MESSINA. L’ultima iniziativa imprenditoriale in ambito culinario risale alla scorsa estate, con l’apertura a Sanzano, in Veneto, di un piccolo tempio del cibo siciliano creato da due amiche e socie messinesi: è solo il tentativo più recente di esportare al di là dello Stretto il vero “oro messinese”, l’offerta gastronomica. Una tradizione ricchissima e centenaria che dagli inizi del ‘900 ai giorni nostri spinge centinaia di ristoratori o aspiranti tali ad aprire ristoranti o gelaterie in ogni angolo dello Stivale. Coinvolgendo sempre più i tanti giovani costretti ad emigrare per mancanza di lavoro e di opportunità. Dagli arancini alle cassate, dal vino alle braciole, ecco gli ultimi avamposti messinesi che hanno fatto conoscere ai “polentoni” i sapori dello Stretto.

DAL RADICCHIO ALLA GRANITA. Salzano è un piccolo paese veneto di dodicimila anime cresciute a “sarde in saor”, frittate di radicchio e seppie in umido. Almeno fino alla scorsa estate. Quando le abitudini alimentari degli abitanti sono state stravolte da due donne messinesi che hanno aperto in pieno centro un locale di specialità tipiche siciliane, realizzando un sogno culinario che coltivavano da una vita.

 

 

Maria Villari

Maria Villari, 40 anni, e Marianna Di Pietro, 42, sono due amiche che si conoscono fin dai tempi delle medie. Cresciute entrambe a Messina, si sono separate dodici anni fa per questioni lavorative. Maria si è trasferita in Veneto con il marito, mentre Marianna è rimasta a gestire la pasticceria di famiglia a Letojanni. Poi, la scorsa estate, la grande occasione di una vita: una telefonata, una proposta irrinunciabile e un desiderio che si avvera. Marianna raggiunge Maria in Veneto e appena due mesi dopo alzano per la prima volta la saracinesca della loro attività: “Le Siciliane”, un vero e proprio angolo di Sicilia – il primo della zona – che ha portato un intero paese ad abbuffarsi di cannoli, cassate e arancini. Maria si occupa dei rustici e Marianna dei dolci, preparando assieme ogni giorno mozzarelle in carrozza e pitoni, paste di mandorla e granite con brioches. 

«A Letojanni vengono in vacanza molti veneti – spiega Marianna in un’intervista al quotidiano Veneziatoday- Più volte ho chiesto loro se avrebbero visto di buon grado un negozio di specialità siciliane lì al nord e la risposta è stata sempre la stessa: “magari!”».

LA PRIMA AVANGUARDIA.  È trascorso più di un secolo dall’apertura della prima attività commerciale messinese del Settentrione. Correva l’anno 1914 quando Salvatore Freni, sopravvissuto per miracolo al terremoto che all’alba del 28 dicembre 1908 distrusse la città dello Stretto, fondò in Corso Vittorio Emanuele, a Milano, la prima pasticceria siciliana della città meneghina e di tutto il nord Italia. 

Sono i tempi difficili del periodo bellico e i dolci meridionali sono ancora poco conosciuti. Tuttavia, con l’aiuto dei suoi tre figli, Iginio, Carlo e Luigia, che gli succedono nella conduzione dell’azienda alla fine degli anni venti, l’attività del messinese prosegue con l’apertura di un secondo negozio in Via Alciato. Nel 1943 e nel 1944 l’attività dei fratelli Freni subisce una brusca frenata per via dei bombardamenti alleati, con la perdita della nuova pasticceria e con la quasi totale distruzione di quella di Corso Vittorio Emanuele, riadattata alla meglio con assi di legno e chiodi per offrire quel poco che si riesce a reperire per la produzione: le materie prime infatti scarseggiano e i prezzi sono alle stelle.

Malgrado le difficoltà, alla fine del secondo conflitto mondiale, i tre fratelli Freni inaugurano un nuovo negozio in Via Marconi, riaprendo quello in Corso Vittorio Emanuele (poi chiuso nel 2013) e avviando nel 1952 quello nella centralissima Via Torino, tutt’oggi esistente, dove iniziano a produrre gelati artigianali e una specialità tutta messinese che all’epoca a Milano conoscevano in pochi: la granita.

 

I tempi nel frattempo sono cambiati. La clientela meneghina diventa sempre più cosmopolita e curiosa e i dolci tipici dell’azienda, che passa prima a Gianfranco Freni, figlio di Iginio, e poi ai figli Carlo e Mario, che la conducono tutt’ora nella nuova sede di via Beccaria, si vendono come il pane. Ad accrescere il prestigio del locale, così famoso da essere inserito nel libro “1001 cose da vedere a Milano almeno una volta nella vita” (Newton Compton), contribuisce l’abilità dei pasticceri nella lavorazione del marzapane, con innumerevoli commissioni per la produzione di soggetti che vengono utilizzati da studi fotografici e case di produzione per riviste, film e banchetti nuziali.

LE NUOVE LEVE. Più di cento anni dopo sono ancora tantissimi i locali made in Messina che sorgono come funghi nelle principali città del nord. E se a far la parte del padrone, fra i prodotti, sono i soliti arancini e dolci, da qualche anno, sempre a Milano, sta spopolando un piatto tipico della tradizione peloritana che non aveva ancora oltrepassato i confini dello Stretto: la braciola.  Lanciata da un’abile strategia di marketing che ha attratto i tanti milanesi incuriositi dalla misteriosa “fine missinisi cuisine”, e soprattutto da quelle “strane” braciole a forma di involtino che a lungo hanno fatto capolino dai manifesti pubblicitari affissi in metro, la “Bracioleria” dei messinesi Roberto Ruggeri e Fabio Giuffrè, sorta in via Fogazzaro, zona Porta Romana,  unisce la tradizione culinaria messinese al gusto tutto milanese dello slow food. 

 

 

Ancora più giovane è la dolceria-rosticceria Betto, che ha compiuto un anno di vita da qualche giorno. Aperta da Roberto Fiorello, 36enne di Spadafora, assieme ad alcuni “autoctoni” nel centralissimo corso di Porta Ticinese, a qualche centinaio di metri dal ristorante “La Playa di Taormina”, è una bomboniera  d’altri tempi  e una summa della messinesità in tavola: arancini, pitoni, granite, braciole e persino il pane fatto in casa come nella migliore tradizione nebroidea. 

 

 

Sempre nella città di Sant’Ambrogio, in via Giuseppe Govone 19, è sorta un anno e mezzo fa l’enoteca Sikania, fondata dai messinesi Vincenzo Arlotta e Stefania Mazzullo, che propone una ricca selezione di vini siciliani, accompagnati da salumi, formaggi e dolci isolani. «Il nostro – racconta Vincenzo, originario della provincia –   è un locale specializzato nella somministrazione e vendita di prodotti tipici siculi tra enologia e gastronomia. La cantina ha aperto i battenti nell’ottobre del 2015, con l’idea di esportare i sapori tradizionali della Trinacria all’ombra del Duomo. Pur essendo una realtà imprenditoriale e commerciale relativamente giovane, la struttura si è già affermata come tra le più interessanti e promettenti del territorio».

 

 

Last but not least, ecco a Bologna “La tumpulata”, fondato da Nino Cucinotta. Fra i soci fondatori del Retronouveau di via Croce Rossa, il trentottenne messinese si è trasferito nel capoluogo emiliano nel maggio del 2015, dove ha aperto un angolo di street food siciliano nella centralissima via Santa Margherita, a un tiro di schioppo da Piazza Maggiore e dalla Basilica di San Petronio. Fra le specialità proposte: un’ampia scelta di salumi, primi piatti, insalate, aperitivi e vini rigorosamente tipici della gastronomia siciliana.

 

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