MESSINA. Potrebbe esserci un problema (nuovo, l’ennesimo) nel piano di riequilibrio del comune di Messina, quello la cui prima stesura risale ormai a undici anni fa, e che sembrerebbe arrivato in dirittura d’arrivo (o forse no, viste le ulteriori perplessità della Corte dei conti). Un problema da 15,6 milioni di euro. Scomparsi. Si tratta di un debito che il comune di Messina ha con l’Ato3, società in liquidazione da anni, e che si riferiva a fatture per servizi mai pagate da palazzo Zanca, che erano stati inseriti come debiti fuori bilancio nel piano di riequilibrio, ma che nell’ultima rimodulazione non ci sono più. La vicenda è stata raccontata ieri mattina di consiglieri del Pd Felice Calabrò e Antonella Russo. Il 29 dicembre il liquidatore dell’Ato3 Antonio Liotta manda una circolare in cui sostiene che il piano di riequilibrio potrebbe essere inficiato dal fatto che nella rimodulazione di luglio 2022 non è stato inserito come debito fuori bilancio da quasi sedici milioni che il comune di Messina ha nei confronti della ex azienda d’ambito territoriale, ed è ricomparso, ma declassato a debito potenziale (per giudizi pendenti). “Io e la collega Russo a suo tempo abbiamo proposto un emendamento per l’inserimento di questi debiti nel piano di riequilibrio, che è stato bocciato sulla base di un parere negativo”, spiega Calabrò. Nel piano di riequilibrio, spiega il consigliere del Pd, il debito con l’Ato si è considerato espunto in virtù di una transazione. Che, secondo il commissario liquidatore dell’Ato3, non esisterebbe: “Agli atti di questa società non risulta con il Comune di Messina alcun accordo di abbattimento, né sottoscritto e né da sottoscrivere”, riporta tranciante Liotta nella lettera. La storia si complica: il debito è maturato nel 2006, conosciuto dal 2011 e riconosciuto sin dal 2017, è inserito nel piano di riequilibrio nel 2018, ed è scomparso nel 2022, revocato da una delibera del 2019 che sosteneva che essendo fallita MessinAmbiente, veniva a cadere l’intero debito da oltre 60 milioni. Il problema è, spiega Liotta, che MessinAmbiente nella vicenda non c’entra nulla. “II giudizio civile pendente di cui sopra, promosso dalla Società Messinambiente S.p.A. e proseguito dalla Curatela fallimentare nei confronti di Ato 3 e Comune di Messina riguarda un presunto credito assolutamente diverso da quello vantato da Ato 3 in liquidazione nei confronti del Comune di Messina. L’unico giudizio pendente tra l’Ato 3 ed il Comune di Messina, contenuto nel complessivo credito pari a € 15.614.260,66, è quello promosso da questa società innanzi al TAR Catania per la decurtazione unilaterale da parte del Comune di Messina di una somma pari ad € 2.800.000,00”. Non solo. “Nel 2017 l’attuale sindaco Federico Basile, all’epoca revisore dei conti, certifica il debito. Nel 2022, da sindaco, lo cancella. Attenzione, lo si può togliere dal piano di riequilibrio come debito fuori bilancio, ma non come debito potenziale”, assume Calabrò, che informa di aver chiesto la convocazione di tutti i soggetti, politici, amministrativi e contabili (sindaco, dirigenti, segretaria generale, ragioniere generale, direttore generale) in maniera da poter dirimere la matassa. Ma quindi, perchè il debito, conosciuto da oltre dieci anni e riconosciuto come debito fuori bilancio da sei, è stato tolto dal piano di riequilibrio come tale? Lo spiega Antonella Russo: il nostro emendamento, che voleva far rientrare la somma nel piano di riequilibrio, è stato bocciato perchè la legge vieta il soccorso finanziario del Comune nei confronti delle partecipate. Ma questo è un debito su fatture emesse, su un rapporto contrattuale, non un intervento per ripianare perdite. Che era debito fuori bilancio lo hanno affermato quelli che poi a dicembre lo hanno negato. Tanto più che in altre circostanze, e con altre partecipate come l’Amam i debiti fuori bilancio sono stai approvati eccome. Alla luce di questo – conclude Russo – come certificheremo la veridicità del piano di riequilibrio davanti alla Corte dei conti?“.

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