MESSINA. Un sospiro di sollievo per l’archiviazione nella seconda tranche di “gettonopoli”, poi di nuovo via, a far di conto per capire chi voterà la sfiducia verso il sindaco Renato Accorinti e la sua giunta e chi no. In consiglio comunale, a Messina, non si parla poi di molto altro. Archiviata in fretta la questione Messinambiente, partecipata su cui grava una richiesta di fallimento che sarà discussa l’8 febbraio, rimandata la costituzione della società che dovrebbe prenderne il posto, la MessinaServizi Bene Comune, tutte le attenzioni sono puntate verso il raggiungimento, o meno, di quota ventisette voti, maggioranza qualificata che concluderebbe l’esperienza amministrativa iniziata a giugno del 2013. Qui la situazione si complica.
Perché, a microfoni spenti e messe da parte le dichiarazioni spavalde dei mesi scorsi, ricche di principi e spiegazioni politiche, la sensazione è che la questione sfiducia sia sfuggita di mano, e che qualcuno abbia iniziato a pentirsene. A tirarsi fuori, avanzando motivi di opportunità istituzionale, è il presidente del consiglio Emilia Barrile (Forza Italia), che la mozione l’ha firmata, permettendone così l’approdo in aula, ma che ha dichiarato che si asterrà dal votarla per rispetto della terzietà del suo ruolo. Anche Santi Zuccarello (Gruppo misto) ha sconfessato la sua firma. “Aveva senso quando l’avevo apposta, quella firma. Oggi è diverso, le condizioni sono diverse. Il che non vuol dire che la sfiducia non la voterò…”, ha spiegato tipo sfinge. E non è il solo.
Poi c’è la questione del “Cui prodest”. A chi serve la sfiducia? Chi ne trae politicamente giovamento? Non Forza Italia, né il Pd, i due partiti sulla carta più consistenti. Sul primo è arrivata la batosta dei guai giudiziari di Francantonio Genovese, che impongono una riflessione che non può arrivare da qui a giugno, prima data utile per il voto nel caso in cui dovesse arrivare la sfiducia. D’altra parte, il Pd è messo ancora peggio. Decimato e commissariato direttamente da Roma (con risultati disastrosi), è ancora alla fase della richiesta di congresso provinciale. Ci sono due partiti da ricostruire ed entrambi, al momento, non sono in grado di proporre un programma unitario e un candidato forte, e quindi sarebbero soggetti alle scelte imposte dagli alleati meno pesanti e meno prestigiosi. Sicilia Futura, per esempio, o Ncd (sempre che resti in area centrodestra).
È proprio Sicilia Futura, al momento, che sembra il partito più strutturato e che dal caos del momento degli alleati strutturali potrebbe trarne vantaggio e lanciarsi definitivamente verso la leadership del centrosinistra. Come da tradizione, i Centristi per la Sicilia, in continuità con la tradizione Udc (compatto nel proporre la mozione di sfiducia) siede sulla riva del fiume e aspetta che gli eventi si compiano prima di prendere una decisione.
Al momento, pallottoliere alla mano e orecchie ben tese per i “rumors”, i numeri per la sfiducia non ci sono, così come mai si sono visti in aula, tutti insieme, i ventisette consiglieri il voto dei quali sarebbe necessario per far passare la sfiducia. E fuori dal palazzo c’è chi è pronto a scommettere che, qualche giorno prima della discussione, inizieranno a fioccare i certificati medici.