MESSINA. Il consorzio Eurolink, capeggiato da Impregilo, “general contractor” per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, non ha diritto al risarcimento da 800 milioni chiesto dopo lo stop imposto nel 2013 dal governo di Mario Monti all’opera. Lo ha stabilito la XVI sezione civile del tribunale di Roma, con la sentenza numero 22386 pubblicata qualche giorno fa. Secondo i magistrati, il governo aveva tutti i diritti di recedere unilateralmente dal contratto stipulato, “a suo insindacabile giudizio, in qualunque tempo”, senza che questo potesse configurare inadempienza contrattuale.

Il contenuto della sentenza lo riporta Repubblica, in un articolo di due giorni fa. “Il decreto 187 prevedeva che entro il 1 marzo 2013 fosse redatto un atto aggiuntivo al contratto vigente, in cui si ridiscutevano i termini dell’accordo: progetto sospeso per 540 giorni, ricerca di nuovi finanziatori e in caso di stop definitivo, lo Stato non avrebbe pagato la maxi penale, solo le spese progettuali più il 10% – ricostruisce il quotidiano – Eurolink ritenne la norma una scusa per non fare il ponte, non firmò l’addendum, e fece causa. Con lei anche la Parsons, società di progettazione americana, per 200 milioni. In questo caso, il tribunale rimandato la questione dell’indennizzo alla corte costituzionale. Uno spiraglio cui ora si aggrappa anche Eurolink”, conclude l’articolo di Repubblica.

A gennaio si era espressa la corte di Cassazione, che aveva rimandato al tribunale ordinario la questione della penale. Dal 2014, la Stretto di Messina Spa, mandataria dell’opera, è in liquidazione: dal 1981 al momento della liquidazione, la società era costata trecento milioni di euro (non un miliardo come erroneamente si è detto di recente).

 

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