MESSINA. «Le dichiarazioni del presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato sull’inammissibilità dei quesiti referendari su eutanasia e cannabis sono squisitamente ed esclusivamente politiche, compresa l’accusa di avere frodato milioni di persone firmatarie dei referendum. Un tentativo di minare la credibilità di chi ha promosso i referendum e di sminuire il valore delle firme apposte in piena estate, grazie all’impegno e alla fatica di tanti volontari, anche a Messina e provincia». Parole di Palmira Mancuso, rappresentante del comitato promotore, che commenta la decisione della Corte. «I referendum – continua – non avrebbero consentito di uccidere chi è “un po’ ubriaco”  (il che resta omicidio volontario), non avrebbero legalizzato altre droghe (solo le “piante”), non avrebbero avuto titoli fuorvianti sulla scheda. È un colpo durissimo per la democrazia in Italia e oggi ci troviamo anche a dover ribattere punto per punto al presidente Amato che in maniera del tutto inusuale, piuttosto che produrre per iscritto delle motivazioni, ha fatto una conferenza stampa a reti unificate, con tanto di post su instagram: una modalità che non ci si aspetta dalla più alta corte della Repubblica italiana».

Ad intervenire anche la senatrice del M5s Grazia D’Angelo: «Le scelte compiute dalla Corte Costituzionale ci spingono ad accelerare nel lavoro parlamentare sulle leggi per il fine vita e per la depenalizzazione della coltivazione domestica di piccole quantità di cannabis. Sono due temi sensibili su cui tantissimi cittadini ci chiedono di legiferare bene e presto. Anche su questi argomenti, così come sulla legge contro l’omotransfobia, la società è più avanti della politica ed è ora di recuperare questo gap. Siamo in clamoroso ritardo anche rispetto al recepimento della sentenza della Corte Costituzionale, giunta nel 2019 a seguito del caso ‘Dj Fabo’. Parliamo di un tema di enorme sensibilità, sentito da tante persone che ritengono sia un diritto scegliere come porre fine alle proprie sofferenze quando purtroppo la situazione sanitaria non dà più né possibilità né speranze di sopravvivere. Allo stesso modo abbiamo non solo il dovere, ma anche la grande occasione di alleggerire le carceri e i tribunali e di dare un duro colpo alla criminalità organizzata, consentendo la coltivazione domestica di cannabis, fondamentale, ad esempio, per aiutare tante persone che ne hanno bisogno per ragioni terapeutiche. Queste persone, vista la difficoltà di reperire legalmente i farmaci a base di cannabis, spesso sono costrette a rivolgersi al mercato illegale. Sui referendum sulla giustizia invece la valutazione del Movimento 5 Stelle è che non siano utili a superare le criticità che sicuramente ci sono. La giustizia ha bisogno di recuperare credibilità ma i referendum non sono la soluzione, in qualche caso anzi contengono proposte negative e pericolose. Tre quesiti intervengono in modo non organico su temi che invece affrontiamo con il disegno di legge per la riforma del Csm, presentata dal Movimento 5 Stelle nel 2020 e appena integrata da alcuni emendamenti della ministra Cartabia. È la legge con cui vogliamo dire stop definitivamente alle porte girevoli tra politica e magistratura e smontare il sistema di potere delle correnti che tanto ha screditato il potere giudiziario negli ultimi anni. Per quanto riguarda l’abolizione della legge Severino – prosegue la senatrice messinese – per noi è inaccettabile pensare di cancellare una legge che impedisce ai condannati per reati gravi di ricoprire cariche pubbliche. Lo stesso discorso vale per la custodia cautelare: il sì al referendum indebolirebbe non poco uno strumento fondamentale nella lotta al crimine, di cui certamente non si deve abusare ma che non può essere svuotato.C’è un aspetto importante da non dimenticare: i referendum sulla Giustizia sono il frutto dell’iniziativa di alcune regioni governate dal centrodestra. C’è una grande differenza rispetto a quelli su eutanasia e cannabis, per i quali si è mossa una moltitudine di cittadini che chiedono all’Italia di fare un salto di qualità e nel futuro sul fronte dei diritti», conclude.

 

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