MESSINA. A distanza di quasi sei mesi dalla sua riapertura ufficiale, i particolari del restauro della “Cripta” del Duomo di Messina sono stati raccontati, il 30 novembre scorso, in un incontro nell’ambito delle “Domeniche in Cattedrale” organizzate da monsignor Roberto Romeo delegato arcivescovile per la Basilica Cattedrale di Messina. A fare da cornice, il tema “Eresse le colonne nel portico del Tempio”(Primo libro dei Re 7,21), a cura di Don Fabio Cattafi (biblista).

 

 

La narrazione degli interventi è stata affidata a Mirella Vinci, da poco ex Soprintendente, in qualità di progettista e direttore dei lavori conclusi nel giugno scorso, e alla storica dell’Arte Stefania Lanuzza, funzionaria della Soprintendenza e coautrice del progetto di intervento insieme all’ingegnere Salvatore Stopo e all’architetto Rocco Burgio.

 

 

Lo spazio sacro, per secoli indicato come “Cripta”, è nuovamente accessibile grazie a un articolato programma di recupero. Così, Mirella Vinci ha ricostruito le fasi che hanno consentito di restituire questo spazio alla collettività: «Riduttivo chiamarla Cripta, è meglio identificarla come chiesa di Santa Maria sotto il Duomo». «Come riferiscono gli storici – ha spiegato – si tratta di una chiesa delle origini antichissime, probabilmente per la sua vicinanza a templi pagani o ai primi insediamenti cristiani messinesi, ma sicuramente legata all’edificazione della cattedrale Santa Maria la Nuova nel periodo normanno, sotto Ruggero II, a metà del XII secolo, e alla consacrazione del 1197, con Enrico VI di Svevia, con la quale era collegata attraverso delle scale interne».

 

L’ex Soprintendente ha sottolineato inoltre la complessità del contesto geomorfologico: «Purtroppo il luogo è un sito geologico complesso perché sorge su una falda freatica dell’antico torrente Portalegni o delle Luscinie, che passava lungo il lato nord della chiesa fino a metà del ‘500 e che in seguito è stato deviato in corrispondenza dell’attuale via Tommaso Cannizzaro per sfociare a mare».

Al 1638, risale la concessione dell’edificio alla Congregazione degli Schiavi della Madonna della Lettera, che lo arricchì con stucchi e dipinti. In seguito, la struttura «subì parecchi danni e trasformazioni sia a causa del terremoti soprattutto del 1783, del 1908 che per i danni bellici della Seconda guerra mondiale», cui si aggiunsero i continui allagamenti: «Quelli interni fecero stratificare tre livelli di pavimentazione, mentre gli esterni apportarono diverse varianti di accesso: da via San Giacomo, da via II San Giacomo (piazza Immacolata di marmo, ndr) e anche dalle absidi centrale e laterali con l’impiego di rampe».

 

Nonostante le difficoltà, l’ambiente sotterraneo continuò a essere sfruttato «durante gli anni ‘30 del ‘900, come Cappella universitaria e dagli anni ’60 e ’70 per sporadiche occasioni come matrimoni, mostre o riunioni dei boy scout».

Serfania Lanuzza ha invece ricostruito le fasi decorative del Novecento.«Negli anni 1934-36 si procede al ripristino della decorazione della cripta: i lavori di pulitura, restauro e reintegrazione delle originarie raffigurazioni lacunose sono affidati a Guido Gregorietti, già impegnato nei restauri di pitture e mosaici della fabbrica superiore, mentre l’esecuzione ex novo dei soggetti perduti viene attribuita al messinese Giovanni Russo che interviene nei medaglioni del corpo centrale della cripta e completa la decorazione con le otto tele – da sostituire a quelle seicentesche custodite al Museo regionale “Accascina”». «La rimozione dello scialbo – ha aggiunto – ha consentito il rinvenimento di queste pitture a tempera novecentesche e di brandelli delle pitture più antiche che sono state pulite e consolidate ma non integrate». Le sopravvivenze più significative del ciclo di affreschi del XVII e XVIII secolo si concentrano nell’abside di sinistra dove sono stati restaurati un bel brano di pittura della fine del Seicento con “San Sebastiano curato da Irene” e altre scene visibili parzialmente contornate da cornici barocche in finto stucco.

Indicazioni puntuali hanno riguardato anche gli apparati plastici: «Gli stucchi sono stati puliti da depositi di sporco e incrostazioni di cemento risalenti ai lavori di impermeabilizzazione dei primi anni duemila. Molti elementi erano distaccati e a rischio di crollo e sono stati imperniati con barre di vetroresina e perni in acciaio».

Infine, la funzionaria ha concluso segnalando un rinvenimento significativo: «In fase di pulitura è emersa la qualità della cornice a luce ovale in marmo scolpito con festoni di frutta che sembra risalire alla prima metà del ‘600».

Mirella Vinci ha ricordato che «la Soprintendenza, in primo luogo quella di Catania negli anni ’80 e a seguire quella di Messina negli anni ’90 e 2000, ha messo in atto una serie di provvedimenti per contrastare l’affluenza delle acque sotterrane e per impermeabilizzare il fondo della Cripta».

L’ultimo intervento, avviato il 10 ottobre 2023 e concluso il 1° giugno 2025, è stato messo in atto operando su più fronti: quello conservativo, con la messa in sicurezza degli stucchi, degli intonaci e dei dipinti murali; di ripristino con la ricollocazione delle pavimentazioni antiche normanne in pietra e seicentesche in cotto, rimosse durante le operazioni di impermeabilizzazione; di fruizione con la realizzazione di una passerella e due servi scala per l’abbattimento delle barriere architettoniche trattandosi di una struttura ipogea e intervallata da deterrenti murari risalenti alle opere di consolidamento post terremoti; di valorizzazione degli apparati decorativi e delle pavimentazioni con l’esecuzione del nuovo impianto di illuminazione a norma. Inoltre, «sono state effettuate indagini conoscitive con georadar per acquisire nuove conoscenze».

Il restauro è stato frutto di sinergie messe in atto dalla Soprintendenza «con la Curia, Ente proprietario, il Comune, Stazione appaltante, e l’Assessorato regionale delle Infrastrutture, che ha concesso il finanziamento, anche su esortazione di Pippo Trimarchi del Comitato pro Cripta, per l’importo totale di 524.000,00 euro, di cui 224.470,51 per importo contrattuale aggiudicato alla ditta LDR di Paolo Pallotto di Macerata con il ribasso del 27,981%.».

L’ex Soprintendente ha elencato infine tutti gli altri «colleghi della Soprintendenza coinvolti: Gianluca Santoro, Patrizia Somma, Giusi Zavettieri, Michelangelo Alicata, Salvatore Ragazzi e Claudio Casamento, il responsabile unico del procedimento, Andrea Milici, e il coordinatore per la sicurezza, Nino Sidoti».

Il restauro degli apparati decorativi è stato eseguito da Paolo Pallotto della LDR con le collaboratrici Agata Trischitta e Marianna Torre; le indagini conoscitive su murature, stucchi e intonaci sono state curate dalle ditte GeoCheck di Mauro Corrao e Lapis di Antonio Lo Presti, le passerelle e i serviscala sono stati realizzati da Sigma Group e TES. Infine, gli impianti elettrici (appalto di 104.513,64, al netto 95.083,12 con un ribasso del 9,288%) sono stati curati dal p.e. Gioacchino Santamaria, la ditta Sebastiano Fazio e Vito La Ferlita della ditta Viabizzuno.
Attualmente, sono in corso la redazione bilingue di pannelli didattici esplicativi e una pubblicazione scientifica con più saggi per divulgare le conoscenze ante e post lavori.

guest

0 Commenti
meno recente
più recente più votato
Inline Feedbacks
View all comments