2) Catania, il rapporto fra i clan e le logge massoniche

 

A Catania gli schieramenti sono delineati da tempo: da un lato Cosa Nostra (sul capoluogo e provincia), rappresentata dalle famiglie Santapaola e Mazzei e i La Rocca (su Caltagirone); dall’altro i clan, fortemente organizzati, dei Cappello-Bonaccorsi e dei Laudani. La mafia catanese adotta strategie che puntano a infiltrare i settori dell’economia legale e del mondo imprenditoriale, e a condizionare l’azione della pubblica amministrazione. Tra queste, si segnalano i legami tra clan mafiosi ed esponenti deviati di logge massoniche che hanno disvelato dei casi di turbativa d’asta, di estorsione e usura. Anche la raccolta illecita delle scommesse, comprese quelle telematiche, appare fortemente esposta agli interessi della criminalità organizzata. Il ricorso a fittizie intestazioni di beni si conferma, inoltre, lo strumento primario cui ricorrono esponenti delle consorterie mafiose per acquisire la gestione e il controllo di attività commerciali. Rimane sempre costante la pressione esercitata attraverso le estorsioni, anche con la forzata assunzione di manodopera individuata dai clan, con l’imposizione di forniture e servizi o mediante l’affidamento di sub appalti ad imprese imposte dalle consorterie. Si segnala, ancora, il fenomeno del cosiddetto “recupero crediti”. La vocazione “militare” dei gruppi criminali etnei trova conferma nell’individuazione di un consistente traffico di armi. Nonostante il complesso panorama criminale che caratterizza il territorio catanese, il ricorso ad azioni violente appare limitato e sostanzialmente funzionale all’affermazione o al mantenimento di posizioni di potere.

 

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