PALERMO. L’annuncio è arrivato ieri mattina: la Sicilia, insieme ad altre sei regioni (Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna), è stata individuata come territorio potenzialmente idoneo alla costruzione di un “cimitero nucleare” in cui seppellire in sicurezza le scorie radioattive presenti (anche da decenni) in Italia, provenienti dalle quattro centrali nucleari e dalla decina di impianti in disuso. I siti indicati, per la Sicilia, sono quattro, nelle province di Trapani, Palermo e Caltanissetta.
Immediato si è alzato il grido di protesta di politici e società civile: oltre ai comunicati stampa e alle manifestazioni, le perplessità e le contrarietà potranno essere sollevate nella consultazione pubblica iniziata ieri e che durerà 60 giorni: il momento di partecipazione civica è finalizzato a coinvolgere i soggetti portatori di interessi qualificati nel processo di localizzazione del “Deposito Nazionale” e “Parco Tecnologico”.
Come stanno le cose? Il 30 dicembre la Sogin, la società pubblica di gestione del nucleare, ha pubblicato la Cnapi, infelice acrononimo di “Carta nazionale delle aree più idonee“, e ne ha selezionate 67 su tutto il territorio nazionale, suddividendole per colori: in una di quelle, sarà (forse) costtuito, con un miliardo e mezzo di euro, il il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Su una di quelle sorgerà il sito di stoccaggio nucleare.
La buona notizia, per la Sicilia, è che i siti siciliani (Trapani, Calatafimi-Segesta, Castellana Sicula, Petralia Sottana, Butera) sono idonei ma “con riserva”, nel senso che ce ne sono almeno una quarantina, in tutta la penisola, ritenuti migliori. Ai luoghi identificati è stata data una colorazione, da verde scuro a giallo, a seconda dell’idoneità. Quelli siciliani sono in coda, contrassegnati dal colore celeste, mentre i migliori, 12, si troverebbero in Piemonte (due a Torino e cinque ad Alessandria) e in Lazio (cinque a Viterbo)
Quella cattiva è che, anche senza il “deposito nazionale” (così si chiamerà), nell’isola sono già presenti dei rifiuti radioattivi, e persino un reattore nucleare. Il deposito, gestito dalla Sicurad di Palermo, è stato attivo fino al 2010, anno in cui l’autorizzazione di deposito è stata revocata. Fino ad allora, ha funzionato nell’attività di raccolta e stoccaggio di rifiuti radioattivi di natura essenzialmente (ma non solo) medica. Fino al 2018, ha continuato a raccogliere rifiuti radioattivi che poi vengono trasportati, nell’ambito del servizio integrato dell’Enea, presso il centro della Nucleco di Roma.
Non solo: a Palermo è presente anche un reattore nucleare, l’Agn-201 “Costanza”, uno dei quattro italiani, che si trova al dipartimento di Ingegneria nucleare dell’università di Palermo, e viene utilizzato prevalentemente per attività didattica e irraggiamenti e produzione di radionuclidi a vita breve per la calibrazione degli strumenti di misura. In passato, veniva utilizzato anche per ricerche scientifiche sul comportamento del “nocciolo”. Non sono presenti rifiuti radioattivi di produzione del reattore.
Cosa finirà nel cimitero nucleare, dovunque esso sia costruito? Rifiuti radioattivi a media e bassa attività, quelli cioè che si producono ogni giorno con oggetti di comune utilizzo: reagenti farmaceutici, mezzi radiodiagnostici e terapie nucleari dagli ospedali, radiografie industriali, guanti e le tute dei tecnici ospedalieri, il torio luminescente dei vecchi quadranti degli orologi, antenne di parafulmini. Sono i resti di attività nucleare che in un periodo massimo di 300 anni raggiungeranno un livello di radioattività tale da non rappresentare più un rischio per l’uomo e per l’ambiente.
Assieme a questi, però, saranno stoccati temporaneamente i rifiuti a media e alta attività, ossia quelli che perdono la radioattività in migliaia di anni e che, per essere sistemati definitivamente, richiedono la disponibilità di un deposito geologico.
La Sogin ha messo online anche un sito che identifica i luoghi idonei (che non funziona, non il migliore degli auspici per una società che deve costruire un cimitero per le scorie radioattive). All’interno, si spiegano, con un video, i criteri per la scelta (e quelli per l’esclusione) dei siti, quindici ciascuno: luoghi poco abitati, con una sismicità modesta, senza vulcani né rischi di frane e alluvioni. Non a quote troppo elevate (non oltre i 700 metri sul livello del mare), non su pendenze eccessive, non troppo vicine al mare, non molto vicine a autostrade e ferrovie, e assenza di “produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico”: criterio, questo, che tenderebbe a far escludere i siti siciliani (ma praticamente qualsiasi altro sito in Italia.
La scheda degli impianti nucleari italiani
[…] a dire il vero) il dibattito sul deposito che dovrà contenere le scorie nucleari di tutta Italia (qui tutto quello che c’è da sapere). Da ambientalisti ad associazioni, fino a politici (compreso il presidente della regione Siciliana […]
[…] Lo ha affermato il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, intervenendo in diretta a “Dentro i fatti”, su TgCom24, a proposito della mappa nazionale dei siti di possibile stoccaggio di scorie radioattive diffusa ieri che contempla l’istituzione dei depositi a Trapani, Calatafimi-Segesta, Castellana Sicula – Petralia Sottana e Butera (qui di cosa si tratta nello specifico). […]