Per la neo-rubrica #NonSoloFancazzismo (che naturalmente ho appena inventato in estemporanea), vi racconto di una conferenza fichissima che vi siete persi sabato scorso presso la Chiesa valdese della nostra città.

Non sono ironica comunque, era veramente fica.

All’interno della rassegna “L’eredità della Riforma 500 anni dopo Lutero”, promossa dalla Chiesa valdese, si è tenuto un appuntamento dal titolo “Unioni civili: uguali diritti per tutti”. Non potevo mancare, offrivano pure tè e biscotti.

Dei tre relatori intervenuti, il presidente Arcigay Makwan di Messina Rosario Duca, l’avvocato Antonio Tesoro e Rosario Confessore, pastore della Chiesa valdese di Messina, quelli che sono riuscita a seguire, in virtù della mia proverbiale puntualità, sono stati gli ultimi.

L’avvocato Tesoro ha brevemente esposto tutti i punti salienti della legge Cirinnà entrata in vigore lo scorso giugno. Il modello delle unioni civili, afferma, è delineato sul modello del matrimonio, pertanto si applicano tutte le norme e tuttavia sono presenti alcune differenze significative: nel matrimonio esistono l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione; nell’unione civile resta l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione, non esistendo pertanto solo l’obbligo di fedeltà. Va inoltre tenuto presente che nelle unioni civili l’adozione del figlio del partner (con l’introduzione del cosiddetto strumento della stepchild adoption) è stata stralciata, pertanto le disposizioni sulle adozioni non si applicano alle unioni civili, anche se resta fermo quanto stabilito e consentito dalla stessa legge sulle adozioni. Per quanto riguarda gli obblighi fiscali, gli atti giuridici inerenti alle unioni civili non sono specificamente normati. In generale si ritiene che sia il professionista a dover valutare i casi in cui alle parole coniuge o coniugi vadano equiparate le parole “membro/membri di un’unione civile dello stesso sesso”, con conseguente confusione in argomento, alla quale si spera sarà presto posto rimedio.

L’intervento del pastore tuttavia è quello che ha destato maggiormente il mio interesse. La Chiesa evangelica valdese è una chiesa riformata di tradizione valdese, che da sempre si pronuncia a favore della laicità dello Stato e che ha favorito il dibattito su temi etici quali l’omosessualità (che fa pure ridere che oggigiorno debba essere considerata un tema etico), aborto, testamento biologico ed eutanasia. Il messaggio che la Chiesa valdese manda e che io ho ricevuto attraverso le parole di Rosario Confessore, è un messaggio di inclusione su un modello finalmente ed autenticamente cristiano. Non è che qui si vogliano fare confronti sconvenienti, infatti non ne farò… dico solo che i valdesi da agosto 2010 riconoscono e benedicono le coppie omoaffettive. Proprio come i cattolici! Ops, l’ho detto. Evviva il Papa rivoluzionario! Questa volta mi denunciano. Buono così.

Rosario Confessore tuttavia ci sottopone un interrogativo che ha sollevato qualche obiezione: che la coppia omoaffettiva debba essere riconosciuta dalla comunità laica e benedetta da quella religiosa è fuor di dubbio, perché come afferma “non si può vivere da soli, ma nemmeno soltanto in due” ritenendo necessario un inserimento in società; ma è davvero necessario che si chiami allo stesso modo? Mi sento di rispondere che lo Stato non può farsi promotore di discriminazioni sociali, non è forse avallare la logica del diverso da chiamare una famiglia “unione” e “matrimonio” un’altra?    

Per il momento ci fermiamo qui, ma il pastore ha sollevato un sacco di questioni affascinanti che mi riservo di trattare prossimamente. Voi cosa ne pensate? Si tratta soltanto di un nome?

“Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo.”  

[Giulietta: atto II, scena II]

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Costy
Costy
25 Ottobre 2017 21:54

Contenti voi contenti tutti
Anche a voi vi toccano i vostri diritti