MESSINA. Piombo, zinco, mercurio, rame, arsenico, metalli pesanti, diossine e idrocarburi come benzo(b)pyrene, anthracene e benzo(b)fluorantene: è quello che si trova nel sottosuolo di Maregrosso, sotto la spiaggia, tra la via Don Blasco e la linea di costa. Ventiquattromila metri quadrati di area in pieno centro a un paio di centinaia di metri di distanza in linea d’aria dal “salotto buono” della città che per decenni era stata utilizzata come deposito incontrollato di rifiuti speciali e “ordinari”, provenienti non solo da attività urbane, come le carcasse di auto che puntellavano la spiaggia, ma anche e soprattutto da attività commerciali e industriali. Ventiquattromila metri per i quali il Comune di Messina ha commissionato un’analisi approfondita per “verificare se i rifiuti depositati hanno contaminato le fasi superficiali del terreno e/o durante la fase di rimozione sono state eliminate tutte le eventuali tracce di materiale abbandonato potenzialmente contaminato e verificare se la presenza di rifiuti nell’area per tempi prolungati ha arrecato danni ambientali ai sedimenti dell’area prospiciente e verificare se dal punto di vista atmosferico vi siano rilevanze”. Il risultato? Nella perizia consegnata all’assessora all’Ambiente Dafne Musolino dalla società “Ambiente e sicurezza”. Che non lascia spazio ad ottimismi: “I rifiuti depositati hanno compromesso sia lo stato superficiale del terreno (come ha evidenziato una relazione precedente, ndr), sia nelle sezioni profonde fino a 3 metri, in cui è possibile infatti ritrovare inquinanti sia di origine organica che inorganica quali metalli pesanti”. Quanto inquinati? “I sedimenti della spiaggia analizzati, in un caso su tre, riportano esiti che indicano valori alterati da inquinanti rilevati anche nelle terre di scavo quali metalli pesanti e inquinanti organici”. Tutto questo dopo la prima bonifica disposta dal comune di Messina nell’estate del 2020, in cui era stato eliminato il “grosso”, i rifiuti superficiali. E anche lì erano sorti i primi grattacapi. “Dall’esame del contesto visitato le superfici interessate, si presentavano con presenza di cumuli di diversa volumetria senza nessun tipo di contenimento e nessuna protezione dagli agenti atmosferici, con conseguente dilavamento e trascinamento delle sostanze contaminanti. Tra le tipologie di rifiuti maggiormente riscontrate, prima della rimozione, si segnalavano tra gli altri: eternit, parti di veicoli metallici e non, carta e cartone, pneumatici usati, materiale misto proveniente dall’ attività di demolizione estremamente eterogeneo e frammisto, RAEE (I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, ndr), parti di veicolo fuori uso, legname, rifiuti ingombranti di vario genere, imballaggi, vetro da parabrezza, materiali isolanti, pezzame e materiale assorbente”. La “buona notizia” è che la ventosità dello Stretto è venuta in soccorso. “L’atmosfera, vista l’ampia ventilazione di cui gode l’aria, non risulta compromessa, e riporta quindi valori conformi”, spiega la relazione. La natura pone rimedio a quello che l’uomo ha distrutto.

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