Un’operazione antimafia che avrebbe azzerato i vertici delle cosche di Cesarò (Messina) e Bronte è stata coordinata dalla Dda della Procura di Catania che ha disposto il fermo di una decina di indagati. Il provvedimento è stato eseguito da carabinieri del Ros del capoluogo etneo. Tra i destinatari dei fermi anche i presunti capi dei due gruppi, Giovanni Pruiti e Salvatore Catania. La Procura chiederà la convalida dei fermi al Giudice per le indagini preliminari.

Sarà presentata oggi al Gip di Catania la richiesta di convalida dei nove fermi eseguiti da carabinieri del Ros nell’ambito di un’operazione antimafia che avrebbe azzerato i vertici delle cosche di Cesarò (Messina) e Bronte coordinata dalla Dda della Procura etnea. Tra i destinatari del provvedimento anche i presunti capi dei due gruppi, Giovanni Pruiti e Salvatore Catania. L’udienza si dovrebbe tenere venerdì prossimo. La violazione del cosiddetto ‘protocollo Antoci’ da parte dei clan. Secondo l’accusa, per poterlo ‘aggirare’ con minacce e aggressioni, avrebbero costretto allevatori e contadini a cedere i terreni di loro proprietà per potere così accedere ai contributi per l’agricoltura dell’Unione europea senza la certificazione antimafia che il presidente del parco dei Nebrodi ha reso obbligatoria per l’accesso ai finanziamenti. Una decisione che ha tolto molti terreni, e quindi fatto perdere soldi, alle cosche della zona e che lo scorso anno ha visto Antoci vittima,illesa, di un agguato, con colpi di fucile sparati contro la sua auto blindata sulla strada dei boschi dei Nebrodi che unisce San Fratello e Cesarò. Su quest’ultimo episodio ha pendente un’inchiesta la Dda della Procura di Messina. L’indagine coordinata dalla Procura distrettuale di Catania ha avuto un’accelerazione con i fermi per il rischio di gravi intimidazioni o violenze nei confronti delle vittime.

“Notizie come questa ci fanno sperare in un futuro diverso e migliore e soprattutto ci danno la consapevolezza che il sacrificio e la perdita della liberta’ personale non sono stati vani. Congratulazioni vivissime all’Arma dei carabinieri del Ros e alla magistratura per l’eccellente lavoro svolto”, così commenta Fabio Venezia, il sindaco di Troina (Enna) che vive sotto scorta dopo le minacce della mafia dei Nebrodi. Soddisfatto anche Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi: “È un duro colpo assestato ad importanti famiglie mafiose. Apprendo inoltre che tutto questo è collegato agli effetti scaturiti dal Protocollo di Legalità”. E continua: “Sono contento che il percorso di legalità e sviluppo che stiamo portando avanti continua e che stiamo liberando la Sicilia da un malaffare che durava da anni e che toglieva dignità agli agricoltori ed allevatori onesti. Tengo a ringraziare particolarmente i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina, i Ros di Catania e la Compagnia di Santo Stefano di Camastra ed un ringraziamento particolare alla Dda di Catania – conclude Antoci – che continuano a dimostrare impegno, responsabilità e dedizione”. “Il 23 febbraio – conclude Antoci – sarò a Roma alla Camera dei Deputati per presentare la Legge che di fatto allarga il Protocollo di Legalità a tutta Italia facendolo definitivamente diventare legge dello Stato. Questa è l’antimafia dei risultati e che trova credibilità nel lavoro e nella condivisione dei più alti valori della Legalità”.

La Prefettura di Messina aveva già provveduto all’interdizione di alcune persone dai fondi comunitari. Di seguito tutti i nomi.

I controlli della prefettura rivelano che i titolari delle ditte richiedenti sono legati sia da “uno stretto intreccio parentale che di altra natura” – scrive la Prefettura – con Giuseppe Pruiti, condannato all’ergastolo per associazione di tipo mafioso e omicidio, considerato il capo del clan di Cesarò (l’attentato ad Antoci è avvenuto qui). Imprese individuali di sorelle, cognati, figli e fratelli: tutti richiedenti terreni e fondi europei. Tra i nomi dell’interdittiva – riporta il mensile siciliano S lo scorso luglio nell’edizione in edicola -, per esempio, la sorella Federica Pruiti a sua volta convivente con Mario Caputo, quest’ultimo con precedenti al 416 bis per associazione a “delinquere cosa nostra gruppo dei brontesi capeggiata da Pruiti e Giuseppe Foti Belligambi”. A fare istanza anche Sebastiano Foti Belligambi indagato dai carabinieri per l’omicidio di Giuseppe Conti Taguali avvenuto il 7 luglio del 2014”. Poi ancora Giovanni e Giuseppe Foti Belligambi con due distinte imprese individuali, ripsettivamente figlio e fratello di Sebastiano. quest’ultimo anche indagato per lo stesso omicidio del primo. Ma non basta, anche la moglie di Sebastiano vuole il suo pezzo di terreno e come impresa individuale presenta istanza anche Anna Maria Di Marco. Non è da meno la compagna di Giuseppe Pruiti, Angioletta Giacucco Triscari e sua cognata, Vita Cavallaro. Poi ancora Salvatore Armeli Iapichino, segnalato dalla stazione dei carabinieri di Riposto per reato di riciclaggio e di cui risultano frequentazioni con soggetti con precedenti di polizia, cioè Giuseppe Foti Belligambi e Carmelo Giacucco Triscari. Chiede l’affitto del terreno anche Sebastiana Bevacqua indagata per concussione , associazione per delinquere, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa aggravata. Non resta indetro Maria Cantali moglie di Pietro Infirri Lupica deferito dalla stazione carabinieri di Cesarò nel 1981 per reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, associazione per delinquere, invasione di terreni o edifici, danneggiamento e introduzione e abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo. La moglie di Pietro ma anche Giuseppe Infirri Lupica deferito per introduzione e abbandono di animali in fondo altrui e dalla Guardia di Finanza di Capo d’Orlando nel 2015 per i reati di truffa per conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso. Si associa alle richeste comunitarie anche Salvatore Lupica Infirri segnalato per pascolo abusivo e conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso. E la Prefettura di Messina lo scrive nero su bianco: “I numerosi fatti di sangue avvenuti in un limitato arco temporale nel ristretto ambito territoriale considerato sono evidente manifestazione della imminite presenza sul territorio di una consorteria criminosa che imperversa e applica con estrema violenza il metodo mafioso e non possono non aver determintao la richiesta condisione di assoggettamento e di omertà che si deduce dalla assenza di collaborazione con la giustizia e di denunzie in ordine oltre che ai fatti di sangue ai numerosi e gravi episodi estorsivi emergenti dalle intercettazioni in atti”.

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