MESSINA. Trasloca un negozio di strumenti musicali e al suo posto apre una sala scommesse. Chiude una libreria e arrivano le slot machines. Si entra in un bar, e nell’angolo più buio è un trionfo di lucine, suoni sintetici e rumore di monetine inghiottite dai videopoker. Ovunque si guardi, a Messina sembra non ci sia altro da fare che giocare d’azzardo. E invece no, è vero il contrario. Lo svela uno studio, “Italia delle slot”, elaborato da lab.gruppoespresso.it del gruppo GEDI su dati Aams (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli).

Messina è infatti una delle città in Italia in cui si gioca di meno: la cifra media pro capite (cioè quanto spende in media ogni abitante di un Comune) che ogni anno è andata a finire nelle macchinette mangiasoldi nel 2016 è di 454 euro all’anno, ed è diminuita rispetto al 2015, quando era di 466 euro. Non è altissima in generale (anzi, è parecchio bassa rispetto a molte altre città), ma è alta se rapportata al reddito medio pro capite del cittadino messinese, che non arriva a ventimila euro. Fa molta più impressione il totale delle giocate, che è pari a 107,60 milioni di euro: una cifra incredibile, se si considera che il bilancio del comune di Messina, nel 2013, era di 417 milioni di euro, e serviva per fare “andare avanti” tutta la città. I 107 milioni sono stati giocati in 993 apparecchi sparsi per la città: in soldoni, vuol dire che da ogni macchinetta sono passati oltre 107mila euro.

Cifre alte e preoccupanti, ma il confronto con le realtà vicine è quasi confortante. A Catania, per esempio, la spesa media pro capite per il gioco è di 668 euro, quindi di molto superiore a quella di Messina pur con un reddito medio inferiore di 1500 euro (19.523 per Messina, 18.039 per Catania), e il totale giocato ammonta a ben 209 milioni contro i 107 di Messina.

Stesso discorso anche per Reggio Calabria, che ha una spesa media pro capite per il gioco di 668 euro, praticamente uguale a quella di Catania, con un reddito pro capite di 18.225, che si piazza in mezzo a Messina e Catania: in totale, dall’altra parte dello Stretto si gioca per 122 milioni di euro, forse anche perchè di apparecchi di gioco ce ne sono ben 1568.

In pratica, nelle venti città che superano i duecentomila abitanti, meno che a Messina si gioca solo a Palermo: 400 euro a testa contro i 454 di Messina. In Sicilia, giocano di più Ragusa (874 euro di media pro capite), Siracusa (655), Caltanissetta (649), Trapani (631) e seppur di poco Agrigento (496). In pratica, oltre Palermo, in Sicilia la città in cui si gioca di meno rispetto a Messina è è Enna (275 euro)

 

(La classifica delle città italiane con popolazione superiore ai 200mila abitanti: in grigio il totale della popolazione, in rosso la spesa pro capite per il gioco)

 

Le cifre dei comuni che giocano di più sono letteralmente spaventose, e a guidare la classifica sono due piccolissimi centri: Caresanablot, impronunciabile paese in provincia di Vercelli che a fronte di 1.133 abitanti ha una incredibile giocata pro-capite di 24.228 euro, seguito da Bosnasco (Pavia) che spende 17.214 euro a testa a fronte di una popolazione di soli 623 abitanti.

 

La classifica generale: in grigio il totale della popolazione, in rosso la spesa pro capite per il gioco)

Cambia un po’ nella classifica delle province: quella messinese è la provincia siciliana in cui si gioca di più, con una media di 512 euro (contro i 454 del comune capoluogo), e la situazione si ribalta rispetto a Catania, la cui provincia gioca per una spesa media di 403 euro quando Catania città ne spende invece 668. La palma della più azzardosa va a Prato, in Toscana, la provincia con la giocata pro capite più alta in Italia: 2377 gli euro spesi a testa nel 2016. Segue Rovigo, nel Veneto, con una spesa di oltre 1400 euro. Mentre il resto delle province in cui si gioca di più si concentrano tra Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Abruzzo.

L’analisi è stata compiuta tenendo in considerazione due tipi di apparecchiature: le Videolottery (o VLT) sono macchinette che accettano anche banconote, sono presenti in locali dedicati e consentono giocate e vincite più alte rispetto alle AWP,  chiamate anche “New Slot”, apparecchi elettronici che accettano solo monete e sono presenti anche in bar e tabaccherie

 

Fonte dei dati Aams (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli), elaborazione lab.espresso.it (GEDI)

 

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