Nel documentario “Pasolini e la forma della città”, andato in onda nel 1974 sulla RAI, lo scrittore e regista, mentre passeggia insieme a Ninetto Davoli, parla di un antico selciato sul quale camminano e della visuale che si ha da quel luogo sulle mura storiche della città di Orte, deturpati dall’estetica della speculazione edilizia: li descrive come un’umile cosa, un “niente” per cui nessuno si impegnerebbe a tutelarli.

E invece Pasolini, rivolgendosi a Davoli, quasi come in un’esortazione e un invito all’azione futura, comunica la scelta di volersi battere proprio per queste umili cose: quel “…passato anonimo…popolare” – dice – “che andrebbe difeso con lo stesso accanimento, con la stessa buona volontà, con lo stesso rigore con cui si difenda l’opera d’arte di un grande autore..”.

Queste parole risuonano oggi come un manifesto valoriale e programmatico, per quella parte della cittadinanza e dell’associazionismo che si mobilita per i beni culturali (di proprietà pubblica o privata) ai margini delle città, considerati “beni minori”. Sono palazzi, chiese, ville, aree archeologiche, ponti, mulini, siti di archeologia industriale, pozzi antichi, che hanno un alto valore simbolico e identitario, in cui ci si riconosce come comunità e ci si assume la responsabilità di tutelarli e valorizzarli.

A Messina è stato appena lanciato un appello per salvare palazzo Formento (un edificio sopravvisuto al terremoto del 1908 che si trova nella zona nord, accanto alla Chiesa di S.Maria del buon viaggio ”Chiesa del Ringo”) e nei mesi scorsi si è costituito un comitato per la rigenerazione dell’area della ex industria agrumaria Sanderson di Tremestieri. Sono queste alcune delle iniziative più recenti di partecipazione democratica per il patrimonio culturale, che lo Stato, le Regioni e gli enti locali dovrebbero promuovere e sostenere, secondo quanto previsto dal nostro ordinamento giuridico e dalle norme internazionali, in particolare quelle contenute nella convenzione FARO (la Convenzione Quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società).

Le richieste della cittadinanza e della società civile organizzata, soprattutto per quegli edifici storici in cattivo stato di conservazione, potrebbero essere accolte, nel nostro caso, dalla Regione Siciliana: quello che spesso, purtroppo, non avviene. E non solo per mancanza di fondi.

 

Villa Melania

 

Per citare alcuni esempi, l’area archeologica di Pistunina conosciuta come “Villa Melania” è abbandonata da diversi anni. La parte soggetta a vincolo archeologico è costituita da alcune particelle ricadenti all’interno di un’ampio terreno sequestrato, dove negli anni ‘90 dovevano sorgere edifici residenziali e commerciali. Qualche anno fa, dopo la notizia della vendita all’asta giudiziaria dell’intera area, la Pro Loco Messina Sud aveva lanciato un appello affinché la Regione Siciliana esercitasse il diritto di prelazione, ai sensi dell’artt. 60 – 62 D.lgs 42/2004 del Codice dei Beni Culturali. In quel luogo potrebbe sorgere un grande parco con all’interno una tra le più importanti aree archeologiche della città di Messina. Nel frattempo, i resti della villa di età imperiale romana, rischiano di essere sommersi dalla vegetazione e dai movimenti franosi del terreno, provocati dalle piogge. E ancora, a Mili San Pietro, sugli immobili fatiscenti del monastero che sorgeva attorno alla Chiesa Normanna di Mili, la Regione Siciliana dovrebbe intervenire attraverso un procedimento di espropriazione per pubblica utilità (ex art. 95 del D.lgs 42/2004 del Codice dei Beni Culturali). L’intervento della Regione consentirebbe di rafforzare la tutela e la valorizzazione di una delle più antiche chiese di fondazione normanna in Sicilia: riaperta dopo un decennio, grazie all’azione del Coordinamento associativo per la tutela della Chiesa Normanna di Mili e adesso oggetto di un intervento di restauro con fondi del PNRR, di circa 450.000 euro. Si dovrebbe intervenire, in questo caso con l’avvio di un procedimento per la dichiarazione di vincolo, anche su un altro sito di interesse culturale e in vendita all’asta: quello dove sono ancora visibili i resti delle mura storiche della Ex Sanderson e che si trova vicino la stazione di Tremestieri, di fronte all’area della ex industria agrumaria di proprietà dell’Ente di sviluppo agricolo regionale.

 

Il monastero di Mili

 

Le mura storiche della ex Sanderson

Nel maggio 2012 l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana ha inserito l’area della ex Sanderson nella Carta Regionale dei Luoghi e dell’Identità della Memoria “in relazione alla sua rilevanza nella formazione dell’identità e della memoria per la valorizzazione del Patrimonio Culturale Regionale”. E infine il Comune di Messina, con il sostegno della Regione, potrebbe attivarsi per il recupero del monastero di San Filippo il Grande, un’altra tra le più antiche fondazioni religiose normanne di Sicilia.

 

Abbazia di San Filippo il grande

Sorprende invece che la Regione Siciliana si attivi quando lo stato in cui si trovano alcuni immobili di interesse storico e culturale, non ne richiederebbe l’urgenza. Con Decreto del Dirigente Generale del Dipartimento dei Beni culturali e dell’identità siciliana n. 5761 dell’11 Dicembre 2023, l’amministrazione regionale ha approvato e reso esecutivo l’atto di compravendita del Castello di Brolo per l’ammontare complessivo di € 1.172.842,97. La volontà di acquisire il bene era stata già deliberata dalla Giunta Musumeci nel 2021, quando Assessore al ramo era il leghista Alberto Samonà. L’iniziativa della Regione è stata motivata al fine di garantirne una sua migliore valorizzazione e fruizione. Il Castello di Brolo però, attualmente fruibile al pubblico, non può di certo essere considerato tra i beni che si trovano in condizioni di emergenza e quindi rappresentare una priorità per un intervento pubblico, come invece lo sarebbero i beni che ho citato prima.

 

Il castello di Brolo

Ma nell’attesa di conoscere il progetto della Regione Siciliana “per una migliore valorizzazione e fruizione” del sito culturale brolese, sorgono alcuni interrogativi: quali criteri vengono utilizzati per giungere alla decisione di avviare procedure di acquisizione di un bene di valore artistico e culturale, piuttosto che un altro? Non sarebbe opportuno, per una più giusta valutazione dell’interesse pubblico, procedere con quegli immobili storici in condizione di emergenza, per cui si giustifica l’urgenza e la necessità dell’intervento?

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