MESSINA. Il sindaco, Gaetano D’Arrigo, ha rassegnato le dimissioni (in realtà è stato sollevato dall’incarico dal re Vittorio Emanuele III). Dei suoi assessori non c’è più nessuno. Ci sono solo diciotto consiglieri comunali, che si riuniscono in seconda convocazione. Inizia con una formalità di rito, che nella sua ufficialità svela tutto l’orrore di una città quasi del tutto cancellata dalla faccia della terra, la prima seduta del consiglio comunale di Messina dopo il devastante terremoto del 1908. E’ il 14 febbraio, un mese e mezzo dopo quei trentasette secondi in cui la terra si è animata a 7.1 gradi richter quasi cancellando Messina dalla carte geografiche: a prendere la parola, concessa dal presidente del consiglio comunale (il consigliere anziano Antonino Martino, ex sindaco) è Nicola De Bernardinis, regio commissario e consigliere delegato dalla Prefettura di Messina. La prima seduta del ricostruito consiglio comunale messinese si apre con parole melodrammatiche. “Le ultime stelle della notte del 28 dicembre illuminare la più grande tragedia del dolore umano. Messina l’eroica, l’industriosa, la generosa, agonizzava tra le rovine dell’alba sopravveniente, pietosa, nel coprire le convulsioni estreme con fosco velo polveroso, che levandosi dalle immense macerie, lentamente si distendeva sulle rive del mare dinanzi sfolgoranti di così irraggiata bellezza“, e così va avanti per tre delle dieci pagine di quel primo, storico verbale. Poi il commissario inizia  a parlare della ricostruzione. Iniziando dalla macchina burocratica. Decimato crudelmente e disperso il personale dei pubblici servizi, questi erano l’impossibilità di funzionare Urgeva però provvedere al funzionamento rudimentale dei più indispensabili servizi di rudimentale e sommaria organizzazione“, raccontava il commissario. “Egli a tutto il possibile provvide, in mezzo a difficoltà indicibili“, scrive il segretario Carmelo Stagnitta. “Il primo servizio da risistemare era quello del seppellimento dei cadaveri, e a ciò fare pose ogni sua cura“, racconta De Bernardinis, parlando di sè in terza persona. “E quindi provvide alla riparazione dell’acquedotto, alla pubblica illuminazione delle piazze e strade sgombre da macerie, alla spazzatura dei siti in cui vi erano agglomerati di persone, al riordinamento dello stato civile specialmente per la identificazione dei decessi, all’istituzione di un servizio di censimento dei superstiti, di un ufficio di informazioni per le infinite richieste  di notizie che da tutti i paesi d’Italia e dell’estero circa la sorte occorsa ai residenti di questa città”. Il ritratto di una città che stava tentando lentamente di tornare alla normalità dopo l’immane tragedia e la straordinarietà del fatto che prima di De Bernardinis, a reggere Messina era stato il generale Francesco Mazza, forte di un regio decreto del 2 gennaio che istituiva lo stato d’assedio, cioè la legge marziale, in città. “Disciplinò la distribuzione dei viveri e degli indumenti – continua il verbale – affidandola ad un comitato di cittadini. Sistemò i servizi sanitari, istituì il servizio di cassa affidandolo temporaneamente ad un funzionario della prefettura e quindi alla Banca d’Italia, ottenne che il governo pagasse alcune somme accreditate dal Comune, provide per la regolarizzazione dei servizi nelle 48 frazioni, confermò i delegati municipali e ne nominò altri, assunse in servizio tutti gli impiegati e salariati superstiti, corrispondendo loro lo stipendio e un sussidio e li distribuì in ogni ramo di servizio“. Poi, dopo una lunga serie di ringraziamenti personali, il “passaggio di consegne” al civico consesso: “L‘opera da me incominciata ora io affido alle vostre mani, ma prima di lasciarci mi sento il dovere di indirizzare, da questo posto a nome di Messina, i più sentiti sentimenti di riconoscenza tutti coloro che l’opera pietosa di soccorso hanno compiuto. Possa per l’opera loro concorde e feconda, Messina risorgere dalle proprie ceneri all’antico splendore“. Dopodichè Bernardinis esce dall’aula, tra gli applausi dei consiglieri comunali in piedi a tributargli gli onori, lascia a verbale il segretario. La seduta continua con interventi tutti dello stesso tenore, di ringraziamento a chiunque abbia contribuito ad aiutare Messina. Il presidente propone di votare per acclamazione tutte le proposte: il consiglio (Gaetano D’Arrigo, Antonino Martino, Cesareo Di Giacomo, Paolo Caruso, Carlo Donati, Antonino Portovenero, Giuseppe Ciraolo, Nazzareno Picciotto, Lorenzo Scarcella, Orazio Ciraolo, Giuseppe Magaudda, Artuto Lella, Augusto Bedde, Francesco Sanmartino, Rosario De Natale, Giuseppe Toscano, Giuseppe Fortino, Santi Lisciotto) approva, e su proposta del presidente approva anche il verbale di seduta, che viene sciolta. Il primo passo verso la ricostruzione politica della città dopo il terremoto del 1908.

 

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