La maggior parte non ha amici, ha una foto generica come profilo, il più delle volte non è in grado articolare una frase di senso compiuto, non capisce il senso di ciò che legge, o si limita al titolo, e posta a intervalli regolari fake-news, frasi fatte e slogan senza costrutto, con il deliberato intento di creare disinformazione, alimentare tensione sociale o veicolare le tesi e i messaggi politici del burattinaio che li manovra.

Sono i profili fake: un esercito sempre più nutrito di fantasmi virtuali che ha pian piano militarizzato il web e preso possesso dei social network con la forza bruta, instaurando un’egemonia della menzogna e della falsificazione che ha messo sotto scacco la democrazia.

UN FENOMENO MONDIALE. Secondo quanto riportato recentemente dal New York Times, negli ultimi mesi i social hanno proceduto alla cancellazione di più di un miliardo di account falsi, mentre nel novembre del 2019 Facebook ha dichiarato di aver bloccato dall’inizio dell’anno ben 5,4 miliardi di profili tarocchi: un dato quasi inverosimile, che corrisponde grossomodo al 60% dell’intera popolazione mondiale. Secondo altri report, invece, ad essere falsa sarebbe circa la metà dei profili attivi, che ammontano a circa 2,7 miliardi.

Al netto dei numeri e delle percentuali, spesso contraddittorie (anche a fronte dell’oggettiva difficoltà di tracciamento), il proliferare di identità false sulla Rete è un fenomeno in continua espansione, come dimostrano le numerose “fabbriche di troll” scoperchiate negli ultimi anni: vere e proprie reti di propaganda nate con l’obiettivo di condizionare l’opinione pubblica, orientare il voto degli elettori, inquinare il dibattito sui social o compiere vere e proprie truffe, gonfiando in maniera artificiale il valore di un’azienda, con relative ricadute sull’economia e sulla finanza. Uno dei casi più noti, in ambito politico, è quello della “propaganda russa” in favore dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, ma di esempi ce ne sarebbe da fare a dozzine, ad ogni latitudine e su tutti i social (in base a uno studio condotto da DataMediaHub per il Sole 24 Ore la maggioranza dei follower dei principali politici italiani su Twitter sono utenti fake).

FRA ROBOT, BUGIARDI… E CYBORG. Ma cosa si intende quando si parla di fake? In linea di massima si possono distinguere due tipi di profili farlocchi: quelli generati da bot automatici, acquistabili su vari siti, e quelli “artigianali”, creati ad hoc da utenti reali in cerca di uno o più alter ego virtuali (e anonimi).

Nel primo caso siamo in presenza di un vero e proprio mercato su scala mondiale, con tanto di tariffari e offerte last minute: in vendita ci sono i like, i commenti, le condivisioni e anche le visualizzazioni dei video, su tutti i social. I costi? Sono piuttosto accessibili: bastano poco meno di 300 euro, infatti, per poter acquistare 3000 “mi piace”, sebbene i risultati migliori si ottengano – ovviamente – con investimenti di ben altro tenore (e su altre piattaforme).

Sempre più simili a profili reali, nel tempo i “robot” social si sono rapidamente evoluti, tanto che è ormai difficile distinguerli dalle persone in carne e ossa grazie a nomi realistici (e non più semplici algoritmi) e foto appositamente rielaborate. Il loro utilizzo principale? Falsare il numero dei like, delle condivisioni e delle visualizzazioni, con un unico e solo obiettivo: la simulazione del consenso.

Ma c’è di più. Oltre ai profili totalmente autonomi esistono infatti anche dei bot ibridi, per metà uomini e per metà macchine. Sono i cyborg.

«In sostanza, sono squadre di account automatici che però vengono comandate da una persona in carne e ossa. La quale, con un solo clic, può fare scrivere la stessa frase da migliaia di account diversi, apparentemente legati a soggetti reali. Questo può avere un impatto importante, specie nelle campagne elettorali, dove un politico può amplificare i propri messaggi su masse enormi di potenziali votanti», spiegano in questa intervista Viola Bachini, giornalista esperta di nuove tecnologie, e Maurizio Tesconi, esperto dell’istituto di informatica e telematica del Cnr, autori del libro “Fake people”.

Diverso, invece, è il discorso dei fake fai da te, ovvero persone reali che per una ragione o l’altra decidono di creare uno o più avatar fasulli. Gente che per interessi vari, “obblighi”, strane mitomanie o forme patologiche di idolatria, rinuncia alla propria identità e si tramuta in uno zombie digitale, vendendo di fatto la sua anima virtuale agli interessi e alle mire del satanasso di turno. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con cinque, dieci, cento, mille commenti dello stesso tenore (se non proprio copia-incollati) che il più delle volte sono riconducibili a un paio di indirizzi Ip. Lo scopo? Sempre quello di prima, ma con approcci comunicativi diversi.

Anche qui è necessaria un’ulteriore distinzione, separando chi lo fa scientemente per un fine specifico, o per “dovere”, e chi lo fa ma non sa quel che fa: poveri cristi (babbi di Dio, diremmo qui, in un’accezione carica di pietas) che nella loro ingenuità non si rendono conto di essere solo pedine da manovrare nell’immensa scacchiera della Rete.

Al di là delle dovute differenziazioni, l’esito è quasi sempre lo stesso, con il solito tripudio di faccine idiote, risatine strategiche, commenti senza costrutto, insulti variegati e frasi ripetute a macchinetta come pappagallini. Marionette, insomma, pronte a plaudire a qualsiasi contenuto, che siano dichiarazioni, video, foto, invettive, prese di posizione o scorregge con le ascelle. Il tutto mentre sulle bacheche social infervorano gli scontri surreali fra fazioni opposte, popolate da legioni di simulacri, androidi e mercenari. E no, purtroppo non è un brutto film di fantascienza, né il Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato.

LA GRANDE MENZOGNA. Qual è la conseguenza di tutto ciò? Un orizzonte di non-senso, in cui tutto è deviato e tutto è artefatto: sono falsi i numeri, sono falsi i commenti, sono false le interazioni, sono falsi i video e le foto (basti pensare al fenomeno dei deepfake). Una bugia di proporzioni planetarie, ordita da una sapiente e articolata “machina” tentacolare, di cui bisogna prendere consapevolezza, guardando al di là dei confini delle proprie cerchie individuali. Per arginare l’effetto Babele e imparare a distinguere fra la “realtà reale” e la sua rappresentazione posticcia, che assume connotati sempre più inquietanti (vi servono volti di persone che in realtà non esistono? Qua ne trovate 100mila).

 

 

 

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