dipenderà sempre dal Fiumefreddo e dai suoi guai), da due mesi Messina patisce una penuria d’acqua che non si verificava da molto tempo. Senza che chi di dovere della governance dell’Amam in due mesi abbia dato una spiegazione sufficientemente esaustiva, e che non sappia di beffa nei confronti di chi (una grossissima parte degli abitanti) apre il rubinetto la mattina e inizia la giornata sacramentando.

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