MESSINA. Le partecipate sono una specie di pozzo senza fondo che Palazzo Zanca si porta appresso da almeno vent’anni, e qualsiasi tentativo di porre un rimedio si è dimostrato non particolarmente incisivo. Lo testimonia la relazione della Corte dei conti alle misure del piano di riequilibrio del comune di Messina, parlando esplicitamente di “insoddisfacente quadro informativo riguardante gli organismi partecipati e all’ eventuale presenza di oneri latenti dalle stesse derivanti”.

Il problema è talmente complesso (e di lunghissimo corso) al punto che nemmeno al Comune pare sappiano che pesci pigliare: “l’elenco degli organismi partecipati esistenti al 31 dicembre 2019, inoltrato in esito alla richiesta istruttoria volta ad ottenere un quadro completo, contiene il riferimento a soli 17 soggetti”, mentre le partecipate risultano 22, e comunque emerge un “insoddisfacente quadro informativo riguardante gli organismi partecipati e all’ eventuale presenza di oneri latenti dalle stesse derivanti”, spiega la Corte dei conti. Un problema che non riguarda solo i debiti lasciati da Messinambiente (fallita) Atm e Ato (liquidate) e altre , ma che coinvolge anche le nuove società, create da De Luca e immacolate: i magistrati contabili calcolano “perdite subite dalla società ATM spa e dall’azienda speciale Messina social City rinviate al 2021″.

Di che cifre si parla? Di oltre 130 milioni di euro: “passività riferite alla copertura delle perdite di esercizio delle partecipate e all’accollo dei debiti verso terzi iscritti nei bilanci di queste ultime (+ 67.916.933,66), fino a giungere al significativo importo di euro 132.351.988,58”, scrive la Corte dei conti. Un buco nero del quale non si sa esattamente cosa fare, dato che, per i magistrati contabili, “non si tratta di debiti “fuori” dal bilancio dell’ente locale, nel cui ambito non avrebbero di per sé dovuto transitare, ma di debiti eventualmente “fuori” dai bilanci delle partecipate”, e che non potrebbero rientrare nel piano di riequilibrio del Comune. Un casino talmente grande che la Corte dei Conti sente il bisogno di sottolineare che “si sono rilevati diversi tratti di opacità riguardanti il rapporto con le partecipate, non superati neppure in sede d’istruttoria, data l’insufficienza delle risposte ottenute”

Infine, un curioso appunto, che testimonia la confusione (matematica, proprio) che regna in materia di partecipate: “L’esame della documentazione, anche per quegli enti di cui sono stati forniti i prospetti, non consente un’agevole ricostruzione dei rapporti dei debiti e crediti, dal momento che la loro somma algebrica, in alcuni casi, non corrisponde esattamente al relativo saldo complessivo

 

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