MESSINA. L’allerta meteo rossa diramata per venerdi dal dipartimento di Protezione civile della Regione Siciliana è stata, per Messina un “falso allarme” (almeno in città: la provincia, specie la ionica, se l’è vista brutta): piogge sparse, a volte anche copiose (essenzialmente nella serata), ma nulla che abbia realmente messo la popolazione in condizione di pericolo e le autorità in fase operativa di allarme. Un flop, quindi? No. Per nulla.

Per capire come funziona il sistema di allerta, è necessario puntualizzare l’ovvio: c’è un motivo per cui le previsioni del tempo si chiamano così e non si chiamano invece “certezze del tempo”. Le previsioni meteorologiche, e di conseguenza i livelli di allerta (verde, giallo, arancione, rosso), hanno natura probabilistica, e in un territorio estremamente vario (ed esteso) come quello messinese, con le sue peculiarità orografiche e geografiche (dalla presenza di Aspromonte e Peloritani, che creano un forte effetto Venturi, ai quasi 200 km di coste e due catene montuose) le condizioni climatiche e meteorologiche sono influenzate da fattori che non sempre possono essere rappresentati con precisione dai modelli fisico-matematici. Nel 2009, mentre Giampilieri veniva spazzata via dalla montagna che si era sbriciolata a causa dell’alluvione, nella zona nord stavano giusto cadendo quattro gocce d’acqua, e ieri mentre a Messina era asciutto, a Taormina si registravano quasi 200 mm di pioggia, giusto per capire di cosa si discute.

Come si procede, dunque? Si parte da un “avviso regionale di protezione civile per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico” viene elaborato dal Centro Funzionale Decentrato – Idro (CFD-Idro) sulla base di previsioni meteorologiche fornite dal Dipartimento della Protezione Civile di Roma, di soglie critiche di pioggia calcolate con metodi statistici, e di analisi delle precipitazioni dei giorni precedenti. L’avviso, emanato dalla Protezione civile regionale, suddivide il territorio non in province ma in bacini idrogeologici omogenei: Messina ne ha due, che coprono città e provincia, ma da un lato alcuni territori nebroidei sia costieri che interni, a partire da dopo Capo d’Orlando, appartengono a bacini dell’ennese e del palermitano, dall’altro il bacino ionico si spinge fino a Catania città e comprende grossa parte dell’Etna. Un territorio talmente esteso e vario non potrà mai avere omogeneità di fenomeni atmosferici: è quello che è accaduto ieri, con Messina città quasi asciutta, la costiera tirrenica e i Nebrodi con piogge forti ma tutto sommato nella norma, e l’entroterra ionico, i paesi alle pendici dell’Etna e il catanese alle prese con tempeste di vento e pioggia, e precipitazioni pari a un terzo di quelle annue cadute in sole 24 ore.

Obiettivo dell’avviso diramato dal dipartimento di Protezione civile regionale è fornire una proiezione dei possibili effetti al suolo causati dalle precipitazioni attese, distinguendo tra rischio Idrogeologico (fenomeni franosi, allagamenti, esondazioni nei piccoli bacini), rischio idraulico (fenomeni alluvionali nelle aree dei grandi bacini idrografici), rischio meteorologico (criticità connesse a venti forti, grandinate, mareggiate, temporali e trombe d’aria).

Una volta ricevuto l’avviso di allerta rossa, quindi fase operativa di “allarme” (quello arancione è di “preallarme”, quello giallo di “attenzione”), qual è il ruolo delle amministrazioni locali? Non c’è molto margine di azione: i sindaci, in qualità di autorità locali di protezione civile, devono, spiegano le leggi, valutare lo scenario previsto, tenendo conto della vulnerabilità del proprio territorio, delle esperienze pregresse e delle risorse disponibili, e attivare, se necessario, “fasi operative più severe rispetto ai livelli di allerta indicati dall’avviso”. Vige, in genere, il principio di precauzione, per cui le scelte sono sempre “cautelative”, anche quando a giochi fatti si sono rivelate superflue, come accaduto ieri.

Accanto al ruolo di passivi esecutori, le amministrazioni locali hanno una serie di obblighi sul territorio, il primo dei quali è la “prevenzione attiva”, considerata l’incertezza intrinseca nelle previsioni meteorologiche. E quindi, i comuni sono chiamati a predisporre adeguati piani di protezione civile e procedure di emergenza adattati alle reali condizioni locali, ed “effettuare interventi di manutenzione, di rimozione di ostacoli, temporanei divieti di circolazione e uso di infrastrutture e mitigazione delle vulnerabilità”. Esistono poi procedure operative per cui si devono mantenere aggiornati i piani di emergenza che indicano le attività che ciascuno deve fare per ogni grado di allerta (gialla, arancio, rossa) e per tipo (pioggia, vento, sisma, etc.) e i siti a rischio, come ad esempio aree, ponti e sottopassi da vigilare o interdire: a Messina è spesso necessario informare la popolazione di non posteggiare nelle vicinanze (o dentro) l’alveo dei torrenti durante fenomeni atmosferici straordinari.

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Joshua
Joshua
18 Gennaio 2025 8:59

Manca un elemento basilare in questo articolo vero è che sono “previsioni” ma dipende anche molto dagli strumenti che usi e dal loro margine d’errore, se lavori suaglie di 10*10 km come adesso e non su quelle da 1*1km come avverrebbe con i radar allora il margine d’errore è molto più ampio e si sbaglia di più.