Camurria
I “sinonimi perfetti” sono quei lessemi che possono essere sostituiti in qualunque contesto l’uno con l’altro senza che ciò cambi il significato del contesto stesso. Per quanto possa sembrare strano, nella lingua italiana queste condizioni si verificano molto raramente, e il più delle volte la sinonimia fra due parole è solo teorica e relativa. È il caso, per esempio, di camurria, un termine spesso tradotto con “seccatura” o “noia”, che possiede tuttavia uno spettro semantico molto più ampio. Riferito di volta in volta a una situazione, a un’attività o a una persona, denota un pensiero che non ci dà pace, una scadenza improcrastinabile, un’ossessione che ci perseguita, un qualcosa che siamo costretti ad affrontare contro la nostra volontà.
Corrispettivo lessicale dell’aquila che dilania il fegato di Prometeo incatenato sul Caucaso, è un lessema di cui il messinese medio, geneticamente tendente alla lamentela e all’autocommiserazione, tende ad abusare, utilizzandolo per qualsiasi situazione o contesto gli imponga uno sforzo: alzarsi, fare la spesa, gettare l’immondizia, lavorare. Vivere.
Mandante occulto di ogni camurria è il destino malvagio, che inspiegabilmente, fra oltre 7 miliardi di persone, decide di prendere di mira proprio te, accanendosi con tutta la perfidia cosmica di cui è capace e lasciandoti interdetto. “Ma picchì proprio a mmia?”.
Nel suo “Nuovo dizionario siciliano-italiano”, Vincenzo Mortillaro definisce la camurria “una sorta di malattia, scolagione celtica, virulenta, contagiosa, venerea”, facendo risalire l’origine del termine a una deformazione di gonorrea, malattia a trasmissione sessuale che era un tempo di lunga e difficile cura.
Era il 1876, ma la definizione è ancora attualissima e riesce a rende meglio di qualsiasi sinonimo l’essenza prima e ultima della camurria: una gonorrea dello spirito.
molto interessante .vorrei SUGGERIRE A PROPOSITO DI CALIA L’ESPRESSIONE ALLASCA I MANI DU CALIATURI.aNCHE SE RITENGO CHE ALLASCARE SIA PIU’ CATANESE L’ESPRESSIONE VIENE USATA MOLTO DAI MESSINESI.
Cutuliari
A casa mia, “che ciolla vuoi?” si usa eccome.
Mi sorprende anche che a un linguista sia sfuggito che la ripetizione del termine produce una frase di chiara rivendicazione di mascolinita:”c’ho la ciolla!”
Ahah, bellissimo ”c’ho la ciolla!”