MESSINA. Dopo un complicatissimo anno e mezzo, Messina è uscita dalla condizione di siccità: lo certificano i rilevamenti del Sias, il servizio informativo agrometeorologico della regione Siciliana: le copiose precipitazioni di quest’inverno hanno colmato il pesante deficit pluviometrico che si registrava da luglio 2023, non tanto nel territorio cittadino, quanto nelle zone nevralgiche in cui Messina prende l’acqua che poi arriva nei rubinetti. E cioè quella che alimenta gli acquedotti Fiumefreddo (quindi le pendici del versante nord dell’Etna) e Santissima (i monti tra Fiumedinisi e Monforte).
A guardare i grafici dell’istituto, infatti, spiccano ancora alcune zone che, secondo l’indice Spi (standardized precipitation index) risentono ancora della pesantissima siccità dell’ultimo anno e mezzo: nell’estrema zona nord della città, infatti, è piovuto in media molto meno di quanto non si sia registrato nella riviera ionica e tirrenica. Nonostante questo, per Messina la situazione, quando ancora ci sono davanti due mesi buoni di possibili precipitazioni, fa si che si possa guardare all’estate con un moderato ottimismo (nel senso, se l’acqua dovesse mancare non sarà perchè ce n’è penuria, ma per gli ormai proverbiali problemi dell’Amam).
Quale sia il meccanismo di accumulo dell’acqua tra suolo, falde e invasi, lo spiega lo stesso Sias: “Nel ciclo dell’acqua la componente suolo ha un’importanza fondamentale ed è essa stessa un serbatoio; essendosi questo “serbatoio” pesantemente impoverito negli ultimi 3 anni, come raramente era avvenuto in passato, una parte rilevante delle piogge cadute ha ricostituito le riserve idriche dei suoli, e solo alla loro saturazione ha iniziato a rilasciare volumi significativi verso le falde e verso il reticolo idrografico; nei bacini serviti da invasi in esercizio l’acqua è stata accumulata finora senza perdite, se si eccettuano quei pochi casi ben noti per i quali vi sono forti limitazioni di invaso. Sui piccoli bacini costieri e nelle porzioni di bacino non servite da invasi l’acqua è defluita verso il mare, intercettata in alcuni casi per il riempimento di vasche consortili o di laghetti collinari. Ricordiamo che i fiumi rilasciano acqua però anche verso i corpi idrici sotterranei, cioè verso le falde, anch’esse depauperate dopo lo sfruttamento del periodo estivo, pertanto anche l’acqua lasciata defluire nei fiumi riveste un ruolo fondamentale per l’accumulo di riserve idriche nel sottosuolo. Si potrebbe pensare che bisognerebbe evitare la dispersione di acqua dolce in mare, tuttavia questo non sempre è possibile e in molti casi non è auspicabile. Non ovunque è possibile costruire invasi, non ovunque è conveniente, inoltre sia i fiumi stessi che il mare hanno necessità di un deflusso per mantenersi funzionali ai fini della preservazione dei loro servizi ecosistemici. Certamente dobbiamo tendere a migliorare l’accumulo di riserve idriche durante i periodi piovosi, sapendo però che questa è un’operazione complessa che richiede azioni di non immediato effetto”.