MESSINA. Norme di sicurezza non rispettate e soccorsi improvvisati sotto ogni punto di vista, tanto da avere “comportato un grave ritardo” nel salvataggio. Sono queste, secondo la perizia della procura, le responsabilità che hanno portato alla morte del primo ufficiale Cristian Micalizzi (38 anni), del secondo ufficiale Gaetano D’Ambra (29 anni) e del motorista Santo Parisi (51 anni), deceduti a bordo della nave Sansovino dopo l’apertura della cassa stagna che sprigionò un gas letale, l’acido solfidrico, che in pochi istanti disintegrò le vie respiratorie dei tre uomini.

A riavvolgere il nastro di un anno, ricostruendo il tragico evento durante il quale persero la vita i tre uomini, è il perito dell’accusa Salvatore Gianino. Una ricostruzione, come si legge in un articolo pubblicato stamani su Repubblica, effettuata attraverso i video della nave e le testimonianze dei marittimi sugli eventi del 29 novembre del 2016. Quella di Gianino è una ricostruzione scandita minuto per minuto, che ha inizio venti giorni prima dell’accaduto, con la Sansovino ferma nel porto di Messina per lavori di manutenzione, a causa dell’allagamento “della sentina del locale apparato motore”, dovuta alla “probabile rottura di una tubazione o la mancata chiusura di una valvola di rifornimento”.

La decisione di svuotare la sentina e di riversare il liquame dentro lo spazio vuoto numero 6, ovvero il luogo dove moriranno i tre uomini, avviene poi il 29 novembre, “dovendosi spostare di ormeggio dalla banchina Colapesce al molo Norimberga”. Nella cassa di sinistra, negli ultimi tempi, era stato notato un liquido che fuoriusciva e sporcava il ponte di stiva, costringendo il personale di bordo ad effettuare la pulizia. I lavori di manutenzione devono essere fatti “obbligatoriamente”: è l’ordine che costringe il “personale di bordo ad arrangiarsi, avventurandosi in una sconsiderata quanto funesta impresa di apertura di una cassa di cui non si conosceva l’esatto contenuto”.

I lavori di manutenzione nella sentina della nave iniziano alle 13.10. Sotto sono in parecchi e c’è un gran via vai di marittimi. A determinare la tragedia è la decisione di allentare i bulloni per “svuotare la cassa di raccolta delle acque di lavaggio garage di sinistra” in modo tale da “consentire la fuoriuscita del liquido contenuto all’interno e che si sarebbe riversato nel sottostante spazio vuoto 6, comando ricevuto presumibilmente dal direttore di macchina”.

Alle 13.57 i bulloni vengono allentati per la prima volta, e poi una seconda volta circa mezz’ora dopo. I marittimi non hanno i dispositivi di protezione individuali. Nel frattempo il liquido si sparge nello spazio numero 6 iniziando ad intossicare l’ambiente. “Liquido maleodorante assieme a schiuma di colore bianco: odore assimilabile e foamite utilizzato per le esercitazioni antincendio”, lo descrive nella testimonianza resa Ferdinando Puccio, l’unico sopravvissuto tra quelli all’interno dello spazio 6. Provando ad uscire, Puccio, il primo a capire la gravità della situazione, si piegava su se stesso riuscendo ad avvertire Parisi di non entrare. Parisi però entrò lo stesso, e così fece anche Micalizzi, che si precipitò a dare aiuto ai colleghi. Usciranno da quello spazio ormai senza vita. Sebbene l’uscita del corpo di D’Ambra, come annota Gianino, nella concitazione del momento non viene raccontata da nessuno e non viene ripresa dalle telecamere.

I primi soccorsi – secondo la perizia – sono confusi, con braghe improvvisate. I soccorsi di 118 e Vigili del fuoco arrivano alle 15, e le operazioni terminano alle 15.30. Ma è a questo punto, scrive Repubblica, che bisogna riavvolgere il nastro ancora più indietro: “Nessuno ricordava da quanto tempo fossero state mai svuotate le casse in questione, lo stesso Lombardo (nostromo), imbarcato da quasi tre anni, non ricordava di aver mai assistito a questa operazione”.  “I soccorsi si sono svolti in maniera tanto concitata e confusa, con gente che entrava ed usciva mentre l’addestramento dei lavoratori dovrebbe condurre alla messa in pratica di azioni rapide ed efficaci in una sequela di operazioni da porre in essere in pochi minuti o addirittura in una manciata di secondi”, scrive Gianino. “Normalmente in quel tipo di locali non utilizziamo particolari dispositivi di sicurezza”, si legge invece nelle testimonianze riportate nella perizia.

 

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