PALERMO. Per mostrare l’entità della “strage generazionale” che ha colpito la Sicilia bisogna fare affidamento sui numeri, che raccontano in modo impietoso un’emorragia di cervelli che sembra non avere fine, infierendo su una terra sempre più povera e ignorante.  A lasciare la regione sono infatti per lo più giovani tra i 25 e i 35 anni, soprattutto singoli o coppie con livelli di istruzione medio alti. Ancora più emblematico il dato degli universitari: rispetto all’anno accademico 2016/17 gli iscritti in meno sono ben 8.000. Su un totale di 155.271 studenti, 14.248 studiano negli atenei del Nord Ovest, 8.945 in quelli del NordEst, 19.210 in quelli del Centro e 7.010 negli altri atenei del Mezzogiorno. Meglio non va con le scuole: negli ultimi 15 anni il numero complessivo degli iscritti è passato da 769.111 a 642.486. Un dato che fa il paio con la “grande fuga” dalla Sicilia: dal 2002 ad oggi ha perso oltre 140mila residenti attraverso trasferimenti netti verso altri territori nazionali, mentre i siciliani che hanno trasferito la residenza all’estero negli ultimi quattro anni, dal 2013 al 2016, sono stati quasi 38 mila.

I dati, allarmanti, sono quelli che emergono da un’analisi della Flc Cgil e dalla nota di aggiornamento del Def regionale, approvata dal governo Musumeci, che scatta una fotografia impietosa delle condizioni dell’isola: “Diplomati e laureati, educati e formati in Sicilia, con grandi sacrifici per le famiglie, affidano le speranze di lavoro all’emigrazione senza ritorno”.

Il problema non riguarda solo le nuove generazioni. La Sicilia si colloca infatti al secondo posto, solo dopo l’enclave spagnola della Città Autonoma di Ceuta, in Marocco, per percentuale di persone che vivono in famiglie con livello di intensità di lavoro molto basso (23,7%). Non solo. Nel 2017 l’isola ha raggiunto la peggiore performance in Europa per quota di persone a rischio povertà o esclusione sociale (52,1%) e ha anche il primato della quota di popolazione dai 15 anni in su a rischio povertà (41,3%).

“In questo scenario – si legge nel documento – le distanze fra Nord e Sud d’Italia continuano ad ampliarsi e il fenomeno della migrazione giovanile dal Sud al Nord del Paese aggrava le prospettive future. Sul piano del mercato del lavoro risulta che due siciliani su 10 sono lavoratori irregolari, per un totale di 300.000 persone, 215 mila delle quali impiegate nei servizi, mentre in agricoltura i tassi di irregolarità superano il 35%. Il tasso di irregolarità a livello regionale è mediamente superiore di 7 punti percentuali a quello nazionale”.

 

 

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Francesco
Francesco
25 Ottobre 2018 23:59

Ragazzi, ma cosa vi scandalizzate ? È normale tutto ciò! Una città come Messina da sempre basata su settore terziario /amministrativo non può minimamente far fronte a tutto ciò. La città non ha una realtà imprenditoriale/industriale come il Nord. Messina è sempre stata mal gestita da decenni. Oltretutto se non possiedi una buona dose di raccomandazioni sei praticamente fottuto. Un esempio? Provate

MessineseInFuga
MessineseInFuga
26 Ottobre 2018 17:49

da 7 anni vivo a Roma e non per scelta, semplicemente perchè Messina è una città dove provare a costruirsi un futuro è quasi impossibile se non sei figlio di qualcuno o abbastanza leccaculo, mi spiace ma alla fine ci ho guadagnato ad andare via

trackback
31 Ottobre 2018 9:12

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