Scècchintò linzòlu, asini nel lenzuolo, così si dice dalle nostre parti di persone che fanno i finti ingenui provando a far credere di ignorare di cosa si stia parlando, o che fanno mostra di non essersi accorti di qualcosa che accade attorno a loro e di essere all’oscuro di fatti viceversa a loro ben noti.

Scècchintò linzòlu a me pare che siano tanti, troppi messinesi i quali, indottrinati da cattivi politici, continuano a tapparsi gli occhi e il cuore di fronte alle prospettive disastrose che la costruzione del ponte sullo Stretto – o anche il semplice suo avvio – produrrebbe alla città.

A enumerare gli effetti disastrosi non c’è che l’imbarazzo della scelta. È incontestabile che la sua realizzazione esigerebbe un tale movimento di terra da stravolgere del tutto il precario assetto territoriale dell’area in cui dovrebbe sorgere. Quando si osservano i plastici predisposti dai progettisti (una mania, questa dei plastici, mutuata forse da Bruno Vespa), pare che una tale struttura debba tenersi in piedi poggiando su esili basamenti; in realtà ognuno dei pilastri sui quali il Ponte dovrebbe poggiare misurerebbe ottanta, cento metri per lato; provate a immaginare di eseguire fondazioni estese un ettaro ciascuna, e la risposta del territorio…

Mi piacerebbe chiedere ai fautori del Ponte cosa ne pensano di ciò che comporterebbe, diciamo per otto o nove anni (e picca sunnu, obietterebbe a ragione qualcuno!), il solo movimento di terra e il trasporto dei materiali risultanti dai fantomatici lavori. E la stessa domanda mi vien di rivolgere a tutti i messinesi: siete disposti a vedere scorrere file interminabili di Tir carichi di macerie sulla litoranea o sulla Panoramica, mentre voi cercate di raggiungere l’ufficio o di farvi una passeggiata in centro?

Mi piacerebbe altresì che questi laudatores del Ponte spiegassero alle migliaia di famiglie che vivono nella zona di Capo Peloro per quale superiore motivo alcune di esse, cui verrà espropriato il terreno sul quale sorge la propria casa, dovranno trasferirsi altrove, e perché molte altre dovranno subire, vita natural durante, l’enorme ombra incombente sulle proprie teste causata da questa gigantesca struttura di acciaio e cemento.

Ma non solo la zona nord, direttamente interessata, sarebbe costretta a subire il rovinoso impatto dei lavori. Pensate allo sventramento di interi angoli della città a motivo dei numerosi cantieri previsti per la collocazione delle linee ferrate che dovrebbero consentire (sob) il raccordo di quelle previste sul ponte con quelle già esistenti. Per una sommaria conoscenza dello scempio di un equilibrio urbanistico già oggi alquanto compromesso tornano ancora utili e attualissime le considerazioni svolte dall’Ing. Sergio De Cola nel profetico documentario realizzato da Francesco Coglitore quasi vent’anni fa. Ne fornisco qui di seguito il link:  https://www.facebook.com/francesco.coglitore.3/videos/747501733403951

Mi sono sempre chiesto da dove possa mai derivare una tale cecità degli asini nel lenzuolo. C’è, naturalmente, la serie di false narrazioni cui accennavo poc’anzi, i martellamenti continui di quanti sostengono che con il ponte si gioca il futuro di Messina e l’avvento di un improvviso miracoloso progresso civile ed economico, ma c’è anche, da parte di tantissimi cittadini, una perniciosa abdicazione al compito che ogni cittadino dovrebbe darsi, quello di dedicare una parte del proprio tempo, della propria esistenza, a costruire insieme ad altri suoi simili una società civile degna di questo nome, come tale dotata di un accettabile sentimento del tempo, consapevole della natura, della storia, delle vocazioni del luogo in cui vive, mai disposto a barattarne le peculiari identità in nome di tentazioni mistificanti giocate su parole d’ordine come progresso, sviluppo, lavoro per tutti, “modernità”. Sono queste le magnifiche sorti e progressive che i politici nazionali e locali fautori del ponte da decenni promettono, senza aver mai mosso un dito per migliorare le condizioni economiche, sociali, antropologiche di un angolo di mondo che a loro dispetto e loro malgrado è fino a oggi rimasto un luogo meraviglioso, ancora in grado di regalare orgoglio di appartenenza a chi sia capace di coglierne la bellezza.

Molti messinesi viceversa, troppi io dico, forse delusi dal persistente sottosviluppo nel quale sono costretti a vivere, hanno preferito (o hanno finito rassegnati col) credere alle narrazioni anziché alla verità, ai miraggi anziché alle realtà effettuali.

A costoro occorre forse ricordare che i centomila posti di lavoro promessi dal ministro Salvini sono l’ennesima, beffarda riedizione del “cchiù pilu pi tutti” di Cetto Laqualunque

Volete ancora abbeverarvi a queste fandonie? Bene, vorrà dire allora che la condizione di scecchi ntòlinzòlu vi piace e vi calza a pennello!

Un ultimo pensiero rivolgo a tutti gli esperti che ci parlano quotidianamente di turismo culturale a Messina. E chiedo loro di aver la compiacenza di guardare attentamente il documentario del quale ho sopra fornito il link. E dopo averlo visto, e averne compreso il contenuto, di prendere pubblicamente posizione contro l’osceno ponte sullo stretto, i cui cantieri ridurrebbero per molti anni Messina a un invivibile non-luogo.

Se dopo averlo visto continuassero invece a far finta di niente e a blaterare sulle mirabolanti prospettive di una città in mano ad arrivisti e ad avanzi di segreteria, beh, forse è meglio che la sera vadano a dormire senza guardarsi allo specchio.

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Fred
Fred
11 Agosto 2023 14:01

Questo maleducato che si permette d dire a coloro che non condividono le sue arroganti panzane: “forse è meglio che la sera vadano a dormire senza guardarsi allo specchio” farebbe meglio a sdebitarsi in altro modo. con i suoi benefattori!