MESSINA. … E alla fine l’ambasciata cinese si incazzò col Comune di Messina, reo di aver invitato il Dalai Lama in città, per una visita prevista a giugno. Sulla scrivania del presidente del consiglio comunale Emilia Barrile è arrivata una lunga lettera, con l’intestazione “ambasciata della Repubblica Popolare Cinese nella Repubblica Italiana” in cui sostanzialmente si accusa il capo spirituale e politico del Tibet di non essere quello che sembra, e si invita il consiglio comunale a far scendere il sindaco Renato Accorinti a più miti consigli per non incrinare gli ottimi rapporti tra Cina e Italia. Ma a leggere bene, a guardare con attenzione, ci si accorge che c’è qualcosa che non va.

Chi ha scritto la lettera? Non si sa. 
Non è firmata, e il timbro non è chiaro, per cui quello che c’è scritto non si legge. Non solo: lo stesso timbro appare “pixellato”, come se fosse stato aggiunto digitalmente in un secondo momento. Anche l’intestazione “ambasciata della repubblica popolare cinese nella repubblica italiana” è “posticcia”, e sembra sovrapposta malamente alla carta dopo essere stata ritagliata e incollata.

 

Non solo: anche il numero di telefono in calce alla lettera non corrisponde a nessun recapito rintracciabile sul sito ufficiale dell’ambasciata cinese in Italia (http://it.china-embassy.org/ita/sgxx/t952899.htm). Inserito su Google, il numero risulta appartenere all’ambasciata di Hong Kong in Italia (https://hong-kong.visahq.it/embassy/italy/), che con quella cinese ha in comune l’indirizzo: via Bruxelles 56 a Roma. Il numero di fax, invece, è completamente inventato: non esiste da nessuna parte.

Poi c’è la questione della “forma”: anche la prosa infatti è traballante. C”è un ricorrente “separaliste” invece di “separatiste”, le concordanze sono tutte sballate e alcune frasi sembrano uscite dagli annunci che usualmente finiscono nella casella dello spam: in ordine si legge “il gruppo di Dalai Lama“,  “si presenta nello svolgimento delle attività separaliste”, “suscitando indignazione del popolo cinese“,  “il 95% era servi della Gleba“,  “il popolo tibetano non avevano un minimo di diritti umani“, “Dalai Lama era il sommo di padroni di servi“, “daneggierà la sovranità e interessi della Cina“, “mantengono un buon andamento di sviluppo” e “prendendo in considerazione delle tradizionali relazioni“. Che un’ambasciata non abbia un traduttore all’altezza e debba affidarsi a Google Translate appare piuttosto improbabile.

 

 

 

Tutto sembra, insomma, tranne che una lettera ufficiale, anche se Emilia Barrile ribadisce sia arrivata via Pec. Ad incontrare Renato Accorinti un mese fa sono arrivati a Palazzo Zanca due funzionari dell’ambasciata cinese, con cariche “capo ufficio politico” e “addetto” (foto in basso): entrambi, Jiangshan Bi e Ruizhe Wang, prestano servizio all’ambasciata cinese (il primo ha il ruolo di “secondo segretario”).
Al sindaco di Messina, i due hanno regalato due libri in cui la storia del Dalai Lama è “riscritta” in maniera più confacente alle tesi che la Cina va spiegando in tutto il mondo. Tra l’altro, ad Accorinti, qualche settimana fa, è arrivata una lettera, più o meno dello stesso tenore di quella misteriosa arrivata ad Emilia Barrile: con la sostanziale differenza che quella ad Accorinti era  firmata. 

 

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