MESSINA. All’indomani di ogni evento meteorologico straordinario (sempre più frequente) che anche se non estremo come quello di Giampilieri e Scaletta del 2009, o dell’Annunziata e di Pace del 1997 e 1998, riesce comunque a far danni alle cose (e fortunatamente non alle persone), subito dopo la conta dei danni, e il sospiro di sollievo perchè non c’è scappato il morto, si scatena la caccia al responsabile. Di chi è la colpa?

Il primo indiziato, come sempre, è il Comune, ente territoriale che il cittadino sente più prossimo e verso il quale riversa ogni aspettativa e quindi responsabilità, quando l’aspettativa è disattesa. In realtà, il Comune è certamente responsabile della pulizia di strade, tombini, grate e caditoie, che dovrebbero essere libere per permettere all’acqua di scorrere sotto le strade, nei sistemi di raccolta delle acque bianche e nei “canali fugatori”, e non sopra, causando allagamenti e inondazioni, così come dovrebbe essere responsabile della posa di asfalti drenanti (come quello in viale Boccetta) che assorbano l’acqua invece che lasciarla scivolare a valle, e di una adeguata progettazione delle opere infrastrutturali, con un attento calcolo di pendenze e complanarità, in maniera che non si verifichino pozze d’acqua, ristagni o zone senza sbocchi per la pioggia caduta. Cosa che sovente non avviene: i tombini e le grate sono otturati, le strade sono piene di buche e rattoppi che al primo acquazzone si sbriciolano, rilevando altre buche e altri rattoppi (ad libitum), le opere pubbliche sono spesso drammaticamente mal pensate e peggio realizzate (emblematica è la via Don Blasco, inaugurata più volte in pompa magna e puntualmente allagata a ogni pioggia nemmeno particolarmente forte), o programmate e poi cadute nel dimenticatoio, come il sistema di razionalizzazione della raccolta delle acque che dovrebbe impedire a Ganzirri di allagarsi pressochè ad ogni temporale.

Per i torrenti il discorso è diverso e complicato, perché oltre alle disfunzioni croniche, arriva anche la burocrazia a incasinare le cose. In breve, che la questione è ingarbugliatissima: la giurisdizione sui corsi d’acqua è (quasi) sempre regionale: L’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia effettua la programmazione a livello regionale, e opera sul territorio tramite il servizio “Demanio idrico fluviale e pulizia idraulica”, ma al di fuori del centro urbano, e per opere di manutenzione straordinaria, e questo dal 2018. Quella ordinaria, quindi pulizia dai rifiuti (soprattutto quelli ingombranti: i torrenti sembrano essere la discarica d’elezione per chi vuole disfarsi di frigoriferi, armadi, cucine, lavatrici…) e scerbatura da arbusti e canneti, è compito del Comune, ma solo all’interno del centro urbano. A questa distinzione si è arrivati dopo una lunga battaglia a colpi di ricorsi e ordinanze che risale al 2015. A stabilirlo è stata una sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche, che ha specificato che “vengono sancite di competenza ordinaria dell’amministrazione comunale e dell’assessorato regionale Territorio e Ambiente“.

Ricapitolando: sulla stessa porzione di territorio intervengono competenze di Comune, assessorato regionale al Territorio, autorità di bacino e servizio demanio idrico. E talvolta entra in gioco anche il Genio Civile, che si occupa solo di interventi straordinari, e solo per questioni di protezione civile. Le funzioni di protezione civile però possono (anzi, devono) essere esercitate anche dal Comune, che avrebbe il potere di impedire l’accesso ai torrenti in occasione di eventi che comportino pericolo idrogeologico, come indicato dal piano comunale di protezione civile.

Un’ulteriore complicazione è data dal fatto che, a Messina, dal momento che i torrenti sono utilizzati come strade (e parcheggi), e in quanto tali ricadrebbero interamente sotto la cura dell’amministrazione comunale, si innestano anche questioni di protezione civile: la legge che sancisce il divieto di costruire qualsiasi cosa lungo gli argini dei torrenti è addirittura del 1904, era un decreto del re. In centoventi anni a Messina la questione non si è riuscita a risolvere, anche perchè alcuni insediamenti raggiungibili dai torrenti sono di molto precedenti al 1904), e tra un rimpallo e l’altro su chi dovesse far rispettare la legge, in questi 120 anni prima sono sorte le trazzere, poi lungo queste le abitazioni, e le abitazioni hanno avuto bisogno di parcheggi, e per arrivarci si è asfaltato un pezzo di strada accanto all’alveo, senza alcuna protezione. Tutto questo nei torrenti, e Messina ne ha circa 74: e non ce n’è uno solo che non abbia qualche opera abusiva ai suoi margini, anche quando questo abusivismo è tollerato, salvo poi accorgersi della pericolosità quando c’è uno straripamento. Il che avviene in media sei o sette volte all’anno.

E allora, a chi tocca intervenire? Se c’è da togliere spazzatura o erbacce tocca al Comune, per interventi “strutturali”, quali per esempio la risagomatura degli alvei, il comune non può fare nulla, perchè modificherebbe le caratteristiche dei corsi d’acqua, operazione che solo il dipartimento regionale può autorizzare. Qui è però quando le competenze diventano confuse e nebulose: secondo una nota degli assessori Massimo Minutoli e Francesco Caminiti, c’è un progetto da 30 milioni di euro circa, “all’attenzione degli organi regionali e nazionale competenti per il relativo finanziamento”, per la definitiva messa in sicurezza del torrente Zafferia. Nel 2018, l’allora governatore Nello Musumeci, aveva annunciato ulteriori 83 interventi di ripulitura e ripristino della funzionalità idraulica di fiumi e torrenti in tutta l’Isola, impegnando diciotto milioni. Quindi, il comune progetta opere straordinarie e le manda a finanziamento, la Regione si occupa di pulizia…

C’è poi chi si è scagliato contro “la pericolosità dei parcheggio su torrenti tombati (tutti, praticamente): gioverebbe ricordare che nelle aree in cui si sono realizzati i parcheggi, al netto delle discussioni sulla loro utilità o meno, si è sempre posteggiato da decenni, in maniera molto più caotica di quanto non si posteggi oggi, eppure il problema non era mai stato sollevato da nessuno, nemmeno da chi lo solleva adesso. Non solo: se c’è un pericolo legato al rischio idrogeologico, questo dovrebbe valere a maggior ragione per le auto circolanti, a bordo delle quali ci sono persone, piuttosto che per quelle parcheggiate, in cui il pericolo per la vita delle persone, che in genere non stanno dentro le macchine parcheggiate, è minore. Ma, anche qui, a nessuno pare sia mai venuta in mente l’interdizione della circolazione in viale Europa, torrente tombato in cui si circola abbondantemente giorno e notte e in cui è stato realizzato un parcheggio d’interscambio, o in viale Boccetta, o in viale Annunziata, e nemmeno in viale D’Alcontres a Papardo, lungo il quale di recente è stato costruito un contestatissimo parcheggio d’interscambio.

Anche perché, delle alluvioni e degli allagamenti recenti, nessuno si è verificato lungo i torrenti tombati, mentre invece si sono verificati tutti lungo i torrenti scoperti, col paradosso che l’acqua, invece di scorrere dentro gli alvei, spesso otturati da vegetazioni e rifiuti ingombranti, scorre nelle stradine a fianco (di fatto porzioni di alvei torrentizi asfaltate senza alcun criterio decenni orsono).

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Alessandro Orlando
Alessandro Orlando
3 Febbraio 2025 8:24

Articolo che dovrebbe essere letto in ogni aula delle scuole messinesi.
Bella l’immagine, grazie (anche se da noi ogni “vinedda” che scenda al mare è pronta a trasformarsi in un fiume di fango)

Marco
Marco
3 Febbraio 2025 11:26

Ottimo articolo, grazie.