Addeu

 

Solo la congenita cattiveria del messinese poteva immaginare di appellarsi a una angelica creatura di poche settimane di vita con un lessema dal suono così agghiacciante e metistofelico in grado di riportare alla mente nomi letterari di figliastri di demoni e affini, da Azathoth del Ciclo di Cthulhu di Howard Phillips Lovecraft al figlio del Malvagio in Rosemary’s Baby di Polansky.

Addeu” è una parola che è difficile anche solo scrivere o concepire visivamente. Dopo la doppia D cosa ci va? Una H per ammorbidirlo? O una R, per renderlo duro come si converrebbe? E la creaturina, a quali traumi andrà incontro, dopo che per mesi la storpiatura di “allievo” ne ha connotato l’esistenza? Addeu è colui che si alleva, ma più o meno come fanno i coccordilli con i loro cuccioli (si sappiamo che non li mangiano, era giusto per indulgere nelle fake news), o la prole che si tira su a nerbate nella schiena (la celebre variante “verga di nocciolo” del metodo educativo Montessori), o ancora il neonato che non si vede l’ora diventi in grado di camminare per spedirlo a lavoro nei campi.

È la natura matrigna che ti insegna che sei nato per soffrire, e siccome sei sventurato te lo ribadisce con scuola e doposcuola, rimarcando a livello lessicale la differenza sociale tra il nascere aristocraticamente “angioletto”, borghesemente “batuffolino”, e proletariamente, nel senso letterale del termine, “addeu”. Ma il mondo, si sa, è un posto estremamente malvagio.

 

Subscribe
Notify of
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments