MESSINA. Escrementi di piccione, erba parassitaria che sta facendo saltare il marmo, una serie di fessurazioni, che coincidono con le stuccature utilizzate per ricomporla dopo il terremoto del 1908, che rischiano di compromettere il gruppo delle Naiadi e la staticità della tazza che sorreggono, e dulcis in fundo l’assenza di acqua.

E’ lo stato in cui è ridotta la fontana di Orione, un monumento di mezzo millennio fa, costruita da Giovanni Angelo Montorsoli nel 1553, e ritenuta da Bernard Berenson “la più bella del Cinquecento europeo”. Eppure langue da anni, mestamente asciutta e in attesa di qualcuno che intervenga non più solo per riportarla all’antico splendore, ma ad evitare che il tempo e l’incuria abbiano la meglio. Qualcuno che intervenga possibilmente meglio di come si fece dopo l’ultimo restauro, quando l’attivazione dei giochi d’acqua nella parte superiore è andata a penetrare tra i pezzi ricomposti (la fontana fu rimontata dopo i danni del terremoto del 1908).

La fomntana di Orione non rientrava nel piano del Comune riguardante le fontane di sua proprietà che, risalente addirittura del 2017, è stato ritirato dopo la presa di posizione della Soprintendenza, la cui presenza è obbligatoria per legge quando si deve intervenire su beni vincolati. Lo stesso ente di viale Boccetta stava all’epoca predisponendo un progetto complessivo di recupero delle fontane cittadine, ma non se ne è saputo più nulla. All’epoca, l’assessore all’Ambiente Daniele Ialacqua fu durissimo con gli uffici regionali di viale Boccetta.

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