MESSINA. Quattro anni fa, il governo allora presieduto dal premier del M5s Giuseppe Conte dichiarava tutta l’Italia “zona rossa”, istituendo, per la prima volta nella storia contemporanea, il regime di lockdown, chiusura totale (più o meno) di tutte le attività, come misura di contenimento della pandemia da coronavirus che in quei giorni dilagava tra le province di Bergamo e Brescia, facendo contare un numero di morti da covid-19 oltre ogni scala. Per Messina, nonostante un numero di contagi in proporzione bassissimo (come in tutto il mezzogiorno d’Italia), le cose si sono ulteriormente complicate, e le ordinanze dell’allora sindaco Cateno De Luca la fecero diventare una specie di zona “super rossa”, con chiusure e divieti di attività che altrove erano invece consentite. Un principio precauzionale che De Luca portò alle estreme conseguenza più o meno due settimane dopo l’inizio del lockdown, col blocco dello Stretto di Messina (che blocco non era, sia perchè non era possibile per legge, sia perchè lui stesso spiegava candidamente di non averne le competenze e le giurisdizione necessaria), decisione poi reiterata (con gli stessi risultati) nei primi giorni di aprile. Il blocco era comunque di là da venire. Prima, Messina (come la Sicilia, l’Italia, il mondo) ha dovuto prendere coscienza coscienza di una realtà parallela, iniziata alle 21.45 del 9 marzo 2020, col primo dpcm che chiudeva l’Italia a casa


Giorno uno: 10 marzo

Sono trascorse poche ore dal decreto firmato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri che sancisce lo stop a… tutto, fermando l’Italia per la prima volta nella storia contemporanea. A Messina, prendere posizione è il sindaco di Messina Cateno De Luca, che per la prima volta utilizza la parola “coprifuoco”. “Ci sarà un piano per il controllo del territorio. La situazione emergenziale necessita di prese di posizione decise, per qualcuno impopolari. Chi vuole è libero di impugnarle, prendendosi le consequenziali responsabilità”, aveva spiegato De Luca in una delle prime dirette fiume che ogni sera, alle 19, il sindaco trasmetteva dal centro operativo di crisi della Protezione civile, di volta in volta con gli assessori coinvolti nei processi decisionali (quasi sempre Dafne Musolino e Max Minutoli). Subito dopo il dpcm del 9 marzo, infatti, De Luca pubblica una sua ordinanza, più restrittiva di quella governativa, che prevedeva, per esempio, difformità su determinate categorie merceologiche e studi professionali, che in Italia erano aperti ma a Messina dovevano rimanere chiusi, e contrazioni nell’orario di apertura dei negozi di alimentari (anche qui con bizzarre distinzioni: il pane era possibile produrlo anche dopo le 18, la focaccia no). Le differenze tra il Dpcm e l’ordinanza riguardavano anche altri aspetti, quali la mobilità. A Messina e provincia, nel frattempo, i casi registrati di contagio sono sei (anche se ufficialmente la Regione ne comunica due, quelli validati dall’istituto Spallanzani di Roma). Da un giorno all’altro, le strade si svuotano e su Messina cala il silenzio.


Giorno due: 11 marzo

Mentre si continua a discutere di imminenti provvedimenti da parte del Governo, ormai pressoché certi, Cateno De Luca annuncia un’ordinanza “che vieta a tutti di uscire dalle proprie abitazioni. Sarà prevista la chiusura di tutte le attività, pubbliche e private sino al 3 Aprile. “Vieterò a tutti di uscire di casa”, dice annunciandolo in diretta facebook. “L’ordinanza – spiega – entrerà in vigore entro dopodomani. A tutti saranno date 24 ore di tempo per adeguarsi alle nuove misure”. La sera stessa è lo stesso primo cittadino, nel corso di una diretta molto seguita, a spiegare nei dettagli i contenuti del provvedimento: pesanti limitazioni negli spostamenti (se non “per esigenze lavorative, di salute o necessità”) ma anche sospensione di ogni esercizio commerciale, studio o impresa che non operino in urgenza o pronto intervento. In pratica resteranno aperti solo gli alimentari. È una misura che un sindaco può emanare? “Non sto contrastando un provvedimento del governo, la sto amplificando”, spiega De Luca, citando nello specifico l’articolo 35 del decreto legislativo 53, che rende nulla qualsiasi ordinanza in contrasto con le misure nazionali (e che secondo il sindaco “mina quella che è la funzione dei sindaci sul territorio”). Un paio di ore dopo, come previsto, arriva l’intervento del Governo, che risponde in maniera affermativa alle richieste di interventi ancora più netti per arginare il Covid-19 con l’emanazione di un ulteriore decreto che inasprisce ulteriormente le misure per contenere il contagio da coronavirus contenute nel precedente. Rispetto all’ordinanza emessa dal sindaco, tuttavia, ci sono parecchie differenze (tutte elencate qui). I casi di contagio salgono a otto, tutti ufficiali.


Giorno tre: 12 marzo

In città scoppia la polemica, con numerosi interventi polemici e prese di posizione inerenti anche i toni utilizzati dallo stesso sindaco. Ad alimentarle ci pensa lo stesso De Luca, che definisce i provvedimenti del Governo “acqua fresca”. In serata la svolta, quando la Perfetta Maria Carmela Librizzi, come prevedibile, ritiene che l’ordinanza contenga misure in contrasto col decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri firmato la sera prima. Quanto basta perchè l’ordinanza sia “affetta da inefficacia”, come stabilisce Palazzo del Governo. Il giorno successivo il chiarimento, e De Luca, pur ribadendo il “suo” coprifuoco, rimodula l’ordinanza nelle parti “in contrasto con i provvedimenti di contenimento e gestione dell’emergenza”. Non è passata nemmeno mezza settimana, e De Luca ha trovato il tempo di emanare una prima ordinanza, farsela dichiarare inefficace dalla Prefettura perchè in contrasto coi dettami del decreto della presidenza del consiglio di ministri (e con la Regione Siciliana), chiedere delucidazioni, ottenerle, e poi adeguarsi (come prevedibile) a quanto stabilito dal Governo, limitandosi a normare gli orari di apertura e chiusura.


Giorno quattro: 13 marzo

Mentre in città cresce l’incertezza su cosa è consentito fare e cosa no, proseguono gli scontri politici. A intervenire sono anche vari consiglieri comunali, che chiedono al sindaco di procedere con la sanificazione delle strade e di interrompere il pagamento dei tributi comunali, seguendo l’esempio di tantissimi comuni della Sicilia e del resto d’Italia, mentre Messina è ancora ferma al palo. Suggerimenti accolti in parte da De Luca, che la sera stessa, nell’ormai consueta diretta, anticipa futuri interventi. A tenere banco, tuttavia, è l’ordinanza coprifuoco, che il sindaco si trova costretto a modificare per non entrare in contrasto con le misure nazionali. Il nuovo documento, in pratica, introduce un orario di apertura e chiusura differenziato a seconda della categoria merceologica (rischiando però di creare un maggiore assembramento). “Non cerchiamo lo scontro con nessuna figura istituzionale”, spiega il sindaco, dopo aver passato tre giorni a scrivere ordinanze in contrasto con il decreto (e a farsele rendere inefficaci) Le polemiche tuttavia non si placano: sono infatti molte le perplessità emerse da più fronti, dai possibili contrasti con l’ordinanza regionale firmata dal governatore Nello Musumeci, agli orari di apertura e chiusura, che potrebbero creare più problemi di quanti non ne risolvano. A far discutere è anche la questione posti letto in terapia intensiva sollevata da De Luca, che ha riportato “fonti informali” parlando di appena 10 posti disponibili in tutta la provincia di Messina, salvo poi raddoppiare il numero la sera stessa (“Io non so se i posti letto sono realmente 20 a Messina e provincia come dice informalmente qualcuno”). Cifre comunque diverse da quelle della Regione, in cui si è deciso di attrezzare 1000 posti letto in tutta l’isola, utilizzando anche la rifunzionalizzazione di alcune strutture all’epoca utilizzate per altre mansioni.


Giorno cinque: 14 marzo

La situazione non si placa nemmeno il giorno successivo, a causa anche dei numerosi interventi dello stesso De Luca, che dopo un primo periodo all’insegna di una (insolita) sobrietà istituzionale, alza i toni,  con vari post corredati da vignette satiriche e contenuti forti. In serata la nuova diretta, in cui annuncia altri cambiamenti, nonostante spieghi che “il coprifuoco resta”. Rispetto agli orari di chiusura illustrati la sera prima, infatti, ci sono ulteriori modifiche: in realtà, la nuova ordinanza non è nemmeno vicina a un coprifuoco, recependo le norme nazionali per gli spostamenti. Nell’ordinanza cambiano ancora gli orari, diversi da quelli annunciati nella diretta della sera precedente, mentre gli esercizi commerciali rimangono quelli previsti dal decreto della presidenza del consiglio dei ministri. La contrazione degli orari di apertura, segnalano in molti, causa in realtà più problemi di quanti non ne risolva, perchè se 100 persone spalmate per 10 ore fa 10 persone all’ora, se l’orario si riduce, e la gente resta quella perchè comunque la spesa deve pur farla, si creano più assembramenti, che è ciò che si dovrebbe evitare. Durante l’intervento c’è spazio per altre polemiche, sia nei confronti del Governo sia verso il presidente della Regione Musumeci, in relazione all’ordinanza sull’attraversamento nello Stretto, che, secondo De Luca, “non tiene conto dei pendolari” per le numerose restrizioni contenute. Nel frattempo, nell’ordinanza regionale viene inserita la possibilità di dirottare tutto il traffico veicolare alla rada San Francesco, chiudendo il porto di Tremestieri al traffico pesante diretto a Villa. In mattinanata a Messina arrivano i treni dei siciliani residenti al nord: una lunga serie di controlli, poi l’assessore regionale ai Trasporti Marco Falcone sbotta: “fermarli tutti”. La sensazione, confermata dai fatti, è che si navighi a vista (circostanza che accomuna pressochè tutte le nazioni)


Giorno sei: 15 marzo

L’ordinanza “coprifuoco” entra finalmente in vigore, seppur molto diversa rispetto alla prima versione. Quanto accaduto in questi giorni, tuttavia, lascia i suoi strascichi, portando 34 cittadini ad appellarsi al Premier Giuseppe Conte, alla Ministra degli Interni Luciana Lamorgese, al Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci e alla Prefetta di Messina Maria Carmela Librizzi per chiedere la rimozione di De Luca, considerato inadeguato a gestire la situazione. “Riteniamo di essere in presenza di reiterate violazioni di legge e di una rottura, sistematica e volontaria, del principio di leale collaborazione che sovrintende costituzionalmente al dialogo tra livelli istituzionali”, scrivono, suscitando la reazione del primo cittadino: “Non sono preoccupato per la mia posizione di sindaco, sono un uomo coscienzioso e responsabile”, ribatte, accusando i firmatari di sciacallaggio. Nel frattempo, mentre altrove è partita già da una settimana, inizia la sanificazione delle strade e degli ambienti cittadini. In serata, De Luca annuncia che ci saranno nuovi provvedimenti. Nel frattempo, in città il tempo sembra essersi fermato: strade deserte, atmosfera spettrale, aria da fine del mondo imminente: nonostante i numeri bassissimi in Sicilia, dalla parte opposta dell’Italia, i morti si accumulano, e l’immagine dei camion militari pieni di bare compiono il giro del mondo, e fanno venire i brividi lungo la schiena. I tamponi sono roba per pochi, la capacità di effettuarli è ridicola (perchè tutto il mondo cerca i reagenti, e nessuna società farmaceutica ne aveva in numero sufficiente, ed era necessario inviarli all’ospedale Spallanzani di Roma), e l’incognita dei posti letto in terapia intensiva covid preoccupa e alimenta polemiche. La prima settimana di lockdown, quella che sarà studiata nei libri di scuola, termina così. Con molti, moltissimi punti interrogativi, e un futuro che più tetro non si può. E ripercorrerla tre anni dopo sembra un film

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