MESSINA. Ad un anno dall’inizio della pandemia la catastrofe economica anche a Messina e provincia è conclamata: soffrono i ristoratori, i settori degli spettacoli e di moda, mentre si salvano gli alimentari, le attività di elettronica, quelle che vendono prodotti per la casa e, naturalmente, le farmacie, che invece registrano un aumento nel fatturato, confrontando quello del 2019 con quello del 2020.

Trend, quello messinese, perfettamente in linea con l’andamento economico dell’intero Paese, evidenziato pochi giorni fa da Confesercenti Nazionale in un report in cui ha raccontato cosa è accaduto al mondo delle imprese in questi 12 mesi segnati dall’emergenza sanitaria, che inevitabilmente si è trasformata nella peggiore crisi economica che l’Italia abbia mai attraversato dal dopoguerra ad oggi.

Uno studio elaborato da Confesercenti Messina, invece, a distanza di una settimana da quello nazionale, analizza i fatturati dei diversi settori produttivi su un campione di 722 aziende della città e della provincia

“Dai dati che emergono dal nostro dossier – commenta il presidente di Confesercenti Messina Alberto Palella – si percepisce un effetto domino in tutti i comparti, con una perdita media nei vari settori del 40%. Non va dimenticato che la pandemia è arrivata dopo anni di crisi profonda per le nostre imprese, cancellando con un colpo di spugna quei pochi e timidi segnali di ripresa che cominciavano ad affacciarsi prima che dell’era Covid”.

A “salvarsi” solo i settori degli alimentari, elettronica e telefonia, dei prodotti per la detergenza della casa, le farmacie e il delivery del comparto food, che registra nell’ultimo anno un +34% dovuto alle restrizioni legate alla pandemia, che hanno profondamente modificato anche le abitudini dei messinesi.

Le ‘notizie’ peggiori arrivano dal settore “Intrattenimento ed eventi”. Qui si registrano perdite del 65% di media, con picchi in negativo per i cinema e le discoteche che arrivano a -73%. Segue il filone eventi-sagre e fiere con il -71% e infine i parchi giochi per bambini che registrano un calo di fatturato rispetto al 2019 del 55%.

Il comparto legato alla Ricettività segna invece un -51% di media, ma a soffrire di più sono gli Hotel con un calo di fatturato del 67%.

In agonia anche la filiera dei ‘fiori d’arancio’. Nel settore Banqueting, rispetto al 2019, emergono perdite del 46% di fatturato. In questo comparto il dossier di Confesercenti Messina ha inserito anche le Agenzie di viaggio, fino a qualche tempo fa punto di riferimento per la cosiddetta luna di miele degli sposi, che invece oggi registrano un calo del 63%.

Numeri negativi anche nell’Estetica e benessere, in cui la media percentuale si attesta su un -41%. Tra le attività del comparto analizzate sono i centri benessere a soffrire di più, con perdite pari al 71%.

Nel settore Moda, che totalizza un -41% di media, sono i negozi di abiti da cerimonia i più penalizzati dalla crisi, con perdite di fatturato che arrivano al 63%.

La ristorazione fa registrare un -30% di media, con i ristoranti che accusano maggiormente il colpo (-40%), seguiti dai bar (-33%) e dalle pizzerie (-27%).

Un autentico dramma quello evidenziato dal report, che coinvolge a cascata anche gli agenti di commercio con perdite del 35%.

“I numeri emersi dal nostro report – spiega il presidente Palella – fotografano una situazione che non ha precedenti. E’ un’ecatombe e le prospettive non sono rosee, tutt’altro. Dal 15 marzo infatti, in base al nuovo decreto governativo la Sicilia tornerà ad essere zona arancione e a Pasqua tutta Italia sarà nuovamente in zona rossa, con le conseguenze economiche che tutti possiamo immaginare. Le nostre aziende peraltro si trovano in uno stato di grave indebitamento, e potranno rialzarsi solo con aiuti veri, concreti e tangibili, non di certo grazie alle briciole ricevute finora, per non parlare delle start up, molte delle quali mai ristorate. Va detto anche che l’indebitamento nei primi mesi dell’anno non cessa di aumentare e le previsioni per i primi 6 mesi del 2021 sono ancor più preoccupanti. Il denaro erogato alle imprese tramite le banche è stato senza dubbio una boccata di ossigeno, ma non si può dimenticare che si tratta di prestiti che vanno restituiti. Altri debiti verso lo Stato dunque, che si aggiungono a tasse e cartelle esattoriali mai cancellate, ma solo posticipate. Ma la vera partita si giocherà tra 6/12 mesi, quando interverrà lo sblocco dei licenziamenti. Le aziende a causa di tutti i debiti accumulati tra tasse, mancati introiti e prestiti da restituire, saranno risucchiate in un vortice da cui scaturiranno le chiusure già da tempo annunciate in maniera previsionale anche dai dati del nostro centro studi nazionale e a quel punto a rischio ci sarà anche tenuta sociale. E’ auspicabile dunque anche a livello locale un momento di confronto tra le Istituzioni e il mondo delle imprese, con l’obiettivo di ripensare la nostra città non con interventi spot non concordati né condivisi, ma attraverso un patto generazionale che produca azioni mirate e strutturate, che non si esauriscano nello spazio di una sindacatura, che non cambino col cambiare del colore politico di chi ci governa. Occorre inoltre intensificare gli sforzi sulla campagna vaccinale – conclude Palella – che rimane l’unica vera chiave di volta che ci potrà permettere di tornare alla normalità”.

È opportuno sottolineare che nel dossier, per quel che concerne i panifici e le pasticcerie non è stato possibile calcolare il valore della media percentuale poiché i dati sono condizionati dall’eterogeneità delle proposte alimentari e gastronomiche delle singole attività.

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