MESSINA. Il commissario Filippo Romano lo ha spiegato per fili e per segno: pure senza debiti, la ex provincia regionale di Messina non riuscirà a chiudere il bilancio 2017, a causa di problemi “strutturali” causati dalla legislazione attuale che non consentono alla Città metropolitana di Messina, ma anche alle altre, di proseguire nei loro compiti. E nonostante questo c’è chi non si rassegna. Michele Bisignano, per esempio, ex assessore provinciale e coordinatore di LaborMetro Messina.

“L’istituzione della Città Metropolitana è stata, negli ultimi decenni, la conquista più importante per il nostro territorio. Una conquista, di cui ancora non si è ben compresa l’importanza, ma che ha già dato risultati incontrovertibili. Ponendo il territorio provinciale di Messina allo stesso livello delle maggiori aree metropolitane d’Italia, ed in Sicilia allo stesso livello dei territori di Palermo e di Catania (e forse è questo il punto dolente), e ponendo così l’Ente Città Metropolitana in condizione di poter accedere ai cospicui finanziamenti del Fondo per lo Sviluppo e Coesione e di altri fondi strutturali per le Aree Vaste.
Ed è proprio lo status di Città Metropolitana che ha consentito nell’ottobre del 2016 la sigla del Patto per lo Sviluppo con il Presidente del Consiglio Pro-tempore Matteo Renzi.

Un Master Plan che prevede interventi spalmati in più anni per circa 777 milioni di euro per una serie di settori importanti per tutto il territorio provinciale, quali le infrastrutture ed i trasporti, lo sviluppo economico e produttivo, il turismo e la Cultura e l’Ambiente. Così come è stato proprio lo status di Città Metropolitana che ha consentito alla Camera di Commercio di Messina di mantenere la propria autonomia, ed evitare l’accorpamento con altre realtà.
Tale conquista è stata ottenuta grazie agli imput di poche realtà sociali locali seguiti da una forte iniziativa politica portata avanti, soprattutto, dal Presidente dell’Ars, nel momento in cui si ipotizzava che venissero individuate come Città Metropolitane Palermo e Catania, od addirittura solo Palermo, con la contestuale esclusione di Messina dalla prima versione dei Patti per il Sud, e venivano portati avanti disegni di frammentazione del territorio provinciale, con spinte centrifughe verso le province di Catania e di Enna, che avrebbero ridotto e mortificato per sempre le potenzialità della nostra realtà territoriale.
Ma tale conquista non può essere svilita ed annullata da chi pensa di gestire la Città Metropolitana come una azienda, con una mentalità da contabile e va ripetendo (come un mantra) con atteggiamento di arroganza e di sufficienza, che la dichiarazione di dissesto è un’atto tecnico dovuto a causa del prelievo forzoso da parte dello Stato su alcuni introiti tributari dell’Ente che impedirebbe la predisposizione del Bilancio di Esercizio.

Ciò senza fare nulla di concreto per fronteggiare tale situazione di sofferenza finanziaria e senza tenere presente che Città Metropolitana significa territori, identità, cultura, storia e forse l’unica prospettiva seria di sviluppo per una realtà di 670.000 abitanti. Non è comprensibile quindi il perché si voglia accelerare una procedura di dissesto in pieno agosto, che avrà conseguenze pesantissime sul futuro dei dipendenti dell’Ente e sui cittadini e i Comuni della provincia, pur dichiarando che l’Ente non versa in condizioni disastrose data l’assenza di pregressi indebitamento, debiti fuori bilancio e disavanzo, senza attendere la scadenza prevista dalla normativa per l’approvazione dei bilanci comprese eventuali proroghe, e l’eventuale nomina di un Commissario ad Acta.

Ma non si comprende soprattutto perché, dato che questo elemento del prelievo forzoso riguarda tutte le nove ex province siciliane, le procedure per il dissesto sono state avviate solo per la Città Metropolitana di Messina, invece di promuovere una serie di azioni comuni di tutti gli Enti intermedi siciliani. Ed è emblematico il caso della ex Provincia di Siracusa, dove non vengono pagati da parecchi mesi gli stipendi e non di riesce a far fronte ai creditori e ai fornitori (situazione ben nota al Commissario Straordinario della Città Metropolitana di Messina perché proprio in quella Provincia svolge il ruolo di Vice Prefetto Vicario).
Ma ci chiediamo ancora come il sindaco della città metropolitana pensi di coniugare la sua volontà di dare seguito con un atteggiamento notarile all’atto di indirizzo del commissario facente funzione del Consiglio metropolitano con l’impegno assunto nel ottobre del 2016 di assicurare il pieno conseguimento degli obiettivi del patto per lo sviluppo inclusi quelli di spesa ci auguriamo che non abbiano ragione coloro che in diversi ambienti regionali avevano visto l’ottenimento del ruolo di città metropolitana di Messina come un incidente di percorso perché andava ad interrompere un ruolo egemonico esercitato nel tempo dai due poli di Palermo e di Catania e soprattutto dai vari governi regionali che avevano visto sempre il nostro territorio con una logica colonialista grazie alla accondiscendenza di una certa classe politica e ci chiediamo infine perché coloro che continuano a gestire attualmente la città metropolitana se non sono in condizione di trovare una soluzione politico-istituzionale alla criticità finanziaria dell’ente e continuano a prospettare l’unica soluzione del dissesto ponendo a rischio i finanziamenti per tutti i comuni della provincia ottenuti grazie al masterplan con grande senso di responsabilità non prendano atto di tale loro inadeguatezza politica ed assumono determinazioni conseguenti quali le dimissioni anticipando anche solo di qualche periodo le indicazioni recentemente inserite nella legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana”.

 

 

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