Già nell’antichità venivano praticati giochi con la palla, che possono essere considerati antesignani della pallavolo. Le notizie corrono, e quindi…

Giunge notizia, ma si tratta forse di una delle solite fake news, che l’amministrazione di Taormina avrebbe concordato con la Federazione Italiana di Pallavolo lo svolgimento di una partita di pallavolo all’interno del Teatro Greco. Sarà vero o no? Io, per dirla tutta, non mi meraviglio ormai di niente allorché entrano in ballo i beni culturali in Sicilia.

Detto in altre parole e per accenni, se il Governo Italiano riaccompagna al suo paese un generale torturatore di migranti utilizzando un aereo di Stato, stracatafottendosene che su questa personcina pende un mandato di arresto internazionale da parte della Corte internazionale di giustizia dell’Aia; se negli USA un neopresidente biondo crinuto firma la grazia per millecinquecento delinquenti che hanno preso d’assalto il Campidoglio, ritira il proprio Paese dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e si tira fuori dall’accordo di Parigi sul clima, se se se…. Se avvengono tutte queste cose, cosa vuoi che sia allestire un campetto di pallavolo all’interno di un teatro risalente al III secolo avanti Cristo? Bazzecole, quisquilie, pinzillacchere, direbbe il caro Principe De Curtis.

Se la notizia fosse vera (ma io continuo a dubitarne, adesso con l’intelligenza artificiale le minchiate nascono come funghi) sono quasi certo che l’Amministrazione Regionale dei Beni Culturali aderirebbe con entusiasmo alla proposta, perfettamente in linea con la politica ormai da anni avviata, consistente nel trasformare con ammirevole solerzia i nostri beni culturali in merci.

Una Delibera della Giunta regionale siciliana (la n. 108 del 10 marzo 2022), recante come titolo “Rimodulazione degli assetti organizzativi dei Dipartimenti regionali ed emanata per grottesca coincidenza proprio il giorno in cui era stata istituita anni prima la Giornata dei beni culturali siciliani in memoria della tragica scomparsa dell’archeologo Sebastiano Tusa, ha disposto la cancellazione, all’interno delle Soprintendenze, delle discipline di settore (le Unità Operative, un tempo Sezioni tecnico-scientifiche, deputate alla tutela dei Beni Archeologici, Architettonici e Urbanistici, Storico-artistici, Etno-antropologici, Bibliografici, Paesistici) riducendo le stesse a unità meramente burocratiche, private delle loro previste competenze tecniche e disarmate rispetto ai precedenti poteri di tutela contro le speculazioni di ogni tipo sempre in agguato, dalle devastazioni del territorio alla distruzione dei manufatti, alla dispersione delle collezioni etc.

Non pare anche a voi, questa, una cartina al tornasole utile a verificare lo stato comatoso in cui versa il settore del beni culturali (ma direi la politica) in Sicilia?

Un caso esemplare, peraltro, di perversa eterogenesi dei fini….. Gli organismi che dovrebbero occuparsi della protezione dei beni culturali, ossia di beni comuni da inserire in circuiti sempre più ampi di fruizione per promuovere una sempre maggiore educazione permanente, pare che giochino a distruggere le realtà virtuose che hanno consentito, in anni ormai lontani (ah, quanto ormai lontani!), che la Sicilia potesse conservare traccia e memoria delle proprie variegate e stratificate forme d’identità, materiali e immateriali.

Tale cupio dissolvi, tuttavia, non è solo da ricondurre all’attuale, amorfa classe politica al governo dell’Isola, cui va anzi riconosciuto il merito (se così può definirsi) di aver brutalmente reso esplicito (peraltro con un provvedimento illegittimo, trattandosi di una semplice Delibera che si picca di cancellare quanto previsto da due Leggi Regionali, la n. 80/77 e la n. 116/80), ciò che da tempo cova sotto la cenere nella politica dei beni culturali siciliani, ossia – come osservavo poc’anzi – la definitiva equiparazione di tali Beni a merci, buoni come tali a essere utilizzati in operazioni, appunto, mercantili, o venire al più esibiti come specchietti turistici per allodole a beneficio di fruitori annoiati e distratti.

Qui mi fermo, e osservo timidamente: a che pro tutto questo? Quale la ratio di operazioni del genere (sempre che, ripeto, i rumors siano veritieri)?

Non riesco a darmi risposte razionali se non questa: la politica ha ormai smarrito ogni capacità di coltivare una qualsiasi forma di memoria, si è convinta che il pianeta intero e i diversi angoli di mondo che lo compongono siano nient’altro che enormi spazi pubblicitari, e che involgarirli sempre più produca consenso.

D’altra parte, non lo aveva già detto Ivan Karamazov nell’immortale romanzo di Dostoevskij: “Se Dio non esiste, tutto è permesso”?

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