MESSINA. Il caso delle ultime settimane è noto: da otto sedute, al momento del voto in consiglio comunale cade miseramente il numero legale, rendendo impossibile l’approvazione (o la bocciatura) della delibera di cui si è discusso. In questo caso quella che affida alla MessinaServizi l’appalto di igiene ambientale. Una delibera che risale al 4 gennaio, e che è ancora ferma al palo. Dopo otto sedute a vuoto.

Eppure il lavoro ci sarebbe. Perchè all’ordine del giorno ci sono l’incredibile numero di settantadue proposte di delibera, la più vecchia delle quali (regolamento per la gestione dei beni demaniali e patrimoniali del Comune, primo firmatario Franco Mondello dei Centristi) langue nei cassetti della presidenza del consiglio comunale dall’inizio di febbraio del 2015, e la più recente, del 25 maggio , non si sa se sarà mai presa in considerazione, se l’andazzo è questo.

In mezzo, anche delibere “di peso”, come la “variante parziale ambientale” al piano regolatore (la famosa “salvacolline), o il rinnovo della convenzione e la rimodulazione del piano industriale della Stu, vero e proprio cadavere ambulante che il Comune si trascina dietro da anni senza prendere una decisione, o ancora cinque bilanci consecutivi dell’Atm, dai previsionali 2013 e 2014 ai consuntivi dal 2012 al 2014, o le dozzine di debiti fuori bilancio presentate dai vari dipartimenti, per finire con il “regolamento disciplina di funzionamento del consiglio comunale“, che in teoria allo stesso consiglio comunale dovrebbe interessare abbastanza. E invece no.

Un braccio di ferro con la giunta, che politicamente potrebbe starci, per cui l’aula, che ha un teorico 90% di consiglieri d’opposizione, fa ostruzionismo nei confronti dell’amministrazione guidata da Renato Accorinti? No. O per lo meno, non solo. Perché a fare le spese del lassismo d’aula sono anche quel pugno di consiglieri che le delibere le propongono. Come Piero Adamo, che da presidente dell’ottava commissione, i cui componenti risultano co-firmatari, di delibere ne propone tre, di indirizzo alla giunta per il recupero della chiesa Normanna di Mili, delle case basse di Paradiso e di un “ecomuseo diffuso”.

Oppure come Nicola Cucinotta e Nino Interdonato, che sono primi firmatari di due proposte di delibera a testa (rispettivamente regolamento per interventi nel sottosuolo stradale e una commissione su precariato, e regolamento per il rilascio di concessioni per occupazione suolo e il conferimento di una cittadinanza onoraria, quest’ultima delibera risalente addirittura a gennaio 2016), o Antonella Russo, che a novembre del 2016 proponeva un regolamento per locazione e concessione di immobili comunali, Daniela Faranda, che un anno fa si occupava di impianti per radiotelecomunicazioni, e infine Rita La Paglia e Carlo Cantali, la cui proposta di delibera, di settembre, riguardava un regolamento per il verde urbano. 

E quindi le delibere ci sarebbero pure. ma non si approvano. nemmeno si discutono. A tal punto che di chiederne il prelievo non ci pensano nemmeno gli stessi proponenti. Perchè? Dipende. Alcune delibere sono ferme in commissione (composte dagli stessi consiglieri), altre attendono i pareri di regolartità tecnica e contabile da parte dei dirigenti, e quelle relative ai debiti fuori bilancio sono state “richiamate” dal segretario generale Antonio Le Donne.

Tutte situazioni che tramano fino a raggiungere un dato allarmante. Questo consiglio, rispetto al precedente, fa il doppio delle sedute ma approva la metà delle delibere. In tre anni, dal 2010 al 2012, il precedente consiglio ha approvato 319 delibere, mentre nello stesso intervallo di tempo, dal 2014 al 2016, quello attuale ne ha votate duecento. Altre settantadue attendono. Fiduciose

 

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