MESSINA. Cancellate prima dal governatore della regione Siciliana Rosario Crocetta e poi dal disegno di legge dell’allora sottosegretario Graziano Delrio, le Province sono in quel limbo legislativo dal quale non riescono ad uscire. Siccome il mondo non si ferma in attesa che la politica si decida, le conseguenze sono invece ben concrete. Soprattutto quelle finanziarie.

Nel deprimente bilancio preventivo 2016/2018 della Città Metropolitana, l’ente senza ancora una precisa identità che ha preso il posto della Provincia regionale di Messina, un corposo capitolo è dedicato ai disastri che per anni a palazzo dei Leoni ha prodotto la politica delle partecipazioni in società sconosciute ai più, la cui utilità è stata marginale nel migliore dei casi, se non pari a zero o addirittura negativa. E dai meandri del tempo spuntano sigle oscure tipo Sogepat, Quarit, Centro Mercantile, Progeta. Cosa hanno prodotto negli anni? Debiti, sostanzialmente, o liquidazioni, o fallimenti. Al punto che la Provincia tenta da anni di disfarsi delle quote azionarie possedute, invano.

In tutto, le partecipate che la Città metropolitana tenta di liquidare sono 22, ereditate dalla Provincia. In mezzo società note, tipo le Ato, cinque in tutto. Nate come società d’ambito regionali su base provinciale, avrebbero dovuto razionalizzare il settore dei rifiuti, ma hanno finito con l’accumulare, in tutta la Sicilia, un miliardo e 300 milioni di debiti, e palazzo dei Leoni ha partecipazioni in tutte e cinque le aziende d’ambito del territorio: nell’Ato1 di sant’Agata di Militello e nell’Ato2 di Barcellona, la Provincia nel 2002 ha partecipato al milione di euro ciascuno di capitale sociale, acquisendo rispettivamente il 5% ed il 10% delle azioni. Nell’Ato 3, di Messina, palazzo Zanca aveva una partecipazione molto marginale, del 1,66% per un capitale da 271mila euro e rotti. L’Ato4 si occupava dell’ambiente per conto di Taormina e del comprensorio, e la partecipazione provinciale era del 10%, con centomila euro tondi di capitale sociale, mentre per la stessa percentuale, ma all’Ato5 (delle Eolie), da palazzo dei Leoni si sottoscriveva un capitale di ventimila euro, versati per poco più di 19mila euro. La dismissione delle quote era stata disposta per il 2011, ma non si è mai proceduto in questo senso. Nel frattempo, da allora, gli Ato sono in liquidazione. Eterna.

Al loro posto, dalla Regione si sono inventati le Srr, società di razionalizzazione del ciclo dei rifiuti, e per l’area messinese ne sono previste tre, Messina provincia, area metropolitana ed isole Eolie: Palazzo dei leoni possiede il 5% di ciascuna Srr, pur con capitale sociale differente: 120mila euro ciascuno per le prime due, ventimila per la terza.

Poi c’è la Sogas spa, società fallita che gestiva l’aeroporto dello Stretto: la ex Provincia regionale, oggi Città metropolitana, della società è nella compagine societaria dal 1977 detiene ancora il 14,96% delle quote, del capitale sociale da 3 milioni e centomila euro. Azionariato del quale palazzo dei leoni ha tentato in tutti i modi di disfarsi, senza mai riuscirlo a fare. Il 19 novembre 2015, infatti, era stato predisposto il bando per la vendita delle azioni: a gara regolarmente espletata, però, di compratori non se ne è presentato nemmeno uno, nonostante, o proprio a causa del valore per la vendita delle azioni  a 463mila euro.  

Nel 1999, palazzo dei Leoni decide di aderire alla Sogepat srl, 51%  di capitale pubblico e 49% privato per la gestione del patto territoriale di Messina e le agevolazioni previste dalla legge 488/92 a favore delle imprese con unità produttive in zone svantaggiate. Programmi ambiziosi (sessanta milioni di euro, 40 progetti, occupazione per oltre 450 unità), poi il triste declino: liquidazione nel 2010, Provincia che nel 2011 tenta di svincolarsi dismettendo le sue quote (12,25%, di 76mila euro, quindi poco più di novemila euro). Quote che, messe sul mercato con regolare bando a giugno del 2015, sono ancora sul groppone della Città Metropolitana, perché la gara è andata deserta.

La stessa sorte è toccata al 6,01% dell’azionariato da 320mila euro che la Provincia possiede tutt’oggi del misterioso Centro Mercantile scpa: quasi 19mila euro euro deliberati nel 1997 per entrarne a far parte, e che si è tentato di vendere, dopo aver deciso per l’uscita nel 2012, sempre a giugno del 2015,  Invano. Costruito con 25 milioni di euro, poi venduto a sette, oggi il Centro è un sito di stoccaggio merci con soci pubblici (comune di Milazzo e ex ASI con provincia e Camera di Commercio) ed un privato, il consorzio Eurolink. Si, proprio quello del ponte sullo Stretto, che è socio di maggioranza.

La Nettuno spa è nata nel 1999, con l’intenzione di costruire un porticciolo turistico tra Grotte e sant’Agata: la Provincia ci ha messo poco meno del 60% del capitale sociale da 120mila euro, il Comune il resto. Sull’area, però, c’è stata la concorrenza dei privati: anche il gruppo Franza, con il progetto Marina di Guardia (firmava Beppe Rodriquez) aveva le stesse intenzioni. Oggi, diciotto anni dopo, di porticcioli non c’è traccia e la partecipata è in liquidazione, in mano ad Alessandro Anastasi nominato per conto del Comune.

Di Feluca spa, partecipata nata per gestire la rete civica del comune di Messina e in liquidazione dopo il fallimento del partner privato (la coop Intermedia), il capitale sociale oggi è zero euro, e della società in qualche maniera la Provincia deterrebbe il 20%. Atto d’adesione nel 2001, di fuoriuscita nel 2011, richiesta di recesso nel 2015, e valore delle azioni un euro. Tutto vero, tutto a bilancio.

Per la Progeta Spa, la storia è più gustosa. Nel lontano 1995 palazzo dei Leoni scommette su una società di “Promozione e assistenza patti territoriali” (tipo la Sogepat) ed “Elaborazione di un piano di sviluppo in tutti i settori dell’economia”, e acquista il 37,50 delle quote dei duecento milioni di vecchie lire di capitale sociale. I risultati evidentemente non brillantissimi suggeriscono l’uscita dalla compagine nel 2011, senonché niente si muove fino all’ottobre 2014, data in cui viene inviata richiesta al tribunale di Patti perché sciolga la società. Niente. Passa ancora un anno, e a maggio del 2015, il presidente di Progeta, Vincenzo Princiotta, viene convocato dal tribunale, e gli viene ordinato di convocare l’assemblea dei soci per lo scioglimento d’imperio della società.

 

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