MESSINA. Il piano di riequilibrio del comune di Messina non sembra riuscire ad uscire dal limbo in cui è precipitato dal 2014, anno della sua prima stesura: e non sembra che lo possa fare in tempi brevissimi, perchè la Corte dei Conti, ente chiamato a giudicarne l’applicabilità, ha chiesto, un’altra volta, l’ennesima, una lunga serie di chiarimenti a Palazzo Zanca. La lista è molto lunga, e bizzarramente richiede di “compilare i prospetti richiamati nei successivi punti della presente richiesta istruttoria, utilizzando esclusivamente il software applicativo excel, al fine di consentire la rielaborazione dei files trasmessi. Le celle dei fogli di lavoro devono altresì contenere le formule delle funzioni di calcolo”: i magistrati contabili, insomma, vogliono rifare i calcoli che hanno portato alla determinazione delle somme debitorie del comune di Messina, e di come ripagarle fino al 2033. Quali conti non tornano alla Corte? Quelli relativi agli accantonamenti dei Fondi rischi straordinari, per esempio, che nell’allegato 2 al Piano, sono di 13 milioni e 206.493 euri, mentre in altri documenti sono pari a dieci milioni. “Si chiede di fornire adeguate motivazioni e di indicare l’ammontare effettivo“, scrivono i magistrati contabili. Scollamenti tra i numeri anche per i debiti fuori bilancio: “occorre evidenziare la non agevole riconciliazione tra le diverse evidenze contabili (Piano di riequilibrio e rendiconti) della dinamica dei debiti fuori bilancio in relazione alle previsioni del Piano e alle effettive risultanze finanziarie. Si chiede, pertanto, di effettuare una chiara riconciliazione tra tutti i riferimenti quantitativi contenuti nei vari documenti contabili, verificando, altresì, la coerenza tra tutti i riferimenti numerici trasmessi”, recita la relazione. Un altro punto sul quale si sofferma la Corte dei Conti è la differenza tra “le riduzioni effettive dei debiti, diverse dalle rateizzazioni concordate con i creditori”: per queste ultime, è chiesto di riferire “le informazioni sull’evoluzione delle transazioni”. Sul problema delle discrepanze tra cifre, i magistrati contabili insistono: “si chiede di esporre in maniera univoca e chiara l’evoluzione dei debiti fuori bilancio”, dal 2019 a giugno del 2022, perchè “si ribadisce la necessità di garantire, per le singole componenti risultanti dalla richiesta riconciliazione, la coerenza delle relazioni con i diversi dati numerici”, spiegano. C’è anche il problema dei nuovi debiti fuori bilancio, che ogni anno maturano e si accumulano. “A pag. 9 della relazione del revisore al rendiconto 2020 si descrivono somme considerevoli, non quantificate, a seguito di sentenze sfavorevoli definitive per l’ente, non inserite nel piano di riequilibrio”: e i magistrati vogliono conoscerne l’entità, e cosa il Comune intende fare per ripianarli. Quindi c’è il “mistero” dei trenta milioni fantasma: “A pag. 7 del piano di riequilibrio si afferma che, alla data del 31.12.2021, sono stati accantonati euro 30.086.744,10; tuttavia nell’allegato a/1) quote accantonate allegato al rendiconto dell’esercizio 2020 non risulterebbero accantonamenti di tal genere e non si evincono neppure nella “tabella dimostrativa del risultato di amministrazione presunto”, contenuta nella nota integrativa la bilancio preventivo 2022-2024 (parte terza). Si chiedono chiarimenti, indicando l’esatta allocazione contabile”, è l’intimazione della Corte dei conti, che ha qualche dubbio anche sulle mosse di contrasto all’evasione tributaria, dal momento che chiede “Il totale complessivo dei residui iniziali e riscossioni in conto residui dell’esercizio 2020, di tutti i capitoli esposti”, che, spiegano i magistrati contabili, “deve essere uguale ai rispettivi importi indicati nel prospetto sull’evoluzione dei residui” (un problema, quello del recupero dei tributi, sollevato anche dai revisori dei conti). Perplessità anche sulla riduzione dei costi del Comune, dato che oltre alla richiesta di documentare le somme, i giudici sottolineano che “occorre premettere che gli elementi informativi inviati alla Sezione nell’ambito delle verifiche del precedente piano non sono risultati idonei a verificare l’effettivo raggiungimento dello stato di attuazione del piano e, soprattutto, l’attendibilità delle previsioni delle economie per i futuri esercizi”. Sulle partecipate, la Corte dei Conti chiede soprattutto, oltre ai documenti e al solito foglio excel, anche un punto specifico, che riguarda MessinaServizi Bene Comune, per la quale già un anno fa si esprimeva “la perplessità sul mantenimento di quote di partecipazione“: secondo la relazione, la partecipata ha un “oggetto che sembra sovrapponibile alla società “Messinambiente S.p.a. in liquidazione”, in violazione dell’art. 14, comma 6, del Tusp”, e per questo si “chiede un approfondito chiarimento”. Lente d’ingrandimento anche sulle misure adottate dal Comune durante la pandemia sottoforma di esenzioni e “card”. “Della relazione dell’organo di revisione al rendiconto 2020, si afferma che sono stati assegnate agli organismi partecipati risorse finanziarie ai sensi della normativa connessa all’emergenza epidemiologica da COVID19, in assenza della preliminare individuazione dei minori ricavi/maggiori costi sofferti dalla gestione finanziaria delle partecipate. Si chiede di indicare analiticamente: a)i destinatari, b) l’ammontare concesso specificando l’allocazione contabile dei capitoli coinvolti in entrata e spesa c) se sono stati adottati adeguati provvedimenti idonei a dare piena contezza delle risorse concesse”, chiede la Corte dei Conti. Adesso la palla passa a Palazzo Zanca, che ha due mesi per convincere i magistrati contabili, e fornire loro quanto richiesto.

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