Bisòlo

 

La dimostrazione più emblematica che le tanto discusse classifiche del “Sole 24 Ore” e di “Italia Oggi” siano del tutto falsate, lo dimostra l’assenza, fra i criteri presi in esame per valutare la qualità della vita, della quantità di bisoli presenti in città. Perché va bene il Pil pro capite, passi per le aree verdi, le piste ciclabili e la qualità dell’aria, ma trascurare un elemento cardine del vivere civico è una mancanza imperdonabile e barbarica che ci condanna costantemente alle ultime posizioni.

Elemento d’arredo architettonico, il bisolo è una sporgenza in muratura, di solito un parallelepipedo, in grado di trasformare qualsiasi strada, piazza o giardino in un salotto all’area aperta. Utilizzato indifferentemente da vecchi con la coppola e ragazzini in comitiva, rappresenta da secoli l’alternativa proletaria ai tavolini borghesi, offrendo riparo e conforto alle terga stanche di autoctoni e turisti.

Per il messinese, il bisolo è una versione in miniatura dell’agorà ellenica, luogo in cui ci si riuniva per decidere le sorti di “polis” e cittadini. Una pratica che il messinese ha mutuato: parla, argomenta, conta passate, racconta e cuttiggia, nella immotivata convinzione che tutto questo sia di qualche utilità alla sua polis, ai cittadini, ma anche al mondo in generale. Il problema è che la democrazia diretta all’ateniese funzionava perché in trecento discutevano ed in trentamila, perlopiù schiavi, lavoravano. E a Messina di schiavi non ce n’è. I bisoli invece abbondano.

 

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Giuseppe Carcione
27 Luglio 2017 18:44

Bastasu e babbannacchiu!