MESSINA. Nonostante ritardi, rassicurazioni, indennizzi e discutibili numeri sulle ricadute economiche, chi il ponte proprio non lo vuole, che possibilità ha di opporsi in tutte le sedi giudiziali possibili? Non troppe, ma tecnicamente è possibile. Sono le possibilità di successo quelle che, tuttavia, vanno attentamente vagliate prima di tentare un contenzioso lungo, dispendioso e dall’esito quantomeno incerto.

La Costituzione, all’articolo 24, ricorda che l’accesso alla giustizia deve essere garantito a tutti. Non si può impedire, dunque, solo perché si tratta di un’opera pubblica, che si neghi l’accesso alla giustizia e che sia un tribunale a valutare se è legittima l’attività che la pubblica amministrazione ha posto in essere per creare quell’infrastruttura. I limiti di tale esercizio dell’azione, tuttavia, saranno quelli ordinari e, in particolare, quelli tipici di un giudizio di legittimità avverso i provvedimenti che hanno scelto di “creare” quell’opera pubblica. Così come se si è esclusi da un concorso, difatti, le determinazioni della Pubblica Amministrazione non possono essere impugnate semplicemente perché non ci piacciono o non le condividiamo ma per tre, specifiche, ragioni. Perché violano la legge, perché adottate da un organo incompetente o per eccesso di potere.

A decidere sarà il Tar, il tribunale amministrativo regionale che, dunque, non avrà il potere di decidere se l’opera è proficua o dannosa per il Paese ma soltanto se il procedimento grazie al quale si è giunti all’ideazione dell’opera sia conforme alla Legge, sia stato adottato da un organo competente e non sia stata adottata con eccesso di potere. Risulterà, allora, chiaro a tutti, ad esempio, che se la Società Ponte sullo Stretto, non si dotasse del parere della Commissione VIA/VAS – quella, per intenderci che ha posto 239 richieste di integrazioni e chiarimenti sugli elaborati tecnici del progetto definitivo – saremmo innanzi ad una violazione di legge giacchè tale fonte impone l’adozione di tale parere prima dell’adozione della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.

Ma quando, concretamente, tutti questi eventuali vizi possono essere fatti valere? Immediatamente visto che il mio nome è contenuto all’interno dell’elenco e so già che il mio immobile subirà un danno o l’esproprio (qui la differenza)? Non ancora. La giurisprudenza, difatti, impone di attendere che la dichiarazione di pubblica utilità venga definitivamente adottata (cosa che avverrà con questi tempi e modalità): solo allora si potrà agire provando ad individuare uno di quei vizi utili alla dichiarazione di illegittimità del singolo segmento procedimentale che ha portato alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera sperando di ottenere giustizia. Chiaramente, sempre per fare un esempio, ove si dimostri che sia mancato un parere o vi sia un errore progettuale, la società Stretto di Messina Spa, anche dopo aver perso in giudizio, potrà porvi rimedio facendo ripartire l’iter. Non si consuma, dunque, definitivamente, anche ove si accertato un vizio, il potere di ripercorrere e correggere il procedimento. La mera approvazione del progetto preliminare di opera pubblica, difatti, non è ex sé atto autonomamente impugnabile, in quanto non è (a differenza del progetto definitivo) immediatamente lesivo della posizione giuridica privata. Solo con il progetto definitivo, difatti, come spiega il Tar Liguria nella pronuncia 5162012, “l’opera pubblica assume una stabile connotazione che consente di valutare appieno i profili di interferenza, e quindi di lesività, con le posizioni giuridiche dei confinanti o vicini o perseguiti dalle associazioni ambientali, mentre al livello di progettazione preliminare la stessa è ancora ad uno stadio iniziale, abbozzato, e, come tale, suscettibile di modifiche per radicare un interesse concreto all’impugnazione”. 

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Biagio
Biagio
28 Maggio 2024 18:54

facile vincere coi deboli…