ROMA. “Oggi è una giornata molto particolare per me, una giornata di tristezza perché un uomo è stato ucciso e un altro ha perso la vita. Io ho perso tutta la vita che avevo.”
Ha esordito così Pietro Nava, in collegamento telefonico con la Camera dei deputati per la presentazione del suo libro “Io sono nessuno”.
Durante l’incontro organizzato dal Questore Francesco D’Uva, moderato dalla giornalista Annachiara Valle e con la partecipazione del Presidente Pietro Grasso e la Presidente Rosy Bindi, Nava, testimone oculare dell’omicidio del giudice Livatino, ha raccontato le emozioni del momento e quelle che rivive annualmente, come primo testimone di giustizia del paese.

“È una settimana che ricordo tutto quello che ho fatto in quei giorni – ha raccontato Nava- Ero partito da Salerno diretto per lavoro in Sicilia. Ripartendo da Enna ho visto l’omicidio del giudice Livatino. Non è stata una scelta difficile testimoniare, sono state difficili le conseguenze. Questo è uno dei casi dove c’è una scelta sola e io potevo solo testimoniare, nel rispetto di me stesso e della mia dignità”.

“Da lì è cominciata l’odissea che, purtroppo, sta continuando ancora – spiega Nava -. Potrei ripetere, passo per passo, quello che ho fatto il giorno dell’attentato al giudice. È un ricordo che non è possibile esorcizzare né dimenticare. Tornassi indietro rifarei la stessa scelta. Lì si poteva fare una sola scelta”.

“Per me è cosi -ha concluso il primo testimone di giustizia del paese- non mi chiedo perché è successo a me, è il mio sentire che mi ha detto che dovevo testimoniare. Non potevo alzarmi la mattina, leggere sul giornale che era stato ucciso un magistrato e restare in silenzio. Le conseguenze ci sono ancora, le assorbiamo, ma onestamente non riesco a immaginare come non si possa testimoniare”.

A prendere parola sull’ evento anche Francesco D’Uva, che ha organizzato l’incontro:  “Oggi, in occasione del trentunesimo anniversario dall’uccisione del giudice Rosario Livatino siamo qui per parlare di mafia e soprattutto di lotta alla mafia, un tema particolarmente caro al Movimento 5 stelle e a me personalmente”.

“Il tema della lotta alla mafia – continua D’Uva – non è molto al centro dell’attenzione e, in questo periodo, lo è ancor meno. C’è una sottovalutazione di questo fenomeno che alcuni ancora pensano possa essere confinato solo ad alcune specifiche parti di territorio italiano. E, invece, ha un carattere così pervasivo che da tempo ha assunto una dimensione non solo nazionale ma globale. Lo dimostra la recente sentenza del Tribunale di Roma sul clan Casamonica: la mafia può nascere in qualsiasi territorio. Inoltre, l’allarme lanciato sui fondi del Pnrr, preda allettante delle criminalità organizzate, deve spingere tutti a riflettere su questo fenomeno e ad alzare la soglia di attenzione per prevenire che le mafie allunghino le loro mani su queste risorse fondamentali per il Paese”.

“Leggendo il libro – spiega D’Uva – mi sono chiesto più volte cosa avrei fatto io al posto di Piero Nava: onestamente credo che avrei fatto la stessa cosa. Penso che questa domanda dovremmo porcela tutti. È importante, a tal proposito, distinguere il testimone della giustizia dai collaboratori di giustizia. Il testimone della giustizia è un cittadino libero che decide di testimoniare contro la criminalità organizzata. Il collaboratore di giustizia è una persona, invece, già arrestata che cerca di collaborare con la magistratura in cambio di uno sconto di pena. Il primo perde la libertà, il secondo cerca di conquistarla. La scorsa legislatura sotto la Presidenza dell’on. Bindi in Commissione parlamentare antimafia abbiamo approvato una relazione dalla quale è nato un testo di legge ad hoc sui testimoni di giustizia, approvato all’unanimità dal Parlamento. Il principio ispiratore della nuova legge prevede che i testimoni abbiano una difesa in loco e non debbano essere sradicati dal loro territorio contro la loro volontà. Se vogliono rimanere lì, devono essere protetti e difesi in loco, in modo che siano essi stessi testimoni della giustizia”. E conclude: “Spesso, purtroppo, in passato il testimone veniva automaticamente sradicato dalla sua terra natia mentre il boss mafioso rimaneva sul territorio esercitando un potere di intimidazione sulla cittadinanza ancora più forte. Ci auguriamo che in futuro ci sia piena applicazione di questa legge”.

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