Trentesima puntata della rubrica dei personaggi dimenticati dalla toponomastica messinese. Le altre le potete trovare qui.

È fresco di stampa un libro pubblicato da Einaudi intitolato “Addio Lugano bella – Storie di ribelli, anarchici e lombrosiani”, biografia di Pietro Gori. Il titolo è un chiaro omaggio alla canzone Addio Lugano bella, tra le ballate anarchiche più popolari e conosciute. Inno nostalgico di generazioni di libertari e sognatori fu scritto, sotto forma di poesia, da Pietro Gori durante la sua prigionia in Svizzera nel 1895 e pubblicata nel 1896 in un bollettino ufficiale del governo cantonale ticinese, sotto la voce «Saggi di letteratura di delinquenti e d’anarchici».

Ernesto Antonio Giuseppe Cesare Augusto Pietro Gori nasce a Messina il 14 agosto 1865, tra la chiesa di Santa Barbara e l’adiacente monastero di Santa Maria di Malfinò in contrada San Mercurio, presso l’attuale via del Vespro. Battezzato con tutti quei nomi per volere dei genitori toscani: il padre Francesco, capitano d’artiglieria e simpatizzante mazziniano (il nonno Pietro ufficiale napoleonico) e la madre Giulia Lusoni. Compiuti i tredici anni, nel 1878, la famiglia ritorna in toscana e si trasferisce a Livorno, dove entra in contatto prima con ambienti monarchici e successivamente con il movimento anarchico. Nel 1889, Pietro Gori si laurea a Pisa in giurisprudenza con il massimo dei voti e la lode, discutendo una tesi di sociologia criminale intitolata “La miseria e il delitto”; suo relatore il giurista e accademico italiano Carlo Francesco Gabba.

Nel novembre dello stesso anno pubblica, sotto lo pseudonimo di Rigo (anagramma del suo cognome), un primo opuscolo – “Pensieri ribelli” – contenente i testi delle prime conferenze. La pubblicazione gli fruttò il sequestro dell’opuscolo e l’arresto per «istigazione all’odio di classe», accusa dalla quale uscì assolto grazie anche ad un nutrito stuolo di legali – compagni di università e professori – che ne assunsero la difesa. La notizia dell’arresto decretò peraltro il successo del pamphlet, stampato in 1500 copie.

Il 13 maggio dell’anno successivo, Pietro Gori viene nuovamente arrestato perché considerato tra gli organizzatori delle manifestazioni del primo maggio a Livorno, con le accuse di «ribellione ed eccitamento all’odio fra le diverse classi sociali» e di «eccitamento allo sciopero e resistenza all’autorità». È il periodo in cui si risveglia la coscienza di classe e la classe operaia e contadina avanza i primi diritti di base, rispetto a padroni e latifondisti. Condannato ad un anno di reclusione (pena poi annullata in Cassazione) rimase in carcere, prima a Livorno e poi a Lucca, fino al 9 novembre.

“Addio Lugano bella o dolce terra pia
cacciati senza colpa gli anarchici van via
e partono cantando con la speranza in cuor.
Ed è per voi sfruttati per voi lavoratori
che siamo incatenati al par dei malfattori
eppur la nostra idea è solo idea d’amor.
Anonimi compagni, amici che restate
le verità sociali da forti propagate
è questa la vendetta che noi vi domandiam.
Ma tu che ci discacci con una vil menzogna
repubblica borghese un dì ne avrai vergogna
noi oggi ti accusiamo in faccia all’avvenir.
Cacciati senza tregua andrem di terra in terra
a predicar la pace ed a bandir la guerra
la pace tra gli oppressi, la guerra agli oppressor.
Elvezia il tuo governo schiavo d’altrui si rende
d’un popolo gagliardo le tradizioni offende
e insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell.
Addio cari compagni amici luganesi
addio bianche di neve montagne ticinesi
i cavalieri erranti son trascinati al nord.“

Oratore straordinario, era uno dei pochi intellettuali della galassia anarchico-socialista toscana capace di parlare al popolo, operai, braccianti e borghesi illuminati stufi della repressione monarchica. Seguono gli anni milanesi dove esercita la professione di avvocato presso lo studio di Filippo Turati, e i continui esili. Viene accusato praticamente di tutto, persino di essere l’ispiratore dell’attentato al presidente della repubblica francese Sadi Carnot. Si rifugia in Svizzera, ma anche qui, nel 1895, deve fuggire. Prima di abbandonare il paese scriverà la struggente e poetica Addio Lugano bella, una canzone che rivela tutto il genio e la sensibilità di Pietro Gori, del grande cuore, della voglia di combattere. La stessa sarà in futuro di ispirazione anche per Ivan Graziani, nella canzone Lugano addio.

Addio Lugano bella con G. Gaber, E. Jannacci, L. Toffolo, O. Profazio, S. Pisu

Le persistenti difficoltà a procurarsi mezzi di sostentamento lo convincono ad accogliere l’invito dell’agitatore socialista olandese D. Niewenhuis a recarsi ad Amsterdam, ma, avendo problemi con la lingua, decide dopo poco di rientrare a Londra. Da lì s’imbarca come semplice marinaio sulla “Neuland”, navigando per i mari del Nord prima di approdare a New York.

Inizia un’intensissima attività di conferenziere e di propagandista politico attraverso le principali città degli Stati Uniti e del Canada. Tiene più di 400 conferenze, trattando di politica, poesia, cultura, filosofia, morale, geografia, facilitato dalla padronanza delle lingue francese, inglese e spagnola. A Paterson, roccaforte anarchica del New Jersey, contribuisce alla fondazione della rivista ‘’Questione sociale’’.

Nel 1898, all’inaugurazione del monumento ai martiri delle Cinque giornate di Milano, Pietro Gori, acclamato dalla folla, improvvisa un discorso non autorizzato; tale intervento figura fra i principali capi d’accusa nel processo che seguì i moti popolari scoppiati nel corso di quello stesso anno. Gori viene condannato a 12 anni di carcere, in contumacia, dal momento che aveva già provveduto a espatriare. Raggiunta Marsiglia s’imbarca per Madera e successivamente per il Sudamerica, soggiornando a Santos, a Rio de Janeiro e infine a Buenos Aires. Qui tiene corsi di sociologia criminale all’università, fonda e dirige la rivista Criminologia moderna, alla quale collaborano tra gli altri C. Lombroso, G. Ferrero ed E. Ferri. È anche tra i promotori della Federacion obrera regional argentina.

Nel 1903, grazie all’amnistia che cancellava la pena del 1898, fa ritorno in Italia. Nello stesso anno fonda con L. Fabbri la rivista ‘’Il Pensiero’’, sulla quale ebbe modo di esprimere in modo organico la sua concezione del socialismo, dell’anarchismo e della lotta sindacale. Dopo aver compiuto nuovi viaggi in Egitto e in Palestina, Pietro Gori, colpito anche da un malattia tropicale, si ritira nuovamente sull’isola d’Elba dove fa da animatore dello sciopero dei minatori ed è tra i promotori della Camera del lavoro aderente all’Unione sindacale italiana.

Tra le sue composizioni più note l’Inno dei lavoratori del mare, l’Inno del Partito Socialista Anarchico, l’Inno della canaglia, l’Inno del Primo Maggio (o Vieni, o Maggio/Canzone del Maggio, Stornelli d’esilio, Amor ribelle, Addio compagni addio (Canto dei coatti), La ballata di Sante Caserio. Scrisse anche alcuni opuscoli propagandistici, opere poetiche (Alla conquista dell’avvenire, Prigioni e battaglie) e drammi teatrali (Senza patria e Proximus tuus) che ottennero vasti consensi di critica e di pubblico.

Il 7 gennaio del 1911 a Portoferraio, capoluogo dell’Isola d’Elba, in una giornata uggiosa, la tubercolosi sferrò l’ultimo affondo. Pietro lottò sino alle 6.30 del mattino dell’8 gennaio poi si arrese, a 46 anni, come un eroe romantico, morendo tra le braccia della sorella Bice e dell’amico Pietro Castiglioli, operaio anarchico di Piombino.

Di vie, piazze, giardini, dedicati a Pietro Gori ne troviamo praticamente in tutto il mondo. L’unico segnale a ricordo in Provincia di Messina, sua terra natia, è la Biblioteca privata di studi sociali “Pietro Gori” a Tipoldo, fortemente voluta da Sandro Zappalà, allora docente dello Jaci di Messina, Michele Stupia, professore di storia dell’anarchismo presso l’Università di Messina, e Placido La Torre, avvocato esponente di spicco della Federazione Anarchica Italiana, noto tra l’altro per essere stato membro del collegio di difesa durante il processo sulla strage di Piazza Fontana.

FiGi

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