MESSINA. Tutto pronto per il secondo appuntamento in città con la rassegna siciliana Onda Pop, che presenterà, sabato 9 marzo, al Mind House di Palermo, e domenica 10 marzo, al Retronouveau di Messina, lo spettacolo “Qualcuno di cui parlare”, scritto e interpretato da Alberto Bebo Guidetti. Storico componente, nonché tra i membri fondatori nel 2009, de “Lo Stato Sociale”, Bebo, è stato da sempre attivo nel campo redazionale, in quello letterario e sociale, amando tanto, oltre alla musica, scrivere, viaggiare ed andare a pesca. Anima politica della band, oltre agli innumerevoli concerti, tour e alle due date di Sanremo, con “Una vita in vacanza” nel 2018 e con “Combat pop” nel 2021, ha lavorato in radio, ha scritto libri e graphic novel, ha ideato la rivista “Fantastico!Nomi. Cose. Città”, è stato attore protagonista di vari reading, tra cui “Gola” di Mattia Torre, e domenica sera, sarà sul palco del live club di via Croce Rossa n.33, con il suo spettacolo “Qualcuno con cui parlare”, con cui sta girando in tour tutta l’Italia. Occhiali, barbetta brizzolata, un sorriso buono e una grandissima passione per le parole, messe nere su bianco, in sei monologhi che, in circa 60 minuti, vi racconteranno affetti, disavventure, domande mal poste e divagazioni su artisti brasiliani, in uno spettacolo senza scenografie, luci o artifici vari, in cui compaiono solo un microfono, qualche foglio, ed un tizio che parla, proprio per sottolineare il passo di un autore che ha sentito l’ esigenza di togliersi una maschera di dosso ed eliminare qualsiasi possibilità di nascondersi. In poche parole, vi sembrerà, di entrare in un bar ed incontrare un vecchio amico, che ha bisogno di parlare, con cui, tra un bicchiere e l’altro, scoprirete che è possibile ridere di qualunque cosa o quasi. “Ho passato 38 anni proteggendomi dietro alle persone che amo, facendomi forza delle parole di grandi autori e tenendomi compagnia con gli amici più cari che ho – precisa Bebo – c’ ero sempre e, in qualche modo, non c’ ero mai. Per questa volta ho deciso di fare un passo in avanti e diventare me stesso”. (Apertura porte ore 20.30, inizio show ore 22.30, prevendite online o al botteghino del locale fino ad esaurimento capienza) 

Come e perché nasce “Qualcuno con cui parlare”?

“Il percorso di scrittura di “Qualcuno con cui parlare” è stato quasi irrazionale, inconscio. Nel senso che ad un certo momento mi sono ritrovato ad avere pronte diverse cose che parlavano per la prima volta, in maniera coerente, della mia vita e di quello che sono io. Argomenti che pubblicamente non ho mai trattato troppo, poi i social network aiutano più o meno a farci gli affari degli altri, quindi si sa che sono sposato, che vivo a Roma, ma non mostro nulla di più. Quando mi esprimo pubblicamente, da sempre, lo faccio per trattare dei temi di interesse largo, come in generale la politica. Sono arrivato però ad un punto della vita in cui mi sono detto che avevo bisogno, ed anche forse piacere, 50 e 50 diciamo, di raccontare un po’ di più quella che è la mia testa, anche dal punto di vista emotivo, e quindi ho cominciato a lavorare in maniera più congrua su tutte quelle robe che mi era venute fuori negli ultimi anni. Ho cercato di farle stare ben una accanto all’ altra, anche se poi non hanno una continuità narrativa, ma nell’ arco dal minuto 0 al minuto 60, quando si conclude il tutto, costruiscono un racconto coerente. Mi sono ispirato principalmente a quelle che sono le raccolte di racconti di autori, molto più grandi, molto più famosi e capaci di me, che funzionano sempre in questa maniera. Insomma si mettono insieme delle cose che non costituiscono una trama, ma poi quando finisci il libro hai la percezione di aver vissuto all’ interno di un mondo narrativo: questo è quello che mi interessava fare.”

Lo spettacolo ruoterà, quindi, solo attorno alla tua vita privata o toccherà anche altri argomenti?

“Passo molto tempo sulla mia vita privata, tant’è che nei pochi secondi che faccio da introduzione al monologo lo esplicito. Negli anni mi sono reso conto di non essere capace di fare tante cose che faccio di mestiere, nel senso di non essere professionalizzato, come si intenderebbe essere per la professione del musicista o dell’insegnate come quando tengo corsi in accademia, ect ect, però la cosa che mi viene bene è raccontare delle storie, e quindi ho cercato di raccontarne, per la prima volta, una mia, che fosse solo mia. E lo dico tranquillamente: sono 60 minuti di cazzi miei. Però all’ interno della mia storia ci sono dei temi che apro, dunque, l’ambizione è quella che ci siano dei tempi universali. Di conseguenza non è tanto “mi piace la carbonara” o “mi piacciono i tortellini”, ma “mi sono successe delle cose che possono succedere a tutti”. È come andare a spacchettare un po’ cosa vuol dire farsi succedere addosso delle cose, viverle, e poi restituirle. Lo stratagemma è proprio quello dell’amico che incontri al bar e ti racconta gli affari suoi.” 

Il condividere, in un periodo storico come il nostro, può servire, spesso, a far sentire meno soli, meno sbagliati, e più compresi. Quant’ è importante il potere della condivisione? 

“Esatto, anche se io, poi, sono un po’ diviso sotto questo punto di vista. È molto importante per me la faccenda della condivisione, del raccontarsi. Raccontarsi chiunque esso sia. È figo, è interessante, è utile. Dall’ altro lato però è anche vero che non bisogna cadere in una replica di quello che sono poi i mezzi di comunicazione, che siano i social network o altri, dato che sono tutti mezzi unidirezionali. È chiaro che anche uno spettacolo è unidirezionale, però la cosa che mi interessa è che in realtà ci sono più domande che risposte nei miei monologhi. Il mio obiettivo è interrogare interrogandomi, provare a creare un dubbio o una dispercezione su un certo tema, e questo è tutto quello che invece, ovviamente, non succede e non può succedere con un qualunque mezzo di comunicazione, che per status è direttivo. Perché ci sono gli influencer? Perché non essendoci possibilità di replica o interazione reale, quello che dicono è l’unica realtà che mostrano, e soprattutto l’unica realtà dimostrabile. Quindi con questa esagerazione di direttività siamo arrivati ad avere gli influencer dei diritti, che trovo una roba ridicola ed allucinante. Sono delle figure che magnificano come funziona l’universo attorno a noi: tutti che ti dicono come devi vivere, cosa devi pensare, come ti devi vestire, come devi immaginare, cosa è giusto dire, cosa non è giusto dire, senza poi in realtà avere due cose che credo che siano fondamentali. Ovvero: insinuare il dubbio nella loro stessa teoria ed avere un minimo di approccio scientifico. Per intenderci, per parlare di femminismo, non basta essere femministi, bisogna essere etnologi, sociologi, antropologi, e ci sono molte Facoltà universitarie che ti aiutano a formarti, così come per essere musicista per davvero, non basta come ho fatto io stare attaccato vent’ anni ad uno strumento ma, ci sono i corsi ed i conservatori.” 

L’ ironia e l’autoironia saranno delle componenti presenti all’ interno del tuo spettacolo?

“Ce ne sarà abbastanza, in particolare in un pezzo. Un pezzo più diverte, più leggero, che viene dopo uno che invece un po’ ti massacra. Non è proprio l’idea di ironia o autoironia, quanto più l’idea di non prendersi troppo sul serio. Non amo prendermi sul serio, anzi ho un problema forse con il prendere sul serio le cose, quando sono una persona generalmente seriosa (che però è una cosa un po’ diversa). Quindi quando parlo di certe cose, sono io stesso il primo che alzerebbe la mano per dire “sì però anche un po’ meno” o “ma che cazzo stai a dì”, non sarà, infatti, un caso se mi sono trasferito a Roma. All’ interno dello spettacolo, di conseguenza, infatti, c’ è molto margine nel mettere io stesso in dubbio ed in critica quello che ho appena finito di dire.” 

Tre motivi per andare a vedere “Qualcuno con cui parlare”?

“Questo spettacolo è un buon antidoto alla solitudine, e secondo me è un buon primo motivo: dobbiamo stare un po’ attenti a quest’ epoca storica in cui ci crediamo in contatto con le persone, ma rischiamo poi di rimanere isolati. Come secondo motivo direi che venire a vedere “Qualcuno con cui parlare” è anche un gesto di libertà: perché è vero che per 60 minuti io vi chiedo attenzione, quindi in poche parole siete miei schiavi all’ ascolto, però nello stesso tempo vi liberate la mente dalla frenesia del lavoro, del telefono, etc. Ho sempre creduto che il cinema, così come la musica dal vivo, i monologhi, sono interessanti perché ti portano altrove, ti danno un buon pretesto per evadere.  Ed il terzo è che noi bolognesi raramente usciamo da casa e quando arriviamo fuori son tutti stupiti di come parliamo.” 

Ponte sullo Stretto di Messina: si o no? 

“È presto detto: ci sono tante cose belle e utili che si possono fare per questo Paese. E senza dire in modo diretto no, che poi è la mia risposta, dico: ma noi perché dobbiamo dire di no? Perché dobbiamo tutelare il territorio su cui viviamo, qualunque esso sia: che siano le Alpi o gli Appennini senza neve, che sia la Pianura Padana il posto più inquinato d’ Europa, che sia Roma dove non c’ è il ricircolo d’ aria ed abbiamo problemi con la spazzatura, che sia il mare perché ci scarichiamo dentro di tutto, che siano le nostre coste dove già ci sono vagonate di cemento. È brutto fare i conti in tasca, dal dopoguerra ad oggi, in un posto dove non vivo ma dove ci sono stato tante volte, direi che abbiamo già cementificato un po’ troppo, abbiamo già dato, servirebbe sistemare altro.”

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