MESSINA. Le cose stanno così: il centrodestra scatenerà una potenza numerica di fuoco che nelle intenzioni dovrebbe annichilire gli avversari al primo turno, perché c’è la netta sensazione che il ballottaggio per il candidato a sindaco Dino Bramanti potrebbe rivelarsi molto più duro del previsto. Il centrosinistra, partito in ritardo, dopo la tempesta si sta ricompattando, e con passo felpato riguadagna consensi con un Antonio Saitta che ha gestito bene la tempesta interna alla coalizione e guarda avanti con ottimismo. Cateno De Luca presidia il territorio ossessivamente, strizza l’occhio a Bramanti e punta alle sacche di scontenti, sparando a zero contro l’attuale amministrazione di Renato Accorinti, che invece è impegnato a ritornare nelle strade e parlare a quattr’occhi con gli elettori. Pippo Trischitta prosegue caparbio come un rompighiaccio verso un iceberg, Emilia Barrile ha deciso che se uscita di scena dev’essere, che sia una cosa alla Sansone che porta con sé tutti i filistei. Daniele Zuccarello continua imperterrito col suo gruppo, Missione Messina, che appare coeso e agguerrito.

Poi ci sono i cinque stelle. Che stanno facendo di tutto per trasformare una possibile vittoria in una campagna invernale in Russia. Perché il diktat di schierare una sola lista pare suicida, e condannerebbe il primo partito d’Italia all’irrilevanza, a Messina. Perchè, per quanto le previsioni possano essere premature e ingannevoli, lo dice la matematica.

Prendendo per buone le percentuali del 2013, quando a votare furono in poco più di 140mila, e dando per scontato che, almeno numericamente, se non vincente al primo turno il sindaco della prima coalizione (che attualmente sembra essere il centrodestra) arriverà a un passo dal ballottaggio con una percentuale vicina al 40%, perché uno schieramento possa sperare di piazzarsi alle spalle e andare al secondo turno, è necessario almeno il 20%, come minimo. Il che equivale a 28mila voti, forse 30mila.

Come fa una sola lista di trentadue persone a prenderli? Non li prende, a meno di non pensare, molto irrealisticamente, di poter garantire una media di voti a candidato che oscilla tra 875 e 930. Tutti e 32 i candidati. Pur ammettendo che un 5% di elettorato (settemila persone) voti solo il simbolo (meccanismo che alle amministrative è stato dimostrato non funzionare) ed il candidato sindaco Gaetano Sciacca, la lista dovrebbe pur sempre prendere il 15% dei voti, che sono comunque 21mila: 656 voti a testa. In una lista che, al momento, di “blockbusters” non sembra possederne. E con questi numeri, di ballottaggio non se ne parla. Questo, non considerando voto disgiunto ed effetto trascinamento, variabili troppo volatili per essere considerate. E quindi?

Quindi niente. I 5 stelle non sono spaventati. «La politica non è una scienza esatta – commenta il candidato sindaco pentastellato Gaetano Sciacca – Al di là dei numeri, la differenza sta nella solidità della lista e nel radicamento sul territorio. La nostra è innanzitutto una scelta identitaria che io condivido in prima persona. Anche in questo vogliamo ribadire la nostra distanza dalla vecchia politica, che punta su innumerevoli candidati da utilizzare per fini personali: così la politica si squalifica, si riduce a un mercificio, a uno scambio fra dare e avere. Noi abbiamo nomi forti e credibili e un partito solido alle spalle. Gli altri questo lo sanno e tentano di colmare il gap con alchimie e accordi fatti alle spalle dei cittadini. Non meravigliamoci poi se la gente si allontana dalla politica…  L’errore più grosso che si possa fare è pensare che gli elettori abbiano ancora i paraocchi».
Subscribe
Notify of
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments