MESSINA. La Stretto di Messina Spa ha comunicato di aver firmato un grant agreement con Cinea (Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency della Commissione Europea) per il cofinanziamento europeo dei costi di progettazione esecutiva del ponte sullo Stretto di Messina. Si tratta di un contributo a fondo perduto di circa 25 milioni di euro che copre il 50% dei costi di progettazione esecutiva dell’opera, per la parte imputabile all’infrastruttura ferroviaria.

Come è quantificabile il contributo? Nell’ambito della totalità dell’importo dell’operazione ponte sullo Stretto, circa 14 miliardi, è decisamente poco, mentre impatta in maniera molto più consistente sui costi di progettazione: che non sono scorporabili dall’intero ammontare del progetto, ma dei quali si può ricavare una stima. Secondo una relazione della Corte dei conti del 2017 sui costi della Stretto di Messina all’epoca ancora in liquidazione, il progetto preliminare era costato meno di venti milioni, mentre quello definitivo rientrava nei 240 milioni delle attività portate avanti tra il 2010 ed il 2013, e cioè, oltre alla progettazione definitiva, “monitoraggio ambientale, aggiornamento del piano finanziario; attività per la stipula dell’atto aggiuntivo”. Ragionevole pensare che la cifra fosse molto più alta della ventina di milioni del progetto preliminare.

L’impegno dell’Ue è quindi “simbolico” o sostanziale? Anche in questo caso, dipende da come la si guarda. Il contributo è stato concesso attraverso finanziamenti del fondo Connecting Europe: lo stesso fondo che, per comparazione, ha contribuito alla Tav, la linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione con 765 milioni, 64,7 dei quali solo per la progettazione ferroviaria. C’è da precisare che i 25 milioni per la parte progettuale ferroviaria del ponte potrebbero essere il primo step, arrivato tra l’altro dopo molto tempo: a giugno, interrogata sull’argomento da LetteraEmme, la commissaria europea per i Trasporti Adina Valean aveva spiegato, letteralmente, di “attendere un solido progetto per finanziare la prima fase di fattibilità“: segno che nessuno aveva mai trasmesso all’Europa nemmeno un progetto di massima (e a giugno 2024 era già stato approvato da mesi il progetto definitivo). Una volta arrivato il progetto, e valutata la congruità con gli obiettivi strategici europei legati ai trasporti (“Core Ten-T”, corridoio scandinavo-mediterraneo), è stato stabilito il cofinanziamento.

Che, assieme ai soldi, porta con sè sviluppi piuttosto interessanti: secondo l’amministratore delegato della Stretto di Messina Spa Pietro Ciucci, “l’intervento diretto della Commissione europea, che garantisce la presenza di parametri di trasparenza e controllo sull’andamento gestionale delle attività di progettazione, realizzazione e gestione dell’opera”. Questo significa che un ente di controllo realmente esterno valuterà la conformità del progetto in linea tecnica, che attualmente è conosciuto solo dalla Stretto di Messina, dal comitato tecnico scientifico (nominato dalla Stretto Spa, che ha sollevato 68 tra rilievi e “raccomandazioni” al progetto definitivo)  e da Parsons transportation group, project management consultant sulla cui terzietà nessuno ha ovviamente motivo di nutrire alcun dubbio, ma che, per ammissione dello stesso Ciucci in un’audizione al Senato del 2012, si occupa di ” verificare e monitorare, con i metodi più adeguati ed aggiornati, tutte le variabili dei processi gestionali e delle tecniche progettuali, al fine di assicurare il rispetto degli standard di qualità, dei tempi e dei costi previsti per la realizzazione dell’opera, mantenendo, in capo alla società, i compiti di indirizzo e di alta sorveglianza“. Col cofinanziamento da parte dell’Ue, parte dei dati di analisi sulla percorribilità ferroviaria dell’opera, argomento tra i più controversi, saranno esaminati anche da un ulteriore organismo “in doppio cieco”.

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