Come funziona un tribunale in cui l’arretrato è di novecento procedimenti? Male, ovviamente. Secondo la legge, la durata ragionevole della procedura fallimentare è di sette anni (e se dura di più, è possibile ottenere il risarcimento del danno da irragionevole durata). Nella realtà, la media italiana è di nove anni tra apertura e chiusura di un fallimento. In Sicilia, la durata si alza e arriva a sfiorare i dodici anni. Poi ci sono i casi limite, in cui non bastano cinquant’anni per chiudere un fallimento. Come a Messina, in cui i creditori della ditta di costruzioni Imbesi attendono “ristoro” dal 1965. E la procedura è ancora aperta. Cinquantadue anni dopo.

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Quello del fallimento Imbesi del 1965 è solo un caso? Non esattamente. C’era fino a poco tempo fa quello della Cifrem che risale al 1969 (curatore Marco Merenda, fallimento chiuso appena un anno fa), il caso Nastasi  e quello Cannavò del 1975 e quelli Malgeri e Gogliandolo del 1977, ma anche i fallimenti Cafarelli e Cassaro del 1979 e il celebre fallimento della W. Sanderson & Sons che è stato dichiarato nel 1981 ed è ancora aperto. Ben cinque fallimenti dichiarati nel 1982 sono ancora aperti, e andando avanti non si migliora: in attesa di soddisfazione i creditori di otto fallimenti dichiarati nel 1984. Trentatre anni fa.

Non meno interessanti sono le procedure concordatarie: diciannove procedure, di cui cinque soltanto sono chiuse: la più recente è Messinambiente, partecipata del comune di Messina, la più “antica” è quella della Giano Ambiente dal nome e dai servizi molto simili, ed è del 2009. Nomi famosi? Le procedure concordatarie del Centro Commerciale Tremestieri, la concessionaria AutoJonica, e infine le aziende della famiglia Faranda: la Sibam,  che imbottiglia l’acqua Fontalba, e la Triscele, che per un breve periodo di tempo ha prodotto le birre omonime.

 

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