Incidente probatorio su computer e sui telefoni rinvenuti nella sentina. Si terrà alle 15 presso la polizia postale di Catania la perizia, irripetibile (si andasse a processo l’esito sarebbe una prova già acquisita), sugli apparecchi sotto sequestro. Occhi puntati soprattutto sul telefonino rinvenuto durante i sopralluoghi nella sentina. Siamo alle battute finali delle indagini sulla nave dei veleni che uccise tre marittimi lo scorso 29 novembre. Dopo la perizia di oggi la procura dovrebbe procedere entro pochi giorni alla chiusura delle indagini e successivamente alle consequenziali richieste. Le indagini hanno preso più tempo del previsto soprattutto per le condizioni di grave inquinamento in cui versava la nave. L’imbarcazione è stata dissequestrata dalla procura soltanto dopo l’ultimo sopralluogo, lo scorso 16 marzo. Quattro mesi di indagini serrate guidate dal procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci. I tre marittimi, Gaetano D’Ambra, Santo Parisi e Christian Micalizzi morirono dopo l’apertura della cassa stagna che sprigionò il gas letale, l’acido solfidrico che in pochi istanti disintegrò le vie respiratorie dei tre uomini.

Tanti gli interrogativi sull’accaduto: come mai un primo ufficiale e un secondo ufficiale (Micalizzi e D’Ambra) di coperta  – quelli di macchina sarebbe stato previsto – si trovavano in sentina? L’impianto di aspirazione era rotto? Perché la melma letale ristagnava nella cassa? Perché nonostante la relazione che aveva già nell’aprile scorso evidenziato le criticità in sentina la nave non fu fermata per la bonifica? Perché la nave ferma a Messina per lavori di manutenzione presso i cantieri del luogo, non ha affidato anche questo lavoro “di sentina” ai cantieri stessi anziché impiegare personale di bordo?

 

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